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Gioco pubblico: tutti lo vogliono (per fare cassa) ma nessuno lo approva

24 febbraio 2025 - 13:27

Continua il festival dell'ipocrisia in Parlamento dove il tema del gioco pubblico continua ad essere divisivo, ma solo quando si tratta di regolamentazione: mentre sulla spartizione dei proventi sembrano essere tutti d'accordo.

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Nessuno è favorevole al gioco d'azzardo, in Italia. Tutti, però, sembrano essere sensibili nei confronti della materia quando entrano in ballo gli aspetti economici e una eventuale spartizione o assegnazione dei proventi generati da questa industria: così scomoda, ma anche assai appetitosa. Questo, almeno, è il messaggio che sembra provenire - oggi più che mai - dagli ambienti politici, dove il tema del gioco torna a riaffiorare solo quando si tratta di fare cassa: allora sì che tutti si preoccupano di trovare o proporre una forma di regolamentazione sostenibile: mentre per tutto il resto del tempo non si fa altro che ignorare l'industria se non addirittura puntargli il dito contro. Il copione, lo sappiamo, è già noto ed è già stato ampiamente recitato da vari governi e attraverso varie legislature: ma in questi ultimi mesi la situazione sembra ritrovare nuova enfasi, dopo che il governo di Giorgia Meloni ha deciso di riordinare il comparto allo scopo di poter procedere con la gare per il rinnovo delle concessioni. Lo vediamo nella lunga (infinita) trattativa con le Regioni e gli enti locali dove l'unica proposta che sembra aver calmato le acque invitando tutti a una collaborazione generale è stata quella della destinazione di parte dei proventi del gioco pubblico nei confronti delle Regioni e degli Enti locali. Ma lo stiamo vedendo in maniera ancora più forte e spregiudicata dal mondo dello sport, in ottica di revisione del divieto totale di pubblicità del gioco introdotto dal Decreto dignità, che ora tutti si preoccupano di smantellare, per generare nuove entrate da destinare alle attività sportive. Ma sempre con uno sguardo attento contro la ludopatia, per carità: non serve neanche dirlo. 
A distanza di anni dall'introduzione del tema del riordino generale del comparto e dopo mesi di discussioni a tutti i livelli, dunque, si continua a dare la precedenza alle casse invece di guardare alla sostenibilità delle riforme e, soprattutto, alla loro applicabilità. E come sempre accade in Italia, tutto si risolve con l'introduzione di provvedimenti spot, spesso raffazzonati se non addirittura maldestri, che mirato a portare qualche soldo da qualche parte, finendo però col creare nuovi e ulteriori effetti collaterali all'interno dell'industria, creando nuovi squilibri e lasciando problemi irrisolti. Invece di preoccuparsi di intervenire in maniera organica, sistemica, generale e duratura con una riforma complessiva del comparto, come vorrebbe lo logica, ma come imporrebbe anche la legge delega, introducendo appunto l'obiettivo del riordino.
La speranza, dunque, è che si possa arrivare prima possibile a questo ambizioso obiettivo della riforma generale del comparto, non soltanto per risolvere una volta per tutti i vari problemi che affliggono l'industria e che si riflettono inevitabilmente anche sui consumatori: ma anche per scrivere la parola fine su questo continuo scempio perpetrato dalla politica nei confronti del settore. E per sgombrare il campo da questo fitto alone di ipocrisia che continua a caratterizzare le politiche sui giochi.

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