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Eurispes: 'Un italiano su quattro conosce il gioco illegale'

31 gennaio 2019 - 10:40

Presentato oggi, giovedì 31 gennaio, il 31esimo rapporto di Eurispes che pubblica i dati sui giocatori in Italia: tre italiani su 10 spendono denaro per giocare.

Scritto da Redazione
Eurispes: 'Un italiano su quattro conosce il gioco illegale'

Il 31esimo rapporto Italia dell'Eurispes, che viene presentato oggi 31 gennaio all'Aula Magna dell'Università La Sapienza di Roma, mette al centro della sua indagine anche il settore del gioco.

"L'Italia spende sempre di più in gioco - spiegano da Eurispes - e tre italiani su 10 spendono denaro per giocare, di questi la metà spera di 'svoltare' la vita con una vincita. Tre italiani su 10 partecipano a giochi con vincita in denaro (28,2 percento), il 71,8 percento dichiara di non farlo mai. In particolare, il 18,3 percento gioca solo dal vivo, il 2 percento solo online, il 7,9 percento in tutti e due i modi".
 
Nel complesso, circa un italiano su 10 gioca online. Il Gratta e Vinci è il gioco più amato (l'85 percento) seguito dal Lotto e SupeEnalotto (77,4 percento), lotterie (62 percento), scommesse sportive 52 percento).
 
La speranza di una grossa vincita è la motivazione che più spesso induce a giocare (27,9 percento) seguita dalla ricerca di denaro facile (22 percento) e solo successivamente dal divertimento  (21,1 percento) mentre nel 2009 erano 27,4 percento.
 
L'8,2 percento gioca per occupare il tempo libero, il 5,5 percento per il brivido del gioco, il 4,7 percento per tradizione familiare e, stessa percentuale dice di voler mettere alla prova la sua abilità, il 3,3 percento spera di vincere una cifra consistente da donare a chi ne ha bisogno.  
Quattro giocatori su 10 confessano di sentire, almeno qualche volta, di giocare troppo e spendere troppi soldi. Uno su 4 ha chiesto denaro in prestito per giocare.   
 
L'edizione 2019 del rapporto Italia di Eurispes ruota intorno al concetto di qualità, scelto come parola chiave per affrontare ciò che contraddistingue le tendenze sociali, economiche, politiche e culturali in atto nel Paese.
 

L'ANALISI DI FARA - Facendo un discorso generale, ma che potrebbe essere applicato anche ai recenti provvedimenti e alle esternazioni sul gioco legale, il presidente dell'Eurispes, Gian Maria Fara, sottolinea: “Si sta affermando nella società italiana una nuova patologia, la 'qualipatia', intesa nell'accezione negativa, ovvero l'avversione e il rifiuto per tutto ciò che richiama la qualità. Una patologia che archivia l'essere e santifica l'apparire, che esalta il contenitore a discapito del contenuto, che premia l'appartenenza e mortifica la competenza.

La separazione fra sistema e Paese, che abbiamo descritto nel Rapporto Italia 2018, non sembra affatto superata e il Paese resta in attesa di capire che cosa intende fare il sistema per sanare la frattura. È caduta la cultura della programmazione. Le grandi questioni che attraversano la vita del Paese sono affrontate con la superficialità e l'improvvisazione dettate dai tempi della comunicazione. Ogni argomento, anche se di grande rilevanza, viene affidato a uno spot, uno slogan, un tweet.

Il dibattito pubblico risulta immiserito a causa del declino della cultura dell'ascolto, del rispetto dell'altro da sé e dalla mancanza di un'idea di comunità e di un senso stesso dello Stato. L'appiattimento del livello dello scambio politico a quello di eloquio da bar e, di più, l'imbarbarimento producono solo volgarità fine a se stesso”.

IL DETTAGLIO DEI DATI: VOLUME DEL MERCATO - Come evidenzia il Rapporto Eurispes, il volume del mercato del gioco in Italia, nel 2017, si è attestato sui 101,8 miliardi di euro, più del doppio rispetto al 2008 (47,5 miliardi) e quasi sette volte quello del 2003 (15,5 miliardi). I dati si riferiscono alla raccolta e non alla spesa. In relazione al Pil, gli italiani giocano circa il doppio dei francesi e quasi il triplo dei tedeschi. Gli incassi per la finanza pubblica arrivano a oltre 10 miliardi di dollari, mentre il costo per gli italiani (vale a dire, la spesa) è di quasi 19 miliardi di euro. Il settore delle imprese nel 2017 ha potuto contare su 8,6 miliardi di euro.

ITALIANI IN GIOCO - Come detto, quasi 3 italiani su 10, il 28,2 percento, partecipano a giochi con vincita in denaro, mentre il 71,8 percento dichiara di non farlo mai. In particolare, il 18,3 percento gioca solo dal vivo, il 2 percento solo online, il 7,9 percento in entrambi i modi. Circa un 1 italiano su 10 gioca online.
Tra i 35-44 e gli over 65 si registrano le più alte percentuali di non giocatori (76 e 75 percento). Dai 45 anni in su sono più numerosi della media coloro che giocano solo dal vivo (23,9 percento per i 46-64 anni, 21,4 percento per gli over 65). Dai 18 ai 34 anni si trova la quota più alta di giocatori sia dal vivo che online (15 percento). Le percentuali più elevate di non giocatori si trovano al sud (77,5 percento) e al centro (75,4 percento); nella isole il picco di chi gioca solo online (4,8 percento).
Il Gratta e Vinci è il gioco maggiormente praticato (l'85 percento tra chi gioca "qualche volta", "spesso" e "sempre"), seguito dal Lotto e SuperEnalotto (77,4 percento), lotterie (62,4 percento), scommesse sportive (52,7 percento). Meno diffusi il casinò (78 percento mai) e le scommesse ippicge (75,9 percento mai).
 
TRA DIVERTIMENTO E SPERANZA - Come dettaglio l'Eurispes, la speranza di una grossa vincita è la motivazione che più spesso induce a giocare (27,9 percento) seguita dalla ricerca di denaro facile (22 percento) e solo successivamente dal divertimento (21,1 percento, nel 2009 erano il 27,4 percento). L'8,2 percento gioca per occupare il tempo libero, il 5,5 percento per il brivido del gioco, il 4,7 percento per tradizione familiare, stessa percentuale che dice di volere mettere alla prova la sua abilità. Il 3,3 percento spera di vincere una cifra consistente da donare a chi ne ha bisogno. Circa 3 under 35 su 10 giocano alla ricerca di denaro facile e per puro divertimento, dai 35 anni ai 64 sono superiori alla media coloro che sperano in una grossa vincita (le percentuali sfiorano il 32 percento).
 
I COMPORTAMENTI A RISCHIO - Quanto ad alcuni comportamenti potenzialmente a rischio, se la maggioranza dei giocatori non ha mai avuto la sensazione di trascorrere troppo tempo giocando (60,8 percento), a quasi un terzo (30,7 percento) è invece capitato "qualche volta", al 7,8 percento "spesso" e allo 0,6 percento "sempre". Inoltre, un quarto (26,6 percento) prova "qualche volta" la sensazione di spendere troppo denaro giocando, il 10 percento "spesso" lo 0,6 percento "sempre", mentre non capita mai al 62,4 percento dei giocatori. Tre quarti degli intervistati, il 74,9 percento, non hanno mai chiesto un prestito per giocare, ma uno su cinque ammette di averlo fatto "qualche volta" (19,1 percento), il 5,3 percento "spesso", lo 0,6 percento "sempre".
 
LA PROMOZIONE DEL GIOCO DIVIDE GLI ITALIANI - Italiani divisi sulla pubblicità "di Stato" del gioco. Per il 35,4 percento degli italiani non è giusto che lo Stato promuova il gioco lecito e responsabile mentre il 26,9 percento è dell'opinione opposta e il 22,5 percento non sa valutare. In particolare, il 30,6 percento del campione (giocatori e non giocatori) è contrario perché ritiene che anche il gioco lecito crei dipendenza, il 14,8 percento perchè anche con il gioco lecito si possono perdere grosse somme, mentre il 16 6 percento è favorevole perché è un buon modo per scoraggiare il gioco illegale e il 10,3 percento perchè in questo modo i giocatori sono più tutelati.
 
FOCUS SULLE SLOT - Secondo il Rapporto, in cima alla classifica dei giochi considerati più pericolosi ci sono le slot machine: pensa che siano pericolose l'83,4 percento del campione ("abbastanza" il 40 percento, "molto" il 43,4 percento). Seguono i giochi online per il 78,3 percento (48,6 percento "abbastanza", 29,7 percento "molto"), poi le scommesse sportive (71,8 percento), i Gratta e Vinci (66,7 percento) e il bingo (64,3 percento).
 
LA CONOSCENZA DEL GIOCO ILLEGALE - Oltre 7 italiani su 10 non hanno conoscenza diretta o indiretta dell'esistenza di circuiti di gioco illegale. Oltre un quinto (22,3 percento) ne è a conoscenza ma non vi ha partecipato. Nel complesso, oltre 1 cittadino su 4, non necessariamente giocatore, conosce circuiti di gioco illegale.
 

LA TASSAZIONE PER I GIOCHI FREMIUM - Come funzionano le tasse per le app e i giochi fremium? E' un altro segmento che Eurispes, l'istituto di Ricerca degli italiani ha analizzato nel rapporto in questione. 

Si parte dai giochi Fremium, crasi fra le parole free e premium. Giochi che sono offerti gratis o a costi bassissimi e prevedono pagamenti per le funzionalità aggiuntive. L'idea di profitto è quello delle micro-transazioni: dopo aver scaricato il gioco, vengono rilasciati contenuti a pagamento in maniera continua e a prezzo basso, attraverso ad esempio la formula degli "acquisti in-app". Lo sviluppatore inizia a guadagnare grazie alla schiera di giocatori "dipendenti" pronti a spendere solo per vedere come "finisce il gioco". Il guadagno arriva quindi durante lo svolgimento del gioco e non nell'acquisto. Percentualmente è stato dimostrato che questo modello garantisce fino al 270% di ricavi in più rispetto alla vendita "pura" di tutto il gioco e fino al 389% in più rispetto alle app "free con ads" con i classici messaggi pubblicitari inseriti nel gioco.

APP GIOCHI ONLINE, COME SI PAGANO LE TASSE? - E come funziona la tassazione dei proventi da app per giochi online? Una volta che la app viene sviluppata, per venderla, è necessario pubblicarla su uno store online, come Android di Google o App Store di Apple. Va firmato il Developer Program e ai fini fiscali le controparti saranno società extra Ue come Google Inc. o Apple Inc. Per quest'ultima, nel caso in cui la propria app caricata sul negozio online venga acquistata da un utente che vive in un paese dell'ue, la controparte sarà la iTunes sarl, la cui sede è nel Lussemburgo. Per ogni acquisto di uno sviluppatore italiano sugli Store le società trattengono il 30% e il 70% del netto spetta allo sviluppatore. Il guadagno mensile dello sviluppatore lo si può considerare, ai fini Iva, una prestazione di servizi specifici immateriali, del tipo di commercio elettronico diretto. Lo sviluppatore che vende le sue applicazioni per Android non dovrà neppure essere iscritto al Vies, in quanto la sua controparte è sempre Google Inc, società americana. Invece, se uno sviluppatore vende app per iPhone in un paese europeo, lo stesso dovrà essere iscritto al Vier e sarà soggetto agli obblighi Intrastat. Sulle imposte indirrette lo Stato italiano perderà il 30% trattenuto dalle multinazionali ed è altamente improbabile che riesca ad intercettare il 70% di competenza degli sviluppatori.

COME FUNZIONA LA FATTURAZIONE AI FINI IVA - Ci sono due distinzioni, B2B e B2C. Nel primo caso venditore e acquirente sono entrambi soggetti passivi per quanto riguarda l'Iva. In questo caso l'Iva è territorialmente rilevante nel paese del soggetto committente, ai sensi dell'articolo 7-ter del Dpr n.633/72. Questo significa che lo sviluppatore italiano (che sia regolarmente dotato di partita Iva) dovrà emettere fattura senza Iva, indicando "inversione contabile", se il committante soggetto passivo è residente in un paese Ue, oppure "operazione non soggetta", se il committante passivo è residente extra Ue.
Nel caso invece del B2C il venditore è soggetto passivo Iva ma l'acquirente è un privato consumatore. L'Iva è territorialmente rilevante nel paese del committente. Questo significa che il venditore è tenuto ad identiricarsi in ogni paese di residenza del soggetto che acquista la app.
Per evitare identificazioni continue si può usare il Moss, Mini One Stop Shop. In pratica il soggetto passivo trasmette telemaicamente, attraverso il portale elettronico, le dichiarazioni Iva trimestrali ed effettua i versamenti nel proprio Stato membro di identificazione limitatamente alle operazioni rese a consumatori finali residenti o domiciliati in altri Stati Membri di Consumo.
Proprio in virtù di questa particolare disciplina ai fini Iva in vigore in ambito Ue, i principali App Store consentono agli sviluppatori di non dover effettuare tutti gli adempimenti del regime B2C facendoli passare direttamente al B2B.
Questo mondo rimane sconosciuto al fisco? Bisogna verificare se gli sviluppatori abbiano aperto partite Iva per vendere app su Play Market e se i guadagni vengano correttamente indicati nel 730. Inoltre occorre verificare se lo sviluppatore app Android sia inquadrato come impresa o come professionista: l'inquadramento corretto per vendere app è quello di impresa, il cui regime contribuitvo Inps è senz'altro più pesante.

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