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Tribunale di Roma: Dpcm su Covid illegittimi e incostituzionali

24 dicembre 2020 - 13:58

Clamorosa pronuncia del Tribunale di Roma che ritiene caducabili i Dpcm di restrizioni emanati dal governo.

Scritto da Redazione
Tribunale di Roma: Dpcm su Covid illegittimi e incostituzionali

I Dpcm emanati dal premier Giuseppe Conte sono da considerare “viziati da violazioni per difetto di motivazione" e "da molteplici profili di illegittimità". Pertanto, in quanto tali, risultano essere "caducabili" – vale a dire da annullate – visto che non producono effetti reali e concreti dal punto di vista giurisprudenziale. E' questo il (clamoroso) verdetto del Tribunale Civile di Roma chiamato a esprimersi su un contenzioso mosso dal titolare di un esercizio commerciale vittima di sfratto per morosità, in seguito al mancato pagamento dei canoni di locazione dovuto alla chiusura della sua attività imposta dai divieti, nell'ambito dell'emergenza Coronavirus.

Secondo quanto disposto dal giudice capitolino i decreti con cui è intervenuto il governo non sono "di natura normativa" ma hanno "natura amministrativa". Quindi dovrebbero fare riferimento a una legge già esistente. Questo vorrebbe dire che il governo sta agendo fuori dalle norme dello Stato democratico e sta dunque limitando le nostre libertà violando le leggi, stando alle prime interpretazioni che si sono susseguite dopo la pronuncia.

LE VIOLAZIONI DEI DPCM - Il tribunale di Roma – citando "tutti i Presidenti Emeriti della Corte Costituzionale, Baldassarre, Marini, Cassese" – spiega inoltre che non vi è alcuna legge ordinaria "che attribuisce il potere al Consiglio dei ministri di dichiarare lo stato di emergenza per rischio sanitario". Dunque i Dpcm sono sa ritenere potenzialmente incostituzionali. In quanto "hanno imposto una rinnovazione della limitazione dei diritti di libertà", mentre avrebbero dovuto prevedere "un ulteriore passaggio in Parlamento” diverso rispetto a quello che si è avuto per la conversione del decreto Io resto a casa e del Cura Italia. "Si tratta pertanto di provvedimenti contrastanti con gli articoli che vanno dal 13 al 22 della Costituzione e con la disciplina dell’articolo 77 della Costituzione, come rilevato da autorevole dottrina costituzionale", aggiunge il giudice.
Il Dpcm resta un atto amministrativo che non può restringere le libertà fondamentali, anche se a "legittimarlo" è un atto che invece ha forza di legge; la parte che non lo impugna diventa causa delle conseguenze negative sulla piena fruibilità dell'immobile. Insomma, il giudice condivide "l'autorevole dottrina costituzionale" secondo cui è contrario alla Costituzione prevedere norme che limitano i diritti fondamentali della persona mediante decreti della Presidenza del Consiglio dei ministri. Come riportato da Italia Oggi, il primo decreto legge che ha "legittimato" il Dpcm si limitava a contenere un'elencazione a titolo d'esempio e consentiva così l'adozione di atti innominati, non stabilendo però alcuna modalità di esercizio dei poteri. Forse è anche per questo che il governo, varando le ultime restrizioni di Natale, ha optato per un decreto legge abbandonando l'ormai solito strumento del Dpcm, qui messo in discussione.
In effetti per essere validi i Dpcm, come atti amministrativi, devono essere motivati ai sensi dell'articolo 3 della legge 241/1990. Alla base di ogni decisione è sempre stato citato il Comitato tecnico-scientifico, le cui analisi - spiega il giudice - sono state riservate per diverso tempo e sono state rese pubbliche solamente a ridosso delle scadenze dei Dpcm stessi: "Ritardo tale da non consentire l’attivazione di una tutela giurisdizionale".

LE CONSEGUENZE PER I GIOCHI – Di certo le restrizioni disposte dal governo con i vari Dpcm risultano poco gradite a molti. Non solo ai cittadini, per via delle limitazioni alle libertà individuali ma anche – e soprattutto – a commercianti ed esercenti, che si vedono ridotte o interrotte le proprie attività. Tra i casi più estremi c'è quello del gioco pubblico, che ha raggiunto e superato anche i 180 giorni di chiusura, nonostante gli evidenti livelli di sicurezza in termini di prevenzione dal contagio dimostrati nei mesi precedenti attraverso l'adozione di rigorosi protocolli in tutte le location. Motivo per cui gli operatori hanno iniziato a impugnare al Tar del Lazio gli ultimi Dpcm. Ritenendo eccessive le misure adottate soprattutto nell'ultima fase della pandemia. Il Tar deve ancora esprimersi nel merito dell'ultimo Dpcm, dopo aver imposto al governo di depositare le carte relative alle valutazioni del Comitato tecnico scientifico che avrebbero indotto a decisioni così rigorose. Nel frattempo – notizia di oggi – sono state presentate una serie di istanze di autotutela allo stesso Tribunale amministrativo le quali, non avendo avuto risposta, si trasformano adesso in ulteriori ricorsi. Ecco perché la pronuncia del Tribunale civile di Roma (non il Tar, quindi) potrebbe assumere un ruolo ancora più importante nella diatriba tra Stato e operatori del gioco.

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