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Mance ed entrate, tre protagonisti nei casinò italiani

10 febbraio 2025 - 09:03

L'analista di gaming Mauro Natta esamina il trattamento delle mance e delle entrate, alla luce dei tre soggetti coinvolti nei casinò italiani.

Scritto da Mauro Natta
Foto di Ibrahim Boran (Unsplash)

Foto di Ibrahim Boran (Unsplash)

Quante sono le parti in causa in una azienda? In una casa da gioco italiana sono tre! Concedente, concessionario e dipendenti tecnici di gioco nella presente problematica.

Inizio dalla terza. L’art. 3 del Dl n. 314/97 ridefinisce il reddito di lavoro dipendente: il reddito di lavoro dipendente è costituito (...) anche il relazione al rapporto di lavoro. 

L’art. 3 del Dl n.314/97, alla lett. i): non costituiscono reddito le mance percepite dagli impiegati tecnici delle case da gioco (croupier) direttamente o per effetto del riparto di appositi organismi costituiti all’interno dell’impresa  nella misura del 25 percento...  

La sentenza n. 1776 del 18 maggio 1976 della Sezione Lavoro della Suprema Corte di Cassazione, a proposito della mancia al croupier, recita: “Il sistema mancia è retto da un uso normativo - si ricava dall’indirizzo consolidato della giurisprudenza dal 1954 – tanto consolidato quanto idoneo ad assumere un ruolo di fonte secondaria del regime giuridico proprio del particolare rapporto che obbliga il giocatore vincente ad elargire una parte della vincita al croupier e questi a ripartirla con gli altri addetti e il gestore …”
Il primo beneficiario della mancia è, indiscutibilmente, il croupier. Il gestore non ha titolo originario a parte della vincita (cioè la mancia); d’altro canto sarebbe paradossale che partecipi alla vincita chi, perdendo, la deve finanziare: il gestore. Il fatto che quest’ultimo soggetto partecipi ad una parte delle mance, fondato su un patto o un accordo di devoluzione con il quale i lavoratori consentono al datore di lavoro di sottrarre parte di quanto elargito da terzi (Cassazione, 9 marzo 1954, n. 672),  non pare giustificare un diritto originario del gestore ma, piuttosto, una forma di prelievo forzoso (stante la natura giuridica delle entrate) anche se non è stato regolato il presupposto, la base imponibile, ecc...”.

Mi fermo, temporaneamente, in quanto le argomentazioni sono ben più ampie, ricordando che non esiste un contratto che prevede una percentuale in merito alla devoluzione, prova ne sia che è previsto un occordo col datore di lavoro al di fuori del contratto, ad esempio a Venezia, relativamente al locale casinò.
La natura giuridica delle entrate derivanti all’ente pubblico dalla casa da gioco è pubblicistica e/o tributaria; si ricava pacificamente sia dal dettato della L. n. 488/86, ex Dl n.318/86, sia dalla collocazione nel bilancio degli enti pubblici sul territorio dei quali insiste una casa da gioco.
Una certezza: le entrate tributarie a favore della proprietà e, logicamente, dell’ente pubblico concedente sono più sostanzione se la gestione deve sopportare minori costi. Come si potrebbe realizzare un simile risultato?

Considerando le mance in discorso come la vincita al gioco relizzata nei casinò: infatti, la Legge europea 2015 all’art.7 (Disposizioni in materia di tassazione delle vincite da gioco. Esecuzione della sentenza della Corte di giustizia dell’unione europea 22 ottobre 2014) prevede e stabilisce che le vincite al gioco corrisposte da case da gioco autorizzate in Italia o negli Stati membri dell’Unione europea o nello Spazio economico europeo non concorrono a formare il reddito per l’intero ammontare percepito nel periodo di imposta. 

La precedente normativa italiana prevedeva, al comma 1 dell’art.69 del Tuir (Dpr 22 dicembre 1986, n.917) che le vincite in discorso costituivano reddito ed erano considerati quali redditi diversi (art.67, comma 1, lettera d).
Si può ritenere possibile affermare che non pare logico trattare in modo differente la parte principale della vincita ottenuta dal giocatore e quella minore della quale beneficia il croupier.
Il risultato si ottiene con il fatto che la contribuzione pensionistica a carico del concessionario non è più dovuta, il costo del personale diminuisce e l’utile di bilancio aumenta. Il dipendente provvederà ad una pensione integrativa. 

Concedente e concessionario hanno una finalità identica in quanto il primo tende a una entrata tributaria per fare fronte alle necessità del territorio (Regione o Comune) il secondo ha impiegato il capitale per ricavarne un utile. Entrambi concorrono, con modalità differenti, ad una identica conclusione consistente nel loro dovere di ottenere il meglio dal loro impegno, comunque, indirizzato in una unica direzione: contonuare la collaborazione il più a lungo possibile e sempre mirata alla soddisfazione di tutte le parti in causa.
Ora si provi ad immaginare che i giochi abbinati alle mance, che come è ampiamente risaputo non sono proporzionalmente sempre  uguali, abbiano un calo qualitativo e, conseguentemente, una diminuzione; gli impiegati di gioco chiedono un aumento di retribuzione, i costi si incrementano, l’utile si riduce e una identica direzione la prendono le entrate tributarie. 

Non è difficile ipotizzare una situazione quale quella descritta, lo si è visto con l’introduzione dei giochi cosiddetti americani, la preferenza delle slot e la concorrenza del gioco online possono peggiorare la situazione attuale. 
Ora, credendo di essermi limitato all’esenziale, non riesco ad immaginare altra via per risolvere una situazione che potrebbe venire a formarsi a breve. Chiudo questo mio breve intervento con qualcosa che non è farina del mio sacco ma di un grande esperto in materia fiscale. Tengo a precisare che non è stato il solo esperto a condividerla. 

La mancia costituisce una forma di esecuzione di una obbligazione naturale e il contratto di lavoro rappresenta esclusivamente il relativo regolamento di riparto. Rifacendosi all’uso normativo richiamato e tenuto conto che la mancia è una parte della vincita, pare logico sostenere che l’uso normativo che regola la materia prevede per ogni singola vincita il riparto in due parti: quella maggiore per il giocatore, quella minore per il croupier. An e quantum della mancia restano incerti: l’attribuzione patrimoniale può difettare o mancare senza che ciò costituisca titolo di pretese da parte dell’impiegato. Ma se la mancia è data, nell’importo in cui è data, può essere legittimamente ritenuta dal croupier, costituendo, a quest’effetto, l’oggetto di una attribuzione patrimoniale incontestabile.

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