“Le patologie nel consumo di gioco sicuramente ci sono. E ci sono anche i rischi e la necessità di impedire in ogni modo il gioco minorile. Ma non è di interesse per la collettività cancellare l'offerta del gioco legale, perché questa 'tentazione' si basa sull'illusione vana di ridurre o eliminare la domanda di gambling. Una questione complessa che richiede un confronto fra voci e interessi diversi, una ricerca multidisciplinare”.
Lo afferma Emmanuele Cangianelli, presidente dell'associazione Esercenti giochi pubblici - Fipe al convegno "Giochi e scommesse in Italia, la multidisciplinarietà normativa, il ruolo del consumatore e le prospettive di innovazione digitale" tenutosi oggi, martedì 22 febbraio, al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro a Roma.
“In tutte le scelte di dibattito sui giochi pubblici è un tema di enorme interesse la necessità dell'efficienza delle politiche pubbliche. Ricordiamoci che il gioco è regolamentato, sottoposto a riserva di legge dal 1948. Non dimentichiamo anche ai fini del dibattito che questa scelta di regolamentazione è riconducibile più all'articolo 43 della Costituzione che all'articolo 41, una scelta di riservare allo Stato 'servizi pubblici essenziali'. La scelta su come è regolamentata e limitata sono il tema di discussione. La necessità di organizzazione non è data dalla natura del servizio: ovviamente scommettere non è essenziale, l'essenzialità è il controllo, la tutela dei consumatori, in primis dei minori e dei soggetti deboli e problematici, evitare le infiltrazioni della criminalità”, sottolinea il presidente di Egp-Fipe.
“Dai primi anni Duemila si è guidata una forte emersione portando nuove tutele ai consumatori ma anche un forte gettito per l'Erario, aumentato anche per la crescita delle tassazioni nei confronti dei prodotti di gioco. Si sono invece rallentate l'innovazione tecnologica dei prodotti di gioco e la ricerca efficace di soluzioni di prevenzione del consumo non consapevole. Al contrario, si sono introdotti strumenti come distanziometri, limiti orari, tessera sanitaria per l'accensione degli apparecchi che funziona solo in luoghi in cui è già inibito l'accesso ai minori favorendo la circolazione di tessere e ingenerando la necessità di maggiori controlli. Poi c'è stata la pandemia: due anni in cui il retail ha potuto offrire gioco solo per 12 mesi. Questo ha completato un percorso di contrazione delle reti del retail, ad oggi ci sono più punti vendita di lotterie che di apparecchi, ed è esploso il gioco online. Nell'ultimo anno le giocate sugli apparecchi - che sono al centro di quasi tutte le norme di limitazione - sono inferiori a quelle sulle lotterie, e quelle del gioco online sono superiori di quattro volte a quelle effettuate nelle sale. Dinamiche che forse rientreranno ma che hanno affermato una tendenza: l'impoverimento del retail, ambito nel quale è necessario fare più investimenti, che non è facile realizzare per la scadenza delle concessioni fra 4 mesi e un anno (il bingo). Non ci sono le condizioni in cui gli operatori del retail possono fare investimenti per la tutela del consumatore, visto che devono cercare innanzitutto di tenere in piedi l'attività. Per questo tali investimenti sono importanti, così come la formazione degli operatori per evitare una errata comprensione di ciò che incontrano o l'eccessiva lettura della realtà sulla base di fonti letterarie magari internazionali che non si riferiscono direttamente al nostro Paese, e l'organizzazione degli spazi di gioco”.
Cangianelli quindi rimarca quanto l'innovazione sia importante per il settore. “Come associazione stiamo lavorando da un paio d'anni sull'istituzione del registro di autoesclusione anche nel retail, come quello già attivo per l'online, al quale in due anni si sono iscritte 87mila persone. Dati su cui occorrerebbe meglio lavorare anche a livello statistico per comprendere cos'è questo strumento e pensare a come introdurlo nel retail. I dati sul consumo di gioco – non quelli personali ovviamente - devono essere quanto più possibile disponibili perché come operatori non ne abbiamo timore; con l'analisi dei dati sul consumo ci renderemmo probabilmente conto che le soluzioni più efficaci non sono quelle presenti oggi nelle normative regionali e locali”.
A conclusione del dibattito Cangianelli torna sulla divisione fra le rappresentanze di settore, evidenziando però che “negli ultimi mesi di pandemia si è arrivati ad una maggiore unità di intenti. Confcommercio a livello di esercenti, concessionari e specializzati, tabaccai e totoricevitori, è probabilmente la rappresentanza più significativa in un settore in cui non ce n'è una in ampie fasce”.
Il gioco regolamentato va concepito “come servizio: più si investe sulla qualità, anche dei lavoratori, più il servizio ne beneficia. In tema di innovazione, di tecnologia, di pagamenti elettronici, rimarca che essi potrebbero migliorare anche il rapporto con il consumatore”.
Infine, bisognerebbe “unificare i controlli per renderli più semplici e per rendere economicamente più vantaggioso anche per le banche lavorare con il settore del gioco”.