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Global Starnet: concessione decaduta anche per il Consiglio di Stato

28 settembre 2021 - 15:36

Il Consiglio di Stato conferma la sentenza del Tar del Lazio e dichiara decaduta la concessione di uno dei più grandi concessionari italiani presenti nel panorama delle gaming machines.

Scritto da Daniele Duso

Global Starnet perde anche davanti al Consiglio di Stato. La società al centro di una articolata vicenda giudiziaria ha provato a tenere fino all’ultimo quella concessione che, a suo dire, vale 984 milioni di euro, ma il giudizio del Consiglio di Stato non sposta di una virgola quanto già detto dal Tar del Lazio nel 2018, il quale, a sua volta, aveva avallato il provvedimento con il quale l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, nel 2012, aveva disposto la decadenza della società dalla concessione. Una sentenza che, comunque, non interromperà l'attività di Global Starnet, posta attualmente in amministrazione controllata.

La vicenda, come detto, si è articolata nel tempo. Come ricorda il CdS esplicando la propria sentenza, “la società esercita, dal 1° febbraio 2007, in regime di concessione, l’attivazione e la conduzione operativa della rete telematica del gioco lecito”. Negli anni successivi, portando avanti l’originaria concessione (pure questa al centro di una questione giudiziaria), Global Starnet ha provato ad aggiudicarsene un’altra, riuscendoci pure. Peccato che “durante le conseguenti verifiche, la Prefettura di Roma ha reso nota l’esistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa”, cosa che ha automaticamente escluso la società dalla procedura.

Da quell’esclusione iniziano i guai per la Global Starnet. In seguito a due altre sentenze di Tar e Consiglio di Stato, e alla conclusione delle nuove procedure di affidamento, “alla società è stato consentito di proseguire l’esercizio delle attività in concessione per non oltre sei mesi”. La ditta ha quindi “costituito un ‘blind trust’ (di facciata), per la prosecuzione delle sue attività durante il periodo transitorio, così da separare la proprietà della società dalla sua gestione”. 

Si arriva al 7 agosto 2014, quando il Prefetto di Roma dispone la “straordinaria e temporanea gestione della società”. In seguito, nel mese di febbraio del 2015, la persona fisica titolare in via indiretta della totalità del pacchetto azionario di Global Starnet, è stata pure rinviata a giudizio per un delitto non citato in questa sentenza. Ma la vicenda va ancora avanti.

Il 13 dicembre 2016 l’Agenzia delle dogane e dei monopoli ha comunicato l’avvio del procedimento finalizzato alla decadenza dalla concessione, al quale la società risponde con una memoria l’11 gennaio 2017, senza bloccare l’iter di Adm che il 27 marzo 2017 dichiara decaduta la concessione, tra le altre cose, come ricorda la sentenza del Tar, per “situazioni anomale e comunque sintomatiche di condotte illecite attribuibili ad un’impresa aggiudicataria”, ma anche, come aggiunge il Consiglio di Stato, “comportamenti… illeciti sotto il profilo fiscale o penale o rilevanti sotto il profilo della responsabilità contrattuale; irregolarità e inefficienze gestionali; attitudini illecite e/o scorrette sul piano dei rapporti con l’Erario (svariati milioni di euro non versati, Ndr), o condizionamenti interni alla gestione societaria”.

Ad esempio, riporta ancora la sentenza del CdS, “pur a fronte dell’omesso versamento del canone di concessione “relativo al secondo bimestre del 2014 per un importo pari a € 8.776.588,96”, vi sarebbe stato il trasferimento di “€ 27.000.000,00 sul conto corrente estero della «casa madre»”. Si pensi che la Corte dei conti, pur fortemente ridimensionando la condanna di primo grado, ha comunque condannato la società al pagamento della somma di euro 335 milioni.

Così, il Consiglio di Stato, respingendo o ritenendo improcedibili o infondati i motivi di appello esposti dai legali della società, confermano quanto detto nel 2017 dal Tar del Lazio, dichiarandone pertanto decaduta la concessione.

Il CdS ha sottolineato che “i requisiti previsti a pena di esclusione per la partecipazione alle procedure di evidenza pubblica di aggiudicazione dell’appalto” devono “permanere lungo tutto il corso del rapporto con l’amministrazione e non soltanto in quel “segmento” dell’intera vicenda costituito dalla selezione della controparte del rapporto giuridico”. Anche perché si tratta di requisiti posti sia “a tutela della generalità degli interessi pubblici […] sia del pubblico erario, la cui contribuzione è posta a carico della collettività. Un simile obiettivo va perseguito specie nel settore del gioco lecito, nel quale […] ben possono dirsi sussistenti i ‘motivi imperativi di interesse generale’, consistenti negli obiettivi di ‘migliorare la solidità economica e finanziaria dei concessionari, di accrescere la loro onorabilità e la loro affidabilità, nonché di lottare contro la criminalità'”.

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