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Prezzi post-lockdown: tra rincari e speculazioni, gioco pubblico più democratico

06 luglio 2020 - 10:33

Tra i super rincari di voli, treni e generi vari, i prodotti di gioco pubblico hanno prezzi invariati: e la “tassa Covid” è a carico dei gestori.

Scritto da Vincenzo Giacometti
Prezzi post-lockdown: tra rincari e speculazioni, gioco pubblico più democratico

Sta facendo scalpore, in queste ore, il dato relativo ai rincari che si registrano dentro e fuori alla Penisola alla ripartenza dopo il lockdown. Con l’Unione Nazionale Consumatori che ha elaborato gli ultimi dati Istat per stilare la classifica dei prodotti più rincarati nel mese di giugno, ossia nella fase che ha seguito la serrata generale dettata dalla pandemia, in Italia. Con la ripresa degli spostamenti liberi, non solo all’interno della regione (dal 18 maggio) ma anche in tutta Italia, sono subito arrivati i rialzi per i viaggi: i voli nazionali si collocano al primo posto, essendo saliti del 36,4 percento in un solo mese e del 22,6 percento su base annua, mentre il trasporto ferroviario è aumentato del 4,5 percento (+2,9 percento nei dodici mesi), trasporto marittimo +3,2 percento. Anche spostarsi con la macchina è diventato più caro, visto che pedaggi e parchimetri sono cresciuti del 3,1 percento rispetto a maggio.

Ma oltre ai trasporti, nella “top ten” dei rincari mensili spiccano anche gli aumenti legati a vacanze e tempo libero: macchine fotografiche e videocamere sono al secondo posto (+15,5 percento), villaggi vacanze al quarto (+13,4), giochi e hobby al quinto (+9,2 percento), palestre e piscine al settimo (+3,8 percento), pacchetti vacanza internazionali chiudono la top ten con +3,1 percento.

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I RINCARI ANNO SU ANNO  - Forti aumenti anche per i prodotti legati allo smart working e alle telecomunicazioni, fondamentali nella fase del lockdown generi nella top ten dei rincari annui: con i voli nazionali sempre in cima (+22 percento), computer e tablet sono al secondo posto con +13,9 percento, i telefoni fissi sono al sesto posto con +10,7 percento, monitor e stampanti in nona posizione con +5,9 percento, in undicesima posizione le cartucce delle stampanti con +5 percento. In classifica, spiccano il volo gioielleria, in terza posizione con +13,6 percento, condizionatori, in quarta con +12,1 percento, frutta fresca in quinta posizione con +11,1 percento, spese bancarie in decima posizione con +5,1 percento.

BAR IN FONDO ALLA CLASSIFICA DEGLI AUMENTI - Per la voce “Ristoranti, bar e simili” la variazione mensile è solo dello 0,2 percento (+1,1 percento il dato tendenziale), anche se bisognerà attendere i dati definitivi Istat, mancando ancora all’appello le voci dettagliate. Ma è comunque evidente che i baristi hanno voluto tenere frenati i costi. “Parrucchieri, baristi, ristoratori, centri estetici hanno compreso, almeno per ora, che, con la crisi in atto, la politica di alzare i prezzi sarebbe stata controproducente e dannosa e si sarebbe tradotta in minori ricavi”, afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. “Insomma, la tassa Covid, da noi denunciata – aggiunge - certo c’era ma, come detto fin dall’inizio, riguardava casi isolati, non era generalizzata e non consentiva di parlare di rialzi medi. Finora, quindi, è stata ininfluente ai fini statistici”.

IL GIOCO PUBBLICO INVARIATO – Per quanto riguarda i prodotti di gioco pubblico, di qualunque tipologia, i rincari per i consumatori sono (e rimarranno) pari a zero. Nonostante i costi di gestione siano notevolmente aumentati per gli operatori, tenendo conto di tutti gli adeguamenti che hanno dovuto operare all'interno dei locali per poter rialzare la saracinesca e delle spese costanti che derivano dalla messa a disposizione del pubblico dei dispositivi di sicurezza come gel, guanti, mascherine e quant'altro, nessuno si è sognato di applicare qualunque rincaro ai consumatori. In nessuna tipologia di gioco “fisico”. Con la cosiddetta “tassa Covid” denunciata dall'associazione dei consumatori, quindi, che esiste eccome: ma è tutta a carico degli operatori, che non possono certo permettersi di fare chissà quale altro prelievo dalle tasche dei giocatori. Soprattutto perché, ad averlo già fatto, è lo Stato: ma non a causa della pandemia, ma già nei mesi precedenti, quando con una serie di manovre ha pensato bene di inasprire la tassazione andando ad intaccare i payout di tutti i giochi, prelevando quindi direttamente dalle tasche dei consumatori. Azzerando quindi ogni possibile margine di manovra agli addetti ai lavori, in una fase già particolarmente delicata e resa ancor più critica dal lockdown. Visto che, nonostante le credenze popolari, i dati economici globali e decennali spiegano come, in periodi di crisi economica, la spesa in prodotti di giochi e intrattenimento è inevitabilmente inferiore, essendo minore la disponibilità economica delle singole persone o famiglie. E in un periodo come quello attuale, gli italiani (e, di conseguenza, gli operatori) dovranno fare i conti, letteralmente, con una forte contrazione dei consumi dovuta alla mancanza di disponibilità. Altro che rincari.

 

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