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Fallimento Casinò Campione, il 3 novembre l'udienza in Cassazione

16 settembre 2020 - 13:47

Fissata per il prossimo 3 novembre l'udienza in Corte di Cassazione sul fallimento del Casinò di Campione.

Scritto da Anna Maria Rengo

Si svolgerà il 3 novembre l'udienza in Corte di Cassazione, per discutere il ricorso presentato dalla Banca popolare di Sondrio contro la sentenza della Corte d'appello di Milano che aveva annullato quella emessa dal tribunale di Como e con la quale, il 27 luglio del 2018, era stato disposto il fallimento per insolvenza della società di gestione del Casinò Campione d'Italia.

Anche la curatela fallimentare ha presentato un controricorso in Cassazione contro l'annullamento della sentenza della Corte d'appello di Milano che ha annullato quella del tribunale lariano.

La fissazione dell'udienza è una buona notizia per Campione d'Italia e per il futuro del Casinò, soprattutto alla luce del fatto che, secondo il Viminale, che ha risposto con una nota all'attuazione data all'ordine del giorno del deputato della Lega Simone Billi, ogni soluzione per riaprire la Casa da gioco deve necesssariamente passare per la conclusione del procedimento fallimentare, che è appunto nelle mani della Corte di Cassazione. 

I MOTIVI DEL RICORSO IN CASSAZIONE - Il motivo principale del ricorso di Bps è la violazione delle norme, da parte della Corte d'appello di Milano, nell'affermare "la fallibilità di Casinò di Campione Spa".
Come si legge nel ricorso in Cassazione, "palese è la violazione degli artt. 1 l.fall, 2082 e 2221 Cc nella misura in cui la Corte d'appello di Milano ha statuito che Casinò di Campione Spa avrebbe esercitato la propria attività commerciale 'in forma imprenditoriale': che sia sufficiente la mera previsione statutaria di esercizio di un'attività commerciale da parte di una società per azioni per attribuirle la qualifica di imprenditore commerciale ai sensi e per gli effetti di cui all'arti 1 l.fall. 'indipendentemente dall'effettivo esercizio di una siffatta attività (...) rappresenta infatti già di per sè violazione di legge e in particolare dell'anzidetto art. 1 c. 1. l.fall nella parte in cui prevede che sono assoggettabili a fallimento 'gli imprenditori che esercitino una attività commerciale' e non già che 'si propongo di esercitare' e/o 'che abbiano come oggetto sociale' l'esercizio di un'attività commerciale".

Ma secondo la Bps, "anche a supporre che basti la qualifica di 'imprenditore commerciale' per essere assoggetati a fallimento e che (...) debba essere 'lo statuto a compiere tale identificazione' (...) la Corte d'appello è comunque incorsa in violazione di legge perché, pur dando correttamente atto dell'esistenza di 'vincoli di destinazione imposti per legge su parte pur cospicua degli introiti' del Casinò (...) ha escluso che detti vincoli valessero "ad impedire in radice la configurabilità, quanto all'attività esercitata, di un lucro oggettivo - da intendersi quale rispetto del criterio di economicità ossia della tendenziale proporzionalità di costi e ricavi in quanto questi ultimi tendono a coprire i primi' (...)".

La banca osserva inoltre che "il Casinò (...) non poteva disporre di 'parte pur cospicua degli introiti' in forza di 'vincoli di destinazioni imposti per legge'".

 

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