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Derevensky: ‘Urge regolamentazione del gaming come per gambling'

23 ottobre 2019 - 14:21

Secondo Jeffrey Derevensky, della canadese McGill University, anche l'industria del gaming deve regolamentarsi al fine di tutelare i giovani.

Scritto da Ac
Derevensky: ‘Urge regolamentazione del gaming come per gambling'

Bruxelles – L’industria del gaming deve prendere spunto da quella del “gambling” per introdurre una regolamentazione seria ed efficace che tuteli adeguatamente i giovani. È la tesi a cui giunge il professor Jeffrey Derevensky, della McGill University, in Canada, intervenendo al Responsibility in Gaming 2019, l’evento dedicato agli studi sul gioco responsabile in corso di svolgimento a Bruxelles, in cui vengono analizzati e approfonditi tutti gli aspetti che riguardano la prevenzione e la regolamentazione rispetto ai rischi legati alle attività di gioco. Nel suo intervento, dal titolo: “Gioco d'azzardo giovanile e gioco: dovremmo davvero essere preoccupati e abbiamo bisogno di più regolamentazione?”, il professore ribalta completamente la tradizionale prospettiva che vedrebbe il gioco con vincita in denaro come un grande pericolo sociale, mentre quello “domestico” o comunque privo della componente di “azzardo” viene ritenuto immune da rischi o derive patologiche. Secondo Derevensky, al contrario, in un contesto storico e sociale sempre più orientato alla gamification, bisogna porre l’accento sulle tematiche che riguardano il gaming, perché se il settore del gioco d’azzardo è fortemente regolamentato e sottoposto al controllo di una serie di regolatori e, quindi, dei governi e delle istituzioni più in generale, quello del gaming, in generale, è per lo più fuori controllo o, nel migliore dei casi, sottoposto a un’autoregolamentazione molto blanda.

A supportare il ragionamento portato avanti dal professore una serie di esempi specifici: dai giochi in scatola per bambini che riproducono slot machine o giochi da casinò, al black jack o la roulette in formato gadget per bambini, fino al videogioco per PlayStation dedicato al casinò con tanto di etichetta “adatto ai maggiori di 3 anni”.

QUALCHE DATO - “In Regno Unito il 10 percento dei ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 16 anni ha giocato almeno una volta a un gioco di ‘social casino’, secondo un’indagine relativa addirittura al 2013, mentre in Australia il 13 percento di giovani di età compresa tra i 12 e i 17 anni ha giocato a un casinò simulato, nel 2014”, evidenzia, invitando i regolatori a intervenire introducendo regole molto più rigide per regolare il fenomeno. Nel corso della presentazione, naturalmente, il professore illustra nei dettagli tutti i rischi e le derive legate al gioco d’azzardo patologico, descrivendo anche la diffusione della dipendenza e i rischi a cui si è esposti quotidianamente, senza minimizzare né accantonare il problema, ma introducendone un altro, a suo giudizio anche ben più grave perché fuori controllo. Sulla spinta della sempre più utilizzata gamification, attraverso la quale si ricorre sempre più spesso ai meccanismi del gioco, spesso anche di azzardo, per promuovere ogni tipo di attività.

“Basta guardarsi attorno – spiega il professore – per vedere quanto siamo esposti quotidianamente al gioco e all’azzardo. Stando ai dati relativi allo scorso settembre 2019, emerge che sulla sola piattaforma di e-commerce Ebay, sono comparsi oltre 2 milioni e 400mila annunci relativi al gioco d’azzardo, circa 190mila relativi al poker e circa 8 milioni e 500mila relativi al Gaming”.

Secondo Derevensky il gaming deve preoccupare particolarmente anche per altre ragioni specifiche: per la facilità di accesso, attraverso ogni device e per i soggetti di ogni età e per il target caratterizzato anche e soprattutto dai più giovani e giovanissimi. Mentre i rischi legati all’eccesso sono notevoli e anche molto gravi, con il gaming disorder che porta ad ansietà, depressione, deficit di attenzione o iperattività.
A peggiorare ulteriormente le cose, peraltro, c’è anche quella sorta di ibridazione tra gaming e gambling prodotta dalle cosiddette “loot boxes”, ovvero, le “scatole magiche” contenute nei videogiochi domestici che possono essere acquistate dai giocatori in cambio di un premio: “Un business che Jupiter Research nel 2018 ha stimato aggirarsi attorno ai 30 miliardi di dollari, con il 78 percento dei videogiocatori che utilizza le lootbox, secondo un’indagine di Zendle & Cams del 2019”. Per questo, secondo il professore, occorre intervenire prendendo spunto da quello che è stato fatto e che si sta facendo per regolamentare il gioco d’azzardo e mutuarlo nel gioco tradizionale.

 

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