Mi hanno domandato quale potrà essere il futuro gestionale della casa da gioco di Saint Vincent. Sicuramente non è una risposta facile in quanto molti fattori non li conosco affatto, altri che ho a disposizione non sono sufficienti per nessuno che si appresti a fare delle previsioni. Ho ascoltato un anziano che, relativamente al tempo meteorologico prevedibile ha detto: se la montagna ha il cappello o che piove o che fa bello.
Dopo aver pensato il da farsi mi è venuto il desiderio di raccontare una favola, eccola!
Una persona, non troppo giovane, ma, come spesso si dice, con la testa sul collo, riceve in eredità un palazzo di qualche tempo fa e una discreta somma di denaro a disposizione su un conto corrente.
Il problema importante, e più difficile da risolvere allo stesso tempo per uno che non aveva mai disposto di beni o contanti in quantità rilevante, era rappresentato da come poter impiegare con profitto l’eredità che era arrivata improvvisamente in una quantità incredibile. Effettivamente aveva, nel limite del possibile, aiutato il suo benefattore ma non pensava che l’epilogo potesse essere di quella portata.
Non era neppure tanto preparato ad affrontare un problema troppo grande per lui e, fortunatamente, negli ultimi tempi era stato occupato in lavori di ripolitura in uno studio di architettura; dopo aver pensato abbastanza al problema che gli si presentava decise di chiedere all’architetto titolare dello studio in cosa potesse consistere la soluzione per impiegare immobile e denaro, magari non tutto.
Il palazzo era su tre piani e se ne poteva ricavare un albergo con 7 camere, cucina, salone ristorante e servizi oppure un b&b di 12 camere, certamente con un impiego di capitale differente a seconda della scelta e con una probabile resa poco distante l’una dall’altra in considerazione delle spese iniziali, di quelle per la produzione del reddito e degli oneri fiscali.
La riserva di capitale necessario per qualunque proposta era più che sufficiente, la quota restante era di conseguenza diversa e l’impegno da mettere nell’attività era da valutare molto attentamente a detta dell’architetto.
Chiaramente il dilemma della scelta non poteva, anche perché non se la sentiva data la limitata conoscenza del proponente, essere risolto dal progettista delle due soluzioni; un solo aiuto lo aveva dato e non di più. Era altrettanto chiaro che al proprietario dell’immobile e detentore del capitale spettava un compito gravoso, difficile e complicato.
Infatti si ritrova a dover effettuare scelte basate essenzialmente su due soluzioni che gli venivano prospettate ma che, in qualche modo, il risultato ricadeva su di lui.
In buona sostanza si era ritrovato a giudicare quello che avrebbe potuto essere il futuro a causa della scelta che, tra l’altro, comportava un differente risvolto economico. Su quali basi poteva risolvere il problema senza una adeguata preparazione e non solo scolastica?
Rivolgersi a qualche esperto in materia ma questi, onestamente, non avrebbe potuto presentargli altre soluzioni se non quelle che gli erano già state prospettate, forse non maggiori dettagli di natura finanziaria ma senza potersi né doversi assumere alcuna responsabilità.
A questo punto vi domanderete com'è la fine del racconto, eccovela: colui che aveva ricevuto in eredità immobile e denaro, tramite lo studio di architettura, riuscì a vendere il palazzo a una società che, forse, lo avrebbe ristrutturato in un albergo, impegnò il ricavato in obbligazioni tranquille e lo stesso fece con una parte di quanto ereditato. Con una parte dei contanti acquistò una piccola vettura poiché aveva la partente B.
In ultima analisi aveva eliminato le preoccupazioni in ordine all’andamento dell’albergo o del b&b, l’impegno che gli poteva derivare dal personale dipendente numeroso o meno che fosse a seconda dell’attività intrapresa, in altre parole la sua decisione non la so esprimere diversamente, in piemontese sperando che sia correttamente scritto: “I auti ca s’arrangiu”. Traduco anche e soprattutto per me: “Gli altri che si aggiustino”.
Prima di chiudere definitivamente, a propositi delle previsioni del tempo, ricordo che spesso a mio nonno, col fatto che aveva sempre navigato ma non conosco se è il vero motivo, chiedevano: che tempo farà domani, la risposta era: “dopodomani te lo posso dire con precisione assoluta”, bene inteso in dialetto ligure.