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La doccia fredda dello sci e il rischio di un prolungato lockdown

15 febbraio 2021 - 09:41

Oltre alla protesta degli operatori degli impianti sciistici e dell'intero indotto, crescono le preoccupazioni degli altri settori ancora al palo: con il gioco pubblico in testa.

Scritto da Ac
La doccia fredda dello sci e il rischio di un prolungato lockdown

Dalla settimana bianca di alcuni, alla doccia fredda per tutti. La decisione delle ultime ore del ministro della Salute Roberto Speranza di stoppare in extremis la riapertura delle attività sciistiche che sarebbe dovuta avvenire oggi, lunedì 15 febbraio - nelle regioni in zona gialla, seppure con una serie di limitazioni - , oltre a rivelarsi una triste sorpresa per i tanti cittadini italiani (e non solo) che avevano programmato la fuga invernale sulle montagne per tornare a sciare dopo mesi di inattività, si rivela al tempo stesso una drammatica notizia per gli addetti ai lavori degli impianti sciistici e dell'intero indotto, che non aspettavano altro che una ripartenza delle attività per scongiurarne la chiusura, dopo una stagione (anzi, due) compromessa dal Covid-19. Ma lo è anche per i lavoratori di tanti altri settori, che dopo la ripartenza degli impianti di scii attendevano di veder ripartire anche le proprie attività. Come quelli del gioco pubblico, ormai fermi da oltre 200 giorni, come pochissimi altri settori, che non chiedono altro che poter tornare a lavorare. In sicurezza e con tutte le restrizioni del caso, ma tornando ad alzare la saracinesca, per evitare non poterlo fare mai più. E se attorno alla riapertura degli impianti di sci si levavano le speranze di tanti altri settori, la decisione di Speranza che ha firmato un provvedimento che vieta lo svolgimento delle attività sciistiche amatoriali fino al 5 marzo (data di scadenza del Dpcm del 14 gennaio), affossa ogni entusiasmo e cancella le speranze anche degli altri settori.

Il provvedimento, infatti, come spiegato dal ministero, “tiene conto dei più recenti dati epidemiologici comunicati venerdì 12 febbraio dall'Istituto Superiore di Sanità, attestanti che la variante Voc B.1.1.7, detta variante Uk e caratterizzata da maggiore trasmissibilità, rappresenta una percentuale media del 17,8 percento sul numero totale dei contagi”.

La preoccupazione per la diffusione di questa e di altre varianti del virus, precisano dal ministero, “ha portato all'adozione di misure analoghe in Francia e in Germania”. Da qui il fermo dello sci, chiesto espressamente dal Comitato Tecnico Scientifico, ma anche il divieto di allentare le misure più in generale, anche negli altri settori, affermando che “allo stato attuale non appaiono sussistenti le condizioni per ulteriori rilasci delle misure contenitive vigenti”, come indicato nel verbale dei tecnici di venerdì 12 febbraio. Nel comunicato con cui si annuncia lo stop alle attività sciistiche, tuttavia, il Governo si impegna a compensare al più presto gli operatori del settore “con adeguati ristori”.

LA PROTESTA DELLE CATEGORIE - Ma oltre a chiedere al ministro di definire meglio cosa si intende per “adeguati”, vista l'inconsistenza di tanti sussidi concessi finora alle varie categorie – come sanno bene gli addetti ai lavori del comparto giochi – le categorie interessate lamentano l'altalena delle decisioni, che ha portato gli operatori a ricevere prenotazioni per i prossimi giorni, che ora dovranno essere annullate. Creando così ulteriori difficoltà alle imprese, già colpite fortemente dalla pandemia. Senza contare il fatto che gli albergatori o ristoratori del posto avevano richiamato il personale, rifornito le dispense e riorganizzato tutto ciò che serve, con tutti i costi del caso, per affrontare una ripartenza che vedono poi slittare soltanto all'ultimo secondo. Da qui la furia delle categorie, che mette subito a dura prova il nuovo esecutivo, provocando l’immediata reazione della Lega, non solo con il leader Matteo Salvini, ma anche con i neo ministri Giancarlo Giorgetti (Sviluppo Economico) e Massimo Garavaglia (Turismo), interessati da questo tipo di decisione e dalla ricaduta sulle imprese, che li riguarda. Come dovrà riguardarli anche l'impatto che il prolungato lockdown sta avendo sulle aziende del comparto giochi, che sempre col lo sviluppo economico ha a che fare, e spesso anche col turismo.

LA SITUAZIONE DEL GIOCO - Come detto, infatti, la decisione assunta sugli impianti di sci, che di certo il ministro della Salute avrebbe voluto evitare, fa vacillare le speranze anche di altri operatori. Tra cui quelli del gioco, che proprio in questi giorni continuano a chiedere – anche attraverso una duplice manifestazione – di poter tornare a lavorare riaprendo i propri locali, già nelle zone gialle, tenendo conto dei ridottissimi rischi in termini di contagio che si ravvisano negli ambienti di gioco. Una richiesta, dunque, che difficilmente potrà essere ascoltata, rendendo impensabile la riapertura anticipata prima del 5 marzo. Anche se, a questo, punto, gli operatori del gioco ci metterebbero la firma per poter mantenere almeno questa data, nel timore generale che si possa andare incontro a uno slittamento ulteriore. Ma oltre a una data certa, ciò che chiedono gli addetti ai lavori prima di ogni altra cosa, è la parità di trattamento e la fine di una prolungata discriminazione, ben più duratura di ogni restrizione anti-Covid: un qualcosa che il nuovo esecutivo di Mario Draghi potrebbe già promettere e, magari, anche realizzare. Lo vederemo già nei prossimi giorni, con il tema dei ristori e delle riaperture destinato a tenere banco ancora per molto.

 

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