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Vincite al casinò, da speranza matematica a esperimenti su campo

31 agosto 2022 - 09:28

L'analista di gioco Mauro Natta racconta la sua personale esperienza di uno studio matematico ed empirico sulle speranze di vincite nei casinò.

Scritto da Mauro Natta

A quell’epoca, allora ero a fine carriera e prossimo alla pensione, avevo più tempo per intrattenermi a parlare anche fuori dell’orario di lavoro, con i giocatori che, tra l’altro, spesso ho trovato veramente interessanti. A volte per le loro idee, per la cultura che esprimevano, per gli argomenti più svariati dei quali si poteva discutere o, forse, perché mi piaceva.

Tra le molte persone che ho conosciuto, chi per poco o pochissimo tempo, chi per periodi più lunghi, c’era un professore di matematica e statistica che aveva abbandonato l’insegnamento in quanto la libera professione gli permetteva di continuare le sue ricerche migliorando, al tempo stesso, la sua posizione economica già buonissima in precedenza. Era consulente di importanti aziende e il lato finanziario non lo preoccupava nel modo più assoluto, da un anno sosteneva che la roulette francese, quella con un solo zero per intenderci, era battibile.

Era convinto e voleva dimostrarmi che la probabilità del banco di vincere, se la si riduceva al massimo, poteva rappresentare un incremento della speranza matematica per il giocatore. Gli ribattevo che i vecchi croupier, i più esperti, dicevano sempre che ogni colpo è un colpo nuovo, in buona sostanza un numero poteva uscire anche due o tre volte di seguito o non uscire per una intera seduta.

In tema di battere la roulette, ricordo e lo dissi anche al professore, era capitato che una metodologia di gioco fosse fondata sui difetti del cilindro, ragion per cui alcuni numeri avevano frequenze superiori alla media. La difficoltà, penso superata da chi giocava in quel modo, consisteva nel conoscere quando un cilindro veniva spostato da un tavolo all’altro o quanto veniva ritirato e sostituito per tanti motivi tra i quali la manutenzione.

Il professore non aveva, scusate se uso questo sostantivo, solo il pallino di battere la roulette, il che poteva anche interessarmi sino ad un certo punto, ma disquisiva con ampia dimostrazione di competenza di tappeti e mobili antichi, argomenti, in specie il primo, per me interessantissimi.

Ed ecco che un giorno mi disse che aveva affittato una villetta perché era sua ferma intenzione sviluppare la sua idea che voleva sperimentare in seguito e che trovava supporto nella statistica.

In definitiva, anche per farla semplice per chi non ne mastica, come chi scrive, molto, se la speranza matematica del giocatore in pieno è di 1 su 37 e quella del banco 36 su 37, questa è destinata a variare continuando sino alle altre combinazioni di giocata possibili.

Il professore fece venire, si fa per dire, in vacanza quattro suoi ex allievi che lo coadiuvavano nel suo studio professionale, con il compito preciso di riportare tutti i numeri usciti nella giornata da tre roulette che avessero un orario lungo e continuato dall’apertura alla chiusura anche con un breve interruzione.

Per un mese i suoi collaboratori riportarono fedelmente i numeri come era stato il loro incarico e, nello stesso tempo, si erano messi a giocare con un metodo che pensavo non fosse farina del loro sacco, ma importa ben poco.

Il loro gioco aveva un fondamento: utilizzare il minimo capitale possibile per ottenere il risultato di guadagnare la puntata iniziale, almeno così mi pareva. Giocavano un pezzo su due chances semplici (rosso o nero, passe o manque, pari o dispari) a seconda della posizione tenuta di fronte al tappeto e aumentavano di un pezzo la puntata perdente.

Prima che arrivasse portarono alla villa un mega computer perché il professore intendeva utilizzare il periodo delle ferie per approfondire la sua ricerca.

Credeva convintamente di poter risolvere il problema e proprio per questo aveva incaricato i suoi aiutanti solo di raccogliere i numeri usciti.

Il ristorante, che poi anche il professore frequentava era comodo in quanto poco distante e il servizio inappuntabile. Rammento che un giorno il professore, descrivendomi la tipologia del servizio, aggiunse che la cameriera era di una bellezza disarmante, di una educazione eccellente e parlava anche l’inglese ed aveva una dote invidiabile da chiunque abbia necessità di un valido collaboratore: sembrava, dal suo agire, che le eventuali preoccupazioni non se le portasse sul lavoro o così pareva dall’evidente comportamento.

Era il 18 o il 20 di agosto quando, un mattino presto, ero di riposo, incontrai il professore che mi annunciò di aver impostato il programma per vedere se diciotto numeri abbastanza vicini sul cilindro avevano una cadenza di uscita che si ripeteva nel tempo, infatti le rilevazioni di un mese su tre tavoli erano stati, per la sua ricerca, sufficienti.

Gli obiettai subito che giocando diciotto numeri era come giocare le chances semplici, in quel momento mi venne in mente il gioco dei suoi aiutanti.

Mi diede ragione ma allo stesso tempo mi chiese di aspettare la fine della sua ricerca che consisteva nel non giocare tutti i colpi come, invece, facevano i quattro con le chances semplici. In sostanza il vantaggio del banco abbinato alla giocata col verificarsi di certe combinazioni poteva, a suo dire, essere neutralizzato. Un ulteriore e certo beneficio era dovuto alla puntata per così dire condizionata e non continuativa.

Il professore era sempre più occupato e preso dai suoi calcoli probabilistici. Sarà colpa o merito del posto incantevole dove si trovavano a passare le ferie, sarà l’atmosfera del night che ogni tanto alla notte frequentavano, sarà il destino e sta di fatto che i quattro vivevano tranquilli.

C’è ancora una figura descritta come la rappresentazione di una bellezza travolgente, era proprio così sia per il professore che a mio giudizio. Erika era più che bella, una bellezza acqua e sapone sempre sorridente e pronta nel servire al bar e al ristorante.

Personalmente non potevo che condividere le motivazioni di coloro che erano attratti da tanta bellezza che si accompagnava ad un carattere indubbiamente raro.

Era appena passato il ferragosto, la temperatura gradevole dopo un temporale si prestava a fare quattro chiacchiere e, incontrando il professore che passeggiava godendosi il momento di tregua dopo il caldo di qualche giorno precedente, mi sono sentito pronto ad ascoltare i primi risultati della ricerca.

I numeri coinvolti nello studio del professore sulla scorta delle rilevazioni effettuate sono: 7, 8, 9, 10, 11, 12; 19, 20, 21, 22, 23, 24 e 28, 29, 30, 31, 32, 33. Questi consentono di essere giocati con tre sestine: 7 - 12, 19 - 24 e 28 -33.

Ora la particolarità di come poter affrontare lo scontro con la macchina infernale della roulette francese. La mia prima interruzione alla spiegazione - d’altra parte ero stato invitato ad intervenire in ogni momento – volli ripetere che il giocare diciotto numeri era come puntare sulle chances semplici. La risposta non si fece attendere: è vero in quel caso il vantaggio del banco è rappresentato dalla zero e, considerando l’eventualità della divisione o della puntata che rimane per il colpo seguente, la speranza matematica del banco rimane poco sopra l’unità. Più o meno come nel trente et quarante puntando con l’assicurazione nel caso del 31 sia per il rosso che per il nero.

Il professore, dopo che avevo mostrato di aver compreso, proseguì indicando il modo, se vogliamo il comportamento condizionato dal non vedere uscire per un numero consecutivo di ben 6 volte dei numeri citati.

Il mio secondo intervento tendeva ad evidenziare due questioni: la prima che più che un divertimento mi pareva un lavoro, la seconda che la combinazione richiesta per puntare avrebbe potuto non verificarsi per molto tempo.

Anche questa volta la replica fu immediata: certamente la combinazione è rara, sicuramente trattasi almeno in parte di un lavoro ma se non si punta non si perde e ciò è sicuro. In ogni caso procedendo nell’esposizione mi garantì la novità in tema di vantaggio del banco fondato sulla eventualità di una vincita proporzionata di più a beneficio del giocatore.

Ecco la diversità operativa del ricorso alla probabilità. Puntare tre sestine era lo svolgimento del gioco, quella vincente, pagando 5 volte la posta dava la possibilità di effettuare la stessa puntata ma per il doppio.

Chiaramente risposi non fa una grinza, punto 3 pezzi ne ricevo 5 per il vincente e, trovandomi in possesso di 6 pezzi posso permettermi identica giocata per il doppio, vincerne 10 in caso di ripetizione di una delle tre. Tre erano i pezzi iniziali, 12 ne ritrovo dopo la ripetizione (10 delle vincita e 2 della puntata), in effetti ne avrei vinti 9. Siamo sempre, mi sembrava, nel campo teorico.

Non ho mai potuto appurare se la metodologia di gioco del professore sia stata applicata, al contrario sono a conoscenza che quella basata sui difetti del cilindro sia stata utilizzata in alcune case da gioco con successo.

Porsi la domanda per conoscere i motivi della presente narrazione appare più che logico. Nessuna risposta in quanto non ne conosco, malgrado l’averci pensato, il perché.

Molto probabilmente certi ricordi sono tornati alla mente causati dall’aver avuto occasione di vedere una bellezza femminile al pari di quella narrata e in tutto e per tutto, come già definita, acqua e sapone. Una qualità ancor più rara oggi. La memoria di un passato alquanto lontano mi ha fatto tornare alla mente ciò che ho raccontato e, sicuramente senza inoltrarmi oltre, ho gradito l’appellativo di birichino forse dovuto più all’età che ad altro.

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