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Il fattore D del gioco

11 agosto 2020 - 10:06

Sia per i locali che per i prodotti di gioco, è sempre più importante, e spesso decisivo, contare su un design innovativo, che offra buone performance.

Scritto da Francesca Mancosu

Quanto è importante un design curato per "garantire" l'attrattività di un locale o di un prodotto di intrattenimento?

Molto, perchè è senz'altro essenziale per garantire una differenziazione, e nel tempo rimandare a un preciso marchio di fabbrica, combattere la concorrenza, sempre più agguerrita, oltre che facilitarne la fruizione da parte di clienti e consumatori.
Si tratta di una disciplina che interessa, eccome, anche gli operatori del gioco sia terrestre che online e che risponde a criteri ben precisi, come sottolinea il professor Francesco Paretti, docente dell'Accademia delle belle arti di Perugia nel corso di Laurea in Product-Design.

"Non esiste un oggetto che non abbia del design 'dietro' – spiega - ma spesso c'è una grossa mistificazione intorno a questo termine, che viene molto abusato.
Di certo non può essere definito uno 'stile'. Ci sono, infatti, una serie di parametri di cui si deve tener conto quando ci si occupa di progettazione, il fattore estetico è solo uno di essi.
La parola 'design' nasce e inizia a diffondersi nell'epoca della prima industrializzazione per definire una categoria particolare di progettisti che non sono quelli che conoscono direttamente il committente - come Michelangelo Buonarroti nel tardo Rinascimento, per intenderci – ma il suo target di riferimento.
E quindi tali nuovi progettisti sono chiamati a valutare i parametri di cui parlavamo poc'anzi riferendoli a tale target, a quello che quel target desidera: sicuramente qualcosa di innovativo, che sia sempre più performante e attuale. Con il fondamentale coinvolgimento anche dei tecnici, per valutare tutta una serie di cose che poi si riflettono sulla risucita del prodotto finale, per fare in modo che il cliente finale, che noi non conosciamo, sia soddisfatto", afferma Paretti.

"Lo scopo del design quindi è capire quali sono le abitudini del 'consumatore' e lavorare su di esse. A volte accade che studiando un oggetto o una situazione, oppure un gioco, ci si accorge che produrrebbe maggiori risultati, se venisse utilizzato in maniera diversa.
Alla base di tutto quindi è necessario un progetto fatto bene, sia per i prodotti che per i locali.
Unico limite è il budget, unito, eventualmente, all'incapacità e alla ricerca di protagonismo del progettista. Per questo, mi sento di dire che il designer non è un dandy che si sveglia la mattina e dice 'oggi è il colore che preferisco è il rosso', proprio no. Bisogna studiare i trend e la sensibilità di capire anche quello che vorrà la gente in futuro, andando a lavorare su timing non immediati.
Uno studio accurato farà sì che quel tal prodotto sia quello giusto nel momento in cui serve ma anche nei periodi successivi, definendo per quanto tempo 'funzionerà' sul mercato.
Non a caso molte istituzioni pubbliche considerano il design come 'fattore di innovazione' nei parametri valutati nell'ambito di un bando: fino a qualche anno ciò era previsto solo per progetti areonautici o simili.
Cercare innovazioni è nella natura del designer. Innovazioni che non sono solo estetiche, poiché si lavora tanto anche sull'ergonomia, sullo studio dei colori, dei materiali, della loro tattilità e del messaggio che danno rispetto ad altri", ricorda il docente dell'Accademia delle belle arti di Perugia.

Un altro punto importante è la sostenibilità, caratteristica salita prepotentemente alla ribalta negli ultimi anni in vari ambiti, e anche nel design. "Intorno agli anni Novanta si parlava di 'eco design', con il tempo si è arrivati che non è una disciplina a parte ma uno dei fattori su cui un designer che si rispetti deve lavorare. Ciò non vuol dire non poter usare altri materiali che quelli 'ecosostenibili', ma lavorare sulla filiera, assicurando la creazione di un prodotto che sia smontabile, riciclabile, più compatibile possibile con l'ambiente.
Poi ovviamente conta il momento storico in cui si sta vivendo e lavorando: negli anni Sessanta ad esempio era particolarmente in auge usare certi tipi di plastica, e allora aveva significati importanti".

Lo stesso discorso vale per i locali di giochi, chiamati a differenziarsi per meglio affrontare la concorrenza. "Di location di questo tipo ne esistono a migliaia: quelli che funzionano meglio lo fanno perché mettono in campo un progetto per un 'luogo' che piaccia più di quelli che ci sono già.
Che, anche in questo caso, deve essere performante, innovativo, ben funzionante, e il frutto del lavoro di tante professionalità che si fondono insieme".

Uno scenario in continuo cambiamento, insomma, ancora di più alla luce dell'emergenza Covid-19 e degli effetti che ha avuto sulle nostre vite, sulle nostre abitudini, anche per quanto riguarda l'intrattenimento e il divertimento in genere.

"Credo che questa storia del coronavirus, che ci ha tenuto per oltre due mesi confinati nelle nostre case, abbiamo causato delle modifiche importanti, una grossa trasformazione, per un certo tipo di rapporti sociali.
In fondo, anche se non ci sono delle macerie, questo evento straordinario è stato un po' come una guerra. Cambieranno tante cose, è sempre successo così.
Questa situazione ci ha fatto capire delle cose su di noi, sulle nostre inadeguatezze, e anche che 'eravamo felici ma non lo sapevamo'. Si è innescato un ciclo che non cambierà se non gradualmente. Il cambiamento, ne sono convinto per natura e per lavoro, non è mai negativo; sta a noi saperlo gestire, andare oltre e cercare di capire cosa c'è di nuovo".

IL BIGLIETTO DA VISITA DEI LOCALI - "Il design di un locale è tutto: è il biglietto da visita e l'atmosfera che crea, è messaggio e linguaggio, è forma e contenuto. 
To design si traduce in progettare, quindi un design curato esprime un pensiero, una volontà, una presa di posizione; un design non curato l'esatto opposto", evidenzia l'architetto Alessandro Capati.
"Il futuro del design va nella direzione dello studio approfondito delle percezioni sensoriali, della reattività emozionale, delle neuroscienze: noi umani siamo macchine molto complesse dal punto di vista delle interazioni tra sensazioni, emozioni ed azioni, e il design, attraverso la tecnologia, si adatterà sempre più nella modellazione di questi elementi".

 

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