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Direzioni casinò, le cinque W per l'industria italiana del gioco

26 febbraio 2016 - 10:20

Si accende il dibattito e prosegue l'analisi di Gioconews.it sulle strategie e i modelli da seguire per una efficiente gestione dei casinò tricolori.

Scritto da Redazione

Ha suscitato grande interesse da parte degli addetti ai lavori l'analisi di Gioconews.it sulle figure dirigenziali apicali (direttore generale e direttore giochi) nei casinò italiani, sulla loro funzione, utilità, e sulle possibilità che realmente si hanno di andare a ricoprire questi ruoli. A tale proposito, ospitiamo oggi il contributo di Claudio Bonamano, già quadro aziendale del Casinò di Venezia e segretario nazionale dello Snalc, oltre che esperto di gaming.


L’interessante articolo sui ruoli del direttore generale e del direttore giochi presenti nella case da gioco italiane è lo spunto per entrare meglio nel merito della regola delle 5 W (when , why, what, where, who, cui aggiungere la sesta di how) presenti nei casinò italiani.
Piani industriali, piani di rilancio, piani di sviluppo, master plan, contratti ponte, contratti di solidarietà, prepensionamenti, tagli alle spese, spending review, spoil system, riorganizzazioni aziendali, bilanci di previsione, accordi con i lavoratori e molto altro ancora sono il leitmotiv che ha accompagnato tutte le gestioni delle case da gioco dell’ultimo ventennio.

MANAGER E MODELLI GESTIONALI - Nel tentativo di standardizzare la gestione di un casinò i manager di turno, tutti provenienti da altri settori, hanno sperimentato qualsiasi modello gestionale esistente sul mercato cercando di adattarlo a quello di una casa da gioco. È pur vero che un settore del gioco e precisamente quello delle slot machines si presta più ad azioni omologate per il mass market, ma è altrettanto vero che la particolarità dei tavoli verdi, presenti esclusivamente nelle quattro case da gioco italiane, prevedono dinamiche completamente diverse e per le quali necessitano approfondimenti particolari derivanti prevalentemente dal personale che ha vissuto e vive la 'sala' e che non è facile ritrovare in molti altri modelli da adattare.
Nessuno di questi manager ha mai voluto accettare l’idea, ripetuta fino all’esasperazione dai responsabili e tecnici di gioco con esperienze ultra decennali, che un casinò non risponde agli schemi classici di gestione, che il casinò è un’azienda atipica e, malgrado molti tra questi manager 'prestati' alle case da gioco, anche di un certo prestigio, abbiano perso la faccia proprio in questo intento e che, ancora nessuno, sembra arrendersi all’evidenza dei fatti.
Come diceva un vecchio croupier: “in un casinò conta più la pratica che la grammatica”.
Un frase apparentemente superficiale, ma cosa nasconde dietro? Vediamo se si riesce a far comprendere meglio il senso.
Le dinamiche si possono individuare, a grandi linee, sui piani industriali e strategici che vengono predisposti molto spesso autonomamente da parte della dirigenza; dirigenza che, come è già evidenziato, quasi mai è formata nella gestione del gioco d’azzardo. Queste proposte poi vengono presentate per approvazione al sindacato (talune volte è anche il contrario, dove il sindacato è il sostituto dell’azienda), il quale è a sua volta rappresentato da dei segretari territoriali che, generalmente, non appartengono alla categoria, oltre a delle segreterie aziendali che, in linea di massima, sono composte da impiegati tecnici di gioco, qualche capotavolo e/o attendenti slot e dove il personale amministrativo non è rappresentato o fa molta fatica ad esserlo.
Di fatto la fascia medio alta, composta da personale qualificato con ruolo ispettivo di gioco e dai quadri aziendali di gioco o assistenti di direzione, vale a dire il personale con maggior esperienza e specializzazione, si trova completamente esclusa da tutti processi di trasformazione, dalla pianificazione di progetti generici e, ciò che maggiormente rileva, dagli accordi inerenti all’organizzazione del lavoro che risulta essere il vero punto di partenza per una più proficua redditività dell’azienda.
A causa di questo processo certamente non razionale, nel corso degli anni si sono accumulati tanti piccoli e grandi errori, tecnici e non, che da una parte hanno portato le aziende ad impostare strategie ed investimenti che non avrebbero mai potuto garantire un ritorno economico (quale piano industriale ha funzionato davvero?), dall’altra hanno concesso ai lavoratori, modificando la normativa contrattuale, la possibilità di assicurarsi, con motivazioni spesso fantasiose , tutta una serie di condizioni di maggior vantaggio (dagli orari tabellati a quelli effettivi, dai turni di favore, alla cadenza dei riposi, delle turnazioni ai vari incarichi per l’espletamento delle mansioni superiori, solo per citarne alcuni) che hanno finito per ingessare l’azienda, riducendo sempre più l’autonomia gestionale dei responsabili di settore e togliendo, di fatto, quella flessibilità tipica in una attività peculiare come una casa da gioco.
Considerando che gli attori, da una parte e dall’altra, agiscono e interagiscono secondo  schemi prettamente politici, il tutto diventa ancora più complicato.
In questi ultimi mesi, Saint Vincent, Venezia e Sanremo stanno tentando di uscire da questa spirale irreversibile, cercando di riportare  le redini della gestione nelle mani di tecnici di gioco.
Funzionerà? Solo il tempo ce lo potrà dire.
LE CRITICITA' - Di certo nel percorso scelto dai tre casinò emergono almeno due criticità. Per quanto riguarda la prima, alcuni esperti nazionali di gioco sostengono che nella scelta delle professionalità da utilizzare, considerata la specificità dei casinò tradizionali, sia stata fatta o si stia facendo una confusione di 'genere', un po’ come scegliere una rock star internazionale per cantare 'Il barbiere di Siviglia' o pretendere che un atleta ultrasettantenne registri un tempo competitivo sui 'cento metri'. Per quanto riguarda la seconda, affidare a un tecnico di gioco la posizione di direttore generale, piuttosto che quella di direttore giochi, potrebbe sollevare una questione molto spinosa. Se infatti le due posizioni (giochi e generale) dovessero essere riassunte in un’unica figura si perderebbe il livello di controllo più alto, come dire che il controllore coinciderebbe con il controllato, o meglio, quando un direttore giochi prende una 'strada sbagliata' interviene il direttore generale (che ha il compito di tutelare la proprietà dall’alto della sua specifica professionalità) ma, se le due figure dovessero coincidere, chi dovrebbe intervenire nell’interesse della proprietà? Un consiglio si amministrazione che non opera quotidianamente in azienda? Un sindaco che forse ha qualche problema maggiore da risolvere nella sua città? Oppure, per casi delicati e particolari, ci si deve attendere indagini in capo ai vari magistrati di turno o assistere all’arrivo dei berretti verdi?
Chi lavora nel settore da più tempo, o chi magari ha vissuto i 'fantastici anni Ottanta' (sui monti), ma anche i 'Novanta' non sono stati male (al mare), non ha certo dimenticato quali e quante insidie si possono nascondere nelle pieghe della gestione di una casa da gioco dove tutto sembra un gioco, ma le difficoltà sono sempre dietro l’angolo.

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