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Dipendenza da gioco, Soligo: 'Il capitale di recupero per restare fuori dal tunnel'

17 novembre 2022 - 17:37

La sociologa Marta Soligo presenta a Bergamo una ricerca condotta in Nevada su ex giocatori patologici e che mostra l'importanza dei tre tipi di capitale di recupero.

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Guarire dalla dipendenza da gioco d'azzardo si può. E un ruolo importante, in questo cammino di uscita dal tunnel, lo svolge il capitale di recupero, anche dopo aver terminato il percorso clinico vero e proprio. Questo quanto evidenziato dalla ricerca condotta dalla sociologaa del turismo e del tempo libero Marta Soligo, svolta dal centro International Gaming Institute presso la University of Nevada, Las Vegas. Il progetto, supportato dal Nevada Problem Gambling Project (Usa), il più grande fondo finanziato dal Nevada Department of Health and Human Services legato al gioco d’azzardo patologico, è stato presentato dalla sociologa oggi 17 novembre, nella tavola rotonda dal titolo, appunto, "Recovery capital" in programma presso lo Spazio Polaresco di via del Polaresco, a Bergamo, e che è organizzata tra gli altri da Ats Bergamo, Comune di Bergamo, Ambito territoriale di Bergamo, Unlv international gaming institute e la cooperativa sociale Il Piccolo principe.

“In un anno di ricerca intensiva – spiega Soligo  - abbiamo condotto 40 interviste in profondità a persone che avevano dichiarato di essere guarite dalla dipendenza da gioco, da almeno un anno e dopo aver seguito un trattamento in clinica, proseguendo poi, alcuni, a frequentare i Giocatori anonimi. Questa ricerca qualitativa ci ha mostrato quanto siano importanti, per uscire dalla dipendenza da gioco, tutti e tre i tipi di capitale di recupero”, ossia il concetto introdotto da Robert Granfield e William Cloud nel 1999 per descrivere quelle risorse personali, sociali e istituzionali che le persone usano per riprendersi dalla dipendenza da droghe e alcol e che si applica anche al gioco.

Innanzitutto il capitale di recupero personale, “quelle caratteristiche della persona, a livello finanziario, educativo, occupazionale, che consentono di contare su se stessi per superare la dipendenza da gioco. Ecco dunque che emerge l'idea di responsabilità: quando si smette di giocare si deve trovare la forza di essere responsabili e di gestire il rapporto con i casinò, fortemente presenti soprattutto a Las Vegas. Ci sono persone che mi hanno raccontato che, pur di non vedere il casinò, andavano al cinema entrando dalla porta di dietro. Poi, il problema è capire quali sono le cause che portano a giocare, tipo la depressione e la noia, e che cosa fare, usciti dalla dipendenza, quando torna la voglia di giocare. Molti cercano occasioni per distrarsi, per pensare ad altro, anche attraverso la religione oppure la spiritualità, e si rendono conto che giocare per vincere soldi è una sorta di utopia. Piuttosto, è uno spreco di soldi che possono essere dedicati alla famiglia e ai figli, per esempio”.

Il capitale di recupero sociale “si lega invece alla connessioni intime, come la famiglia e gli amici. La famiglia è molto importante ed è un gruppo di supporto: la fidanzata alla quale devi dire sempre dove sei, così sta certa che non stai giocando, o il fratello che ti supporta psicologicamente, come pure gli amici, che non ti giudicano e che puoi invitare a prendere un caffè quando hai voglia di giocare. Tuttavia, famigliari e amici possono non avere sperimentato la dipendenza da gioco e dunque un ruolo molto importante di supporto lo svolgono anche i Giocatori anonimi. Ancora, un ruolo fondamentale è giocato dal tempo libero: quando smetti di giocare ne hai tantissimo e dunque la chiave è usarlo per stare con gli amici, la famiglia, viaggiare, o magari dipingere la casa”.

Infine, il capitale di recupero comunitario, “vale a dire le istituzioni che circondano l'individuo, dalle cliniche ai Giocatori anonimi. La comprensione dal punto di vista scientifico è fondamentale: quando si entra in una clinica ti fanno vedere un video su come funziona il cervello quando si è dipendenti da qualcosa. È importante capire che è come essere malati, e questo non significa affatto essere una brutta persona che deve essere stigmatizzata. Nelle cliniche c'è la creazione di aree senza sensi di colpa, con personale comprensivo. Una funzione importante è anche svolta dai recovery champions, utilizzati dagli esperti: sono persone che hanno avuto un percorso di recupero di successo e che ispirano i giocatori con il loro carisma e le loro storie positive. Ricordo una donna premiata dai Giocatori anonimi perchè per 29 anni di fila non aveva più giocato, ma che continuava lo stesso a frequentare questi meeting settimanali.  Nel corso delle interviste è tuttavia emerso come alcuni ex giocatori chiedono maggiori attività ricreative all'esterno da parte dei Giocatori anonimi, più occasioni di incontro soprattutto nel fine settimana, e un approccio diverso degli incontri, perché 'stare a sentir parlare persone depresse', mi è stato raccontato, 'deprime pure me e mi fa venire voglia di giocare'”.

Un capitale di recupero messo a dura prova dal Covid-19: “Alcuni ex giocatori hanno definito 'meraviglioso'  il momento in cui i casinò erano chiusi, e non tanti si sono messi a giocare online, ma poi quando hanno riaperto 'è stato un disastro'. Contemporaneamente, durante la pandemia gli incontri dei Giocatori anonimi si sono svolti solo online, e non era la stessa cosa”.

Quali sono dunque le linee guida che si possono tracciare, grazie agli esiti di questa ricerca?

“Per gli addetti ai lavori è capire che i tre tipi di capitale di recupero sono connessi, che si deve rivedere l'organizzazione dei Giocatori anonimi e ripensare al ruolo di crisi impreviste come il Covid. Anche in materia di dipendenza da gioco, c'è bisogno di ricerca sociologica e qualitativa e non solo di questionari a crocette e di numeri. In Nevada ci sono tanti casinò e occasioni di gioco, ma ritengo anche sia necessaria una riflessione anche sull'Italia, dove le slot si trovano nei bar, il cuore della vita sociale”.

E invece, che cosa suggerirebbe a un giocatore dipendente?

“La costanza nell'andare ai meeting dei Giocatori anonimi, di chiedere subito aiuto e di rendersi conto che non è l'unico ad avere questo problema e che non sarà stigmatizzato. Ancora, che è sbagliato dire in maniera troppo frettolosa 'sono guarito'”.

C'è un identikit del giocatore intervistato?

“Sono rimasta sorpresa dalla varietà di personalità e classe sociale trovata. Tuttavia, la caratteristica prevalente era la scarsità di connessioni sociali personali, in tanti erano stati rifiutati dalla loro famiglia e dagli amici ma stavano recuperando queste relazioni. Nessuno mi ha detto 'sono completamente isolato' e ho notato che a un aumento del capitale di recupero corrisponde una diminuzione del problema. In una prossima ricerca, esamineremo i capitale di recupero negativo, quindi che cosa ha portato altri giocatori a non riuscire a superare la loro dipendenza”.

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