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Mance nei casinò, le variabili tassazione e contribuzione

03 marzo 2025 - 11:52

L'analista di gaming Mauro Natta torna sul tema della tassazione delle mance, anche sotto il profilo della parte assoggettata a contribuzione pensionistica.

Scritto da Mauro Natta
Foto di Towfiqu barbhuiya su Unsplash

Foto di Towfiqu barbhuiya su Unsplash

L’ultima volta che ho scritto di questo argomento mi ha ridestato l’interesse a completare, sempre cercando di essere breve per quanto possibile, la precedente narrazione che, forse, non tutti rammentano.

Prima dell’entrata in vigore della L. n. 381/90 le mance nei casinò erano tassabili solo ed esclusivamente per la parte assoggettata a contribuzione pensionistica. Il trattamento previdenziale delle mance discendeva dall’accordo tra le parti per cui le mance erano tassate e comprese nella dichiarazione dei redditi in aggiunta alla retribuzione nella misura in cui queste erano assoggettate a contribuzione pensionistica. Tale misura è stata fatta propria dal ministro del lavoro nella determinazione presa al riguardo con decreto 14 aprile 1973, emesso ai sensi del 2° comma dell’art.4 del Dpr n. 1420 del 1971 emanato ai sensi della riforma pensionistica, L. 30 aprile 1969, n. 35, lett. e).

Non era logico e tollerabile, nell’ambito di uno stesso ordinamento giuridico, che una attribuzione patrimoniale fosse qualificata come compenso a un effetto (quello fiscale) e non a un altro effetto (quello lavoristico e previdenziale), proprio in un combinato normativo in cui quella qualificazione presuppone necessariamente quest’altra.
Non si può negare che con il disposto del richiamato decreto 314/97 si è raggiunto una forma simile a quella che aveva confortato la introduzione del cosiddetto stipendio convenzionale di cui al  2° comma dell’art.4 del Dpr n. 1420 del 1971 emanato ai sensi della riforma pensionistica, L. 30 aprile 1969, n.35, lett. e).

A seguito dell’approvazione del decreto legislativo n. 314/97, in tema di armonizzazione tra importo imponibile ai fini Irpef e quello ai fini contributivi, le mance hanno registrato una ulteriore e giusta, proprio in funzione del loro trattamento fiscale, sistemazione che è stata la normale evoluzione di un concetto da sempre sostenuto dai dipendenti tecnici delle case da gioco autorizzate.
È agevolmente comprensibile sostenere che il disposto dell’art. 3, lettera i, del decreto n. 314 del 1997 ha prodotto l’incremento del costo del personale, quindi sostenere il decremento delle entrate tributarie a favore dell’ente pubblico proprietario concedente è, allo stesso modo, consequenziale.
Corrisponde al vero che il datore di lavoro offre al lavoratore l’organizzazione e l’occasione per ricevere le mance ma pare, anche e non poco, atto a penalizzare, lo ripeto, il citato beneficiario.

A norma del  testo unico vigente in precedenza, prima dell’approvazione del decreto n. 314/97, la definizione di reddito, definita dagli artt.46 e 48,  si basava sul concetto giuridico del rapporto di lavoro. È il caso di notare che le norme, coerentemente al rapporto giuridico di lavoro, si basano sulla nozione civilistica di compenso in cui è difficile comprendere i punti mancia (Suprema Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenze nn. 1775 e 1776 del 18 maggio 1975). 
Con l’occasione si rammenta  a ulteriore conforto di quanto precede che non esiste alcun servizio che può generare la mancia nè tanto meno compenso; se esistesse sarebbe illecito e, quindi, penalmente perseguibile.

Non si potrebbe disconoscere che l’intassabilità delle mance è la logica e sostenibile soluzione per ridurre drasticamente il costo del lavoro del personale tecnico. Non si può non osservare che i punti mancia si differenziano dalla retribuzione ordinaria per il fatto che sono sterilizzati per quanto al trattamento di fine rapporto e lo sarebbero anche relativamente alla pensione, ma da integrare a cura del dipendente.

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