Migliorare la narrazione da parte dei media del gioco legale, un tema spesso oggetto troppe volte di una comunicazione parziale ed equivoca, mentre andrebbe comunicato inquadrandolo in un contesto sociale, economico e politico più ampio.
Questo l'obiettivo del corso di formazione per i giornalisti “Le parole del gioco: strumenti per comunicare il gioco legale ed elementi deontologici”, organizzato e promosso dall'Unione cattolica della stampa italiana (Ucsi) e tenutosi a a Roma, al Centro studi americani, per un’informazione per l’opinione pubblica che ponga anche l’attenzione su aspetti fondamentali come: l’occupazione, la salute, il contrasto all’illegalità.
Il corso è stato moderato da Marco Dotti, direttore responsabile Emi - Editrice missionaria italiana ed è stato aperto da Vincenzo Varagona, presidente dell'Ucsi nazionale.
Un comparto quello del gioco legale che nel 2020 ha contribuito alle entrate erariali per oltre 7,3 miliardi di euro, permettendo allo Stato di garantire servizi essenziali per la collettività. Le vincite per i giocatori, invece, sono state pari a 75,4 miliardi, ossia l’85,3 percento della raccolta che nello stesso anno si è attestata a 85,4 miliardi, con un calo di 22,2 miliardi rispetto al 2019 (-20 percento), rendendo evidenti gli effetti sul settore delle chiusure di contrasto alla diffusione della pandemia. La flessione ha avuto un impatto sostanziale sui lavoratori del settore, con un ricorso diffuso alla Cassa integrazione.
Il sistema del gioco legale, secondo un recente studio Censis, è un settore economico che si compone nella sola filiera diretta di 8271 imprese, con circa 40mila addetti e un fatturato annuale di 14 miliardi di euro. Sono, infatti, 300 i concessionari autorizzati dallo Stato, 3200 le imprese di gestione che, per conto dei concessionari, si occupano del coordinamento del gioco pubblico sul territorio. A questi si aggiungono 80mila punti vendita tra bar, tabacchi, esercizi pubblici che consentono l’accesso ai cittadini ad uno o più tipologie di gioco legale, con oltre 150mila occupati.
Alfonso Celotto, docente di Diritto costituzionale all'Università degli Studi Roma Tre, nel suo intervento sulla regolamentazione del settore, ha sottolineato come dopo un lungo periodo, nel quale il gioco era inteso come fattore di rischio in termini sociali, legali e finanziari, il decreto Legge 138/2002 abbia cambiato la percezione del legislatore, affidando all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (Aams, ora Adm, Agenzia dogane e monopoli) le attività di organizzazione, esercizio e controllo dei giochi, delle scommesse e dei concorsi a pronostici.
I successivi decreti, da allora a oggi, hanno regolamentato e ridefinito gli ambiti e i confini con il riconoscimento del disturbo da gioco d’azzardo come patologia, annoverato tra i Livelli essenziali di assistenza (Lea).
Infine, la legge di Bilancio 2019 (l. 145/2018) ha consentito all’Agenzia delle dogane e dei monopoli di sviluppare l’applicazione Smart - Statistiche, monitoraggio e analisi della raccolta territoriale del gioco fisico, che monitora la raccolta territoriale del gioco fisico e gli orari di funzionamento degli apparecchi da intrattenimento.
Oggi Adm esercita il presidio dello Stato nel settore dei giochi garantendo gli interessi dell’Erario attraverso la riscossione dei tributi e l’eventuale gestione del contenzioso, tutelando il cittadino con il contrasto agli illeciti e gestendo il mercato delle concessioni e degli atti regolamentari.
Raffaele Oriani, professore ordinario di Finanza aziendale alla Luiss Guido Carli, nell’analizzare il tema dell’illegalità, ha inquadrato il gioco legale descrivendone alcuni aspetti. Nel dettaglio, si è concentrato sulla definizione di raccolta, ossia l’ammontare complessivo delle puntate effettuate dai giocatori; le vincite, il totale delle somme vinte dai giocatori; la spesa, la differenza tra la raccolta e le vincite; gli incassi erariali, l’ammontare totale dell’imposizione fiscale e del differenziale residuale della raccolta, degli aggi e delle vincite dei giochi entrati nelle casse pubbliche; il ricavo della filiera, corrispondente alla spesa al netto delle somme destinate all’erario.
Il professore ha sottolineato come per il mercato sommerso, illegale, queste parole non abbiano alcun valore, trattandosi di un ambito al di fuori di ogni controllo.
Nel suo intervento, Oriani ha descritto come alcuni studi abbiano evidenziato l’elasticità della domanda esistente tra gioco illegale e quello legale, mostrando come l’espansione delle opportunità di questi ultimi abbiano portato ad una diminuzione sostanziale di quello illegale. Ad esempio, in Canada – secondo Arthur, Williams e Belanger 2013 - l’aumento dell’offerta legale di giochi ha consentito, negli anni, una persistente diminuzione del gioco illegale, mentre lo studio di Pontell ha posto l’attenzione su questo fenomeno a Macao.
Gli studi econometrici effettuati in Italia confermano il ruolo positivo che il gioco legale può esercitare, purché questo sia opportunamente regolamentato con una legislazione puntuale e sia attento ai comportamenti dei giocatori, alle evoluzioni tecnologiche e, soprattutto, sia accompagnato da una lotta serrata e senza quartiere al gioco illegale.
L’intervento di Sarah Viola, psichiatra del Servizio sanitario nazionale, nell’approfondire gli aspetti sanitari della patologia Gap – Gioco d’azzardo patologico, ha messo in evidenza come la dipendenza del giocatore dal gioco sia determinata dalla sostituzione dei rapporti relazionali con gli altri con un oggetto. Non è importante quale sia l’oggetto, ha specificato la dottoressa Viola, spesso chi soffre di questa dipendenza ne ha più di una, la cosiddetta comorbidità. Centrale nelle dipendenze è la dimensione fisica, che gli inglesi chiamano craving, ovvero il bisogno incontrollato di reperire l’oggetto stesso del desiderio tanto da rendere inutili le strategie di allontanamento fisico dall’oggetto. Questo è il nodo della dipendenza.
La sostituzione delle persone con l’oggetto permette al soggetto, che ne è coinvolto, di illudersi di avere in mano il controllo della situazione, di non correre rischi, di poter essere colui che gestisce il rapporto. Una sensazione, del tutto falsa, che grazie a questa relazione si possa non correre il pericolo di soffrire. Spesso la miglior cura è la terapia comportamentale, che mette al centro il soggetto che è dipendente.
Infine Michela Di Trani, giornalista e portavoce della Consulta nazionale antiusura S. Giovanni Paolo II, ha posto l’attenzione sul come parlare, in termini giornalistici, della questione del gioco legale e illegale e quali siano le best (e worst) practices deontologiche. Esistono modi diversi di fare informazione, con ripercussioni sociali di segno opposto: da un lato c’è chi documenta onestamente la realtà e contribuisce ad un sano dibattito di idee, dall’altro vi è un giornalismo che puntando sulla semplificazione, sfiorando la banalizzazione e l’eccessiva spettacolarizzazione, è alla continua rincorsa dell’audience e dei profitti piuttosto che con l’obiettivo di generare benessere sociale grazie ad un’informazione di qualità.
Far emergere la verità, in un tempo di diffusa disinformazione sul web, è una responsabilità accresciuta degli operatori dell’informazione. La responsabilità, non intesa come censura bensì naturalmente connessa alla dimensione etica della professione giornalistica, e la verità sono i due elementi connaturati ad un esercizio corretto dell’essere giornalista. Al professionista dei media si chiede di restituire, con il proprio lavoro, un’informazione incondizionata e non omissiva anche nel caso ci siano aspetti contrastanti con la personale visione del mondo. Onestà intellettuale e senso di responsabilità verso la comunità sono il fondamento del costante flusso di fiducia tra giornalista e lettore, che passa anche attraverso l’ascolto: di chi presta attenzione alle ragioni dell’altro e che cerca di cogliere la complessità della realtà e del pluralismo delle voci.