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Giochi e politica: tutto da (non) rifare

25 luglio 2022 - 07:48

La fine del governo Draghi segna anche la fine di ogni speranza per il gioco pubblico in ottica di riforme e di ogni possibile soluzione. Per un percorso da ricominciare.

Scritto da Alessio Crisantemi
Giochi e politica: tutto da (non) rifare

Tutto è cambiato, nel giro di pochi giorni, perché nulla, forse, doveva cambiare. E In effetti, siamo alle solite: con un paese in preda all’instabilità, in una situazione politica di estrema fibrillazione caratterizzata da molteplici scontri, e con gli italiani alle prese con una crisi economica quella sì, forse, senza precedenti. All’interno di questo infausto scenario si colloca anche l’industria del gioco pubblico, che nonostante le rosee prospettive delineate dal governo di Mario Draghi - tra i lavori di riordino e le manovre più “tecniche” tentate da sottosegretario Federico Freni per superare già prima la “Questione territoriale” - si ritrova nuovamente al punto di partenza. E in un certo senso, anche al punto di non ritorno. Nella più totale incertezza, senza alcuna prospettiva e senza più neppure un’ipotesi di soluzione.

La fine del governo Draghi determina quindi anche la fine di ogni speranza, per il settore. E, forse, non solo per esso. Ma tant’è. Così, in un’estate già infuocata da un meteo ostile e figlio di un cambiamento climatico ormai dirompente (a proposito di cose di cui dovrebbe occuparsi la politica), ci sarà anche una campagna elettorale che promette di essere rapida ma all’ultimo sangue e quindi destinata a infiammare ulteriormente gli animi. Ma senza che nessuno di tutti questi movimenti politici possa risolvere anche minimamente i (tanti) problemi degli italiani, che nel frattempo - al contrario - si vanno ad accrescere, tenendo conto anche del colpo che l’uscita del fedelissimo di Bruxelles, Mario Draghi, porterà sui mercati e sul termometro dello spread. A provarli a gestire, invece, almeno in parte, sarà proprio il governo uscente, nei limiti dei poteri di reggenza affidatigli dal presidente della Repubblica e dalla Costituzione, dovendo trattare gli “affari ordinari”, fino alla formazione del prossimo esecutivo, che arriverà soltanto in autunno. Anche se - va detto - nell’ordinaria amministrazione di questo particolare momento storico rientrano una serie di misure straordinarie, tenendo conto degli impegni presi dal governo uscente nei confronti dell’Europa sia sul piano economico e del riforme, che sulle politiche internazionali, pensando al conflitto in Ucraina, è impensabile che l’attuale esecutivo possa mettere mano anche minimamente agli affari correnti del gioco pubblico. Se non lo ha fatto prima, perché dovrebbe farlo adesso, è l’amara sintesi della situazione. Anche se la “moral suasion” tentata dal sottosegretario con la Conferenza Stato-Regioni potrebbe comunque innescare un meccanismo virtuoso, magari riuscendo a sminare i territori a rischio debacle (della legalità) come il Lazio. Pur sapendo che in un momento come questo nessuno vorrà compiere passi falsi - o comunque strumentalizzabili - di fronte agli elettori. Di certo non potremo veder partire la tanto attesa delega sul gioco pubblico che era sinonimo di Riordino, che non è neppure mai passata al vaglio del Consiglio dei Ministri: e anche se lo avesse fatto, tra l’altro, non avrebbe avuto neanche il tempo di sviluppare i due passaggi alle Camera prima del loro scioglimento. Con il rischio, peraltro, che possa essere vanificato anche il lavoro della Commissione di inchiesta sul gioco, nonostante le rassicurazioni fornite dal presidente Mauro Marino a GiocoNews.it, il quale intende provare a sintetizzare quanto emerso finora in una relazione che possa avere valore futuro.
Insomma, tutto sembra perduto per il gioco pubblico. Anche questa volta. E l’aspettò forse peggiore è che, anche provando a immaginare lo scenario politico del prossimo autunno, non si riesce neppure a immaginare uno scenario stabile e un clima di fiducia che possa far pensare a un’imminente riforma del gioco. Certo qualcuno, nel settore, dirà che peggio di un governo (e un Parlamento) a maggioranza “grillina”, come si è avuto in questa legislatura, non si potrà mai avere. Eppure, al peggio non c’è mai fine. Soprattutto in politica. E la caduta di questo governo, anche per le modalità con cui si è sviluppata, lo ha dimostrato chiaramente. Con quella che si era proclamata una maggioranza all’insegna della responsabilità che si è sgretolata nel peggiore dei modi, nella più totale irresponsabilità. Per un'esperienza davvero da non ripetere. La grande politica è quella delle grandi risoluzioni, sosteneva Cavour. E la nostra politica, purtroppo, ci ha abituato soltanto alle mancate soluzioni.

 

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