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Tar Genova: "Regolamento comunale legittimo, no alle limitazioni di orari"

06 febbraio 2014 - 09:20

Viene censurata la disposizione regolamentare concernente l’orario e cioè l’art. 18, comma 1, secondo periodo (che limita l’attività delle sale da gioco ove sono messi a disposizione del pubblico giochi o scommesse che consentono vincite in denaro ad un orario compreso fra le ore 9.00 antimeridiane e le ore 19.30). E' questo il punto centrale della sentenza emessa dai giudici del Tar di Genova in merito al ricorso presentato da uno degli addetti ai lavori del comparto giochi contro il regolamento comunale, emesso a circa a tre mesi circa dalla discussione in aula.

Scritto da Redazione GiocoNews

 

 

I ricorrenti, che chiedevano l’annullamento del regolamento approvato con deliberazione 23.4.2013, n. 21 del consiglio comunale di Genova di approvazione del “regolamento sale da gioco e giochi leciti”, denunciavano l’eccesso di potere per carenza ed erronea valutazione dei presupposti, sviamento e ponevano questioni di illegittimità costituzionale nella legge della Liguria del 2012 in riferimento alla violazione dei principi di legalità ed imparzialità dell’azione amministrativa, affidamento, semplificazione, non aggravamento, proporzionalità, ragionevolezza ed adeguatezza.

 

FONDATE DOGLIANZE SUGLI ORARI - I giudici fanno notare come “La prima eccezione di inammissibilità sollevata dal comune di Genova non è fondata: il regolamento in questione ha una portata precettiva che è in grado di incidere direttamente sulla situazione giuridica rappresentata, sì che per tale aspetto l’impugnazione è ammissibile” e scendendo nel merito delle censure sottolineano come sia fondata la doglianza dei ricorrenti circa gli orari: “La previsione di rigidi orari di apertura e chiusura serale dell’attività (con un obbligo di chiusura, peraltro, oltremodo anticipato rispetto ai limiti consentiti dalle autorizzazioni di pubblica sicurezza di cui sono attualmente in possesso le ricorrenti) non trova, infatti, alcuna copertura normativa nelle disposizioni della più volte citata legge regionale n. 17/2012”.

 

RIGIDITA' - I giudici osservano come “il Consiglio comunale non si è limitato alla fissazione dei criteri, ossia a definire gli indirizzi sulla base dei quali il Sindaco avrebbe dovuto successivamente articolare l’orario delle sale da gioco, ma ha direttamente stabilito detto orario, con una previsione di tale rigidità che il successivo intervento sindacale, pur richiesto dalla previsione contenuta nel primo periodo del comma 1 dell’art. 18 del regolamento, non potrà che riprodurre i vincoli imposti dal Consiglio”. Deriva da ciò che “la disposizione dettata dal regolamento in materia di orari (art. 18, comma 1, secondo periodo) è illegittima e va annullata”.

 

LEGITTIMA LA LEGGE REGIONALE - Invece, non è fondata secondo i giudici “la censura con cui si denuncia l’illegittimità dell’intervento normativo regionale, in quanto esso si sovrapporrebbe alla legislazione statale in argomento. Va osservato che la regione Liguria ha legiferato in argomento, prevedendo (art. 1 comma 2 della legge 30.4.2012, n. 17) che sia il sindaco a disciplinare con autorizzazione l’apertura e l’esercizio delle sale da gioco; la norma che abilita l’amministrazione civica è stata dichiaratamente introdotta nell’esercizio delle competenze legislative regionali in materia di salute e politiche sociali, cosa che l’istruttoria comunale documentata in atti evidenzia come corretta”.

 

COMPETENZA NON SOLO STATALE - Con riferimento al terzo articolato motivo con cui gli interessati denunciano innanzitutto l’illegittimità della previsione introdotta dall’art. 19 del regolamento impugnato, che sarebbe senza copertura normativa, trattandosi di un settore di esclusiva competenza statale: in fatto va osservato che la disposizione impone a chi gestisce il gioco a premi in denaro di munirsi di un’autorizzazione comunale, che si cumula a quella rilasciata dall’autorità di polizia “deve, a tal proposito, ritenersi illegittima la disposizione di cui all’art. 8, comma 2, secondo periodo, del regolamento comunale, secondo cui ‘l’autorizzazione comunale costituisce comunque condizione di esercizio dell’attività sul territorio comunale’. Ed invero, la sola interpretazione possibile di tale disposizione sembra implicare la necessità dell’autorizzazione comunale anche per le attività già esercitate sulla base di antecedenti autorizzazioni di polizia e, in tale prospettiva, essa si pone in aperta violazione del principio di irretroattività, valido anche per gli atti regolamentari. Le censure in esame vanno dunque accolte limitatamente alla declaratoria di illegittimità dell’art. 8, comma 2, secondo periodo, dell’impugnato regolamento”.

 

Quanto alla presunta illegittimità dell’art. 9 del regolamento impugnato, nella parte in cui pone divieti alla pubblicizzazione delle vincite accadute o storiche, e dell’art. 16 che inibisce ogni attività di richiamo circa l’apertura e l’esercizio delle sale da gioco, il tribunale osserva che “anche le norme regolamentari denunciate traggono la loro fonte di legittimazione dalla legge regionale più volte citata, che prevede tra l’altro (art. 2 comma 3) i divieti introdotti. Oltre a ciò la comparazione tra le disposizioni contestate e quelle previste dall’art. 7 comma 4, 4 bis e 5 del d.l. 13.9.2012, n. 158 (c.d. decreto Balduzzi) non convince circa l’illegittimità del regolamento, posto che l’orientamento del legislatore nazionale è del tutto simile a quello fatto proprio dalla legge regionale, e la censura non si sofferma a delineare le differenze tra le diverse discipline. Anche questo motivo è pertanto infondato e va disatteso”.

 

MANTENUTO DISTANZIOMETRO - I giudici intervengono anche sul quinto motivo di impugnazione, che denuncia l’illegittimità della previsione che impone una fascia di rispetto di metri trecento tra i locali in cui è possibile effettuare le giocate per cui è processo e determinati luoghi indicati come sensibili. “Il tribunale non condivide la censura, atteso che la legge regionale ha previsto che gli enti locali tengano conto del contesto e della sicurezza urbana nell’individuazione delle località in cui non sono ammissibili le sale da gioco o le postazioni per tali attività. In tal senso la norma locale si è mossa sulla scorta del ricordato potere attribuito dalla Costituzione, per cui non è possibile riconoscere alla disciplina statale la capacità di imporre soluzioni ineludibili.

 

OK LUOGHI SENSIBILI DECISI DAL COMUNE - Tanto premesso si osserva che la nozione di contesto urbano adottata dalla norma ligure è necessariamente generica, così come si addice alle leggi, e necessita di essere riempita di contenuti ad opera degli altri soggetti attributari della relativa potestà; in tal senso le osservazioni svolte in precedenza sulla natura di politica sociale dell’azione di contenimento del gioco a premi in denaro rendono ragionevoli le scelte operate dal comune e contestate dalla censura in atti. Infatti tutti i luoghi menzionati nella parte del motivo con cui si denuncia il contrasto degli artt. 7 e 19 del regolamento con la norma regionale sono meritevoli della dignità, sicurezza e tranquillità che il comune ha ritenuto non siano assicurate in caso di vicinanza dei giochi a premi in denaro, dopo aver svolto l’approfondita istruttoria sopra ricordata.

 

BENE DIVIETO IN PROSSIMITA' BANCOMAT - Di ancor più immediata evidenza è il divieto posto alla vicinanza degli apparecchi con le strutture capaci di erogare facilmente denaro, cosa che può alimentare l’inclinazione al gioco compulsivo. In conclusione anche questo motivo è infondato e va disatteso nei limiti in cui il regolamento si applicherà ai soggetti che hanno richiesto il titolo dopo l’entrata in vigore dell’atto normativo comunale”.

 

 

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