Tra i tanti ricordi mi è rimasto in mente il brevissimo periodo di studi universitari a Torino dove non frequentavo perché il lavoro mi impegnava discretamente e che non ho terminato. Ho invece trovato, all’epoca, il tempo di studiare alcune materie che mi sono state utili in seguito; ero iscritto alla facoltà di economia e commercio e lavoravo all’ufficio contabilità e bilancio.
Mi è stato molto utile l’apprendere dal consulente fiscale dell’azienda che mi illustrava ciò che non mi era del tutto chiaro, bene inteso nei momenti di relax nei quali potevo approfittare della sua eccellente esperienza e della facilità con la quale chiariva quanto non ero sicuro di aver ben compreso.
Alcune nozioni mi sono state utili anche in campo tecnico e organizzativo, quest’ultimo da quando sono andato in pensione nel 2001.
Mi è rimasto impresso nella mente la indispensabilità di una organizzazione del lavoro orizzontale come la sola, a mio avviso, condizione per il superamento di una situazione di immobilismo.
In un'azienda dove più che in un’altra il tempo è denaro appare evidente che perdersi in riunioni per assumere una qualche iniziativa non è concepibile; una organizzazione verticistica dove il contributo di molti prima viene discusso e poi approvato, troppo spesso con dispendio di energie e, quello che rileva maggiormente, di tempo.
Quale è il collante dell’organizzazione orizzontale? Il collegare strettamente gli interessi di chi lavora con l’obiettivo da raggiungere. Chiaramente non è ancora sufficiente, è doveroso aggiungere che il manager preposto allo scopo deve godere della fiducia dei propri superiori e dei dipendenti in base all’esperienza positiva maturata.
I casi sono due. O il responsabile unico è un profondo conoscitore del particolare settore di attività e riesce, unificando gli elementi atti a giudicare la situazione, potendo ragionevolmente decidere, a risolvere il problema; oppure il direttore giochi, nel caso sia l’unico incaricato della produzione dal suo diretto superiore e responsabile verso del consiglio di amministrazione, gode della più completa fiducia dettata dall’esperienza e dalla professionalità ampiamente dimostrata.
In altri termini sarebbe un vero disastro il caso di una situazione, che non oso neppure immaginare, nella quale un direttore generale o un amministratore unico non sono in grado di replicare negativamente alla proposta del direttore giochi in quanto non dispongono degli elementi logici a conforto del loro rifiuto.
Sia chiaro da subito, non si tratta di proporre un uomo solo al comando, ma di considerare opportunamente le scelte politiche e tecniche che insistono sulla gestione delle case da gioco, in specie, se pubblica.
Per privatizzare si può intendere, e lo condivido, quel procedimento mediante il quale un'azienda, dapprima gestita da un soggetto pubblico, viene restituita all'iniziativa imprenditoriale privata. L’obiettivo consiste nell’aumentare l’efficienza dell’apparato produttivo sostituendo alla gestione pubblica, caratterizzata spesso da altre priorità, una gestione privatistica maggiormente tesa al conseguimento del profitto.
È un concetto che ho riportato in un altro articolo, che ritengo attuale e che potrebbe rendersi utile anche in considerazione di alcune dichiarazioni e idee non pubblicamente espresse ma ascoltate.
Ebbene, come ho già scritto, sostengo che una gestione affidata a una società a capitale pubblico può ottenere, alle condizioni normalmente esistenti nel rapporto tra capitale privato e lavoro, un identico risultato. Forse migliore, in quanto teso ad un maggiore interesse economico da investire sul territorio.
Concludo riaffermando ciò in cui credo convintamente: la snellezza funzionale non può che rappresentare l’ottimo e, a mio avviso, tramite l’organizzazione in discorso.
Purtroppo devo ripetermi raccomandando, innanzi tutto la multifunzionalità che si forma con la diretta esperienza e la giusta considerazione della professionalità con il conseguente riconoscimento quale incentivo finalizzato alla produzione.
Non credo si possa non condividere il suggerito, in quanto propedeutico al miglioramento del servizio alla clientela scaturente anche dall’adeguamento dell’offerta alla domanda, quale principio gestionale in un periodo dal futuro incerto come l’attuale.