skin

Intrattenimento: vietato (vietare) ai minori

27 febbraio 2023 - 10:51

La proposta di legge in Toscana contro le ticket redemption ai minori porta di nuovo sgomento (e scompiglio) nell'industria del gioco pubblico, creando un nuovo paradosso.

Amusement_spirale.jpg

Ci risiamo. Ancora una volta siamo di fronte all'assurdo. Un paradosso del legislatore, come ci è già capitato di chiamarlo in passato. Ma, purtroppo, non è neppure l'unico. Non quando si parla di gioco pubblico, di fronte al quale gran parte della politica e degli amministratori locali sembra abbandonare completamente il buon senso. O, quanto meno, sembra mettere da parte ogni pragmatismo, inseguendo chissà quali spettri, promettendo di tutelare la cittadinanza. Questa volta accade in Toscana, dove a subire un'attacco – ancora una volta – sono i giochi di “puro intrattenimento” e, più in dettaglio, le “solite” ticket-redemption, accusate di voler coltivare i bambini all'azzardo. Leggendo il testo della proposta di legge presentata in Regione Toscana dal Partito democratico, a firma della consigliera Anna Paris, si legge chiaramente la volontà di vietarne l'uso ai minori, identificando tali apparecchi come "quelle macchinette da gioco che si trovano principalmente in sale giochi, centri commerciali e parchi divertimento e che, al termine di ogni partita, rilasciano ticket (tagliandi) da scambiare con premi come braccialetti, portachiavi, cuffie, gadget di vario genere". Ovvero, tanto per intenderci, si sta proponendo di vietare ai minori quegli apparecchi da gioco destinati unicamente ai minori. Poco importa, dunque, se questo tipo di macchine siano utilizzate in gran parte del mondo, senza controindicazioni né tanto meno senza dover subire attacchi da parte di politica e istituzioni. E a nulla serve sapere che anche in quegli Stati più ostili e refrattari al gioco d'azzardo, come per esempio gli Stati Uniti – dove non esistono Awp nei bar e dove fino a un paio di anni fa non si poteva neppure scommettere online – questo tipo di giochi per minori sono più che diffusi e apprezzati da tutte le famiglie. O, meglio, saperlo aiuterebbe di certo: peccato che nessuno si preoccupi di studiare il contesto che intende legiferare o quando meno di acquisire un minimo di informazioni prima di adottare o proporre provvedimenti di un certo tipo.
Eppure, va detto, lo scopo sarebbe più che nobile e, in questo senso, da ritenere condivisibile. Mettendo avanti la prevenzione, la tutela, la slavaguardia e via discorrendo. "La prevenzione inizia dai più giovani - è lo slogan che accompagna l'iniziativa legislativa toscana – con queste disposizioni rafforziamo ulteriormente il nostro impegno per contrastare e ridurre il rischio della dipendenza da gioco d’azzardo a partire dalle fasce più esposte e più fragili. Il rischio dell’utilizzo di queste macchinette da gioco da parte dei giovanissimi è che il meccanismo gioco-vincita diventi normalità e quindi che il minore rischi di cadere in un meccanismo meccanico mentale che lo avvicina sempre più all’azzardo. I ragazzi infatti ancora non hanno sviluppato un’autonomia psichica e quindi il rischio che insorga una dipendenza patologica è ancora più reale e importante”.
Diciamola tutta: non si tratta della prima richiesta di questo tipo circolata nelle sedi istituzionali dei vari territori, nel nostro paese e non si tratta certo di voler additare la consigliere in questione per tale proposta. Sta di fatto però che questa nuova richiesta arriva dopo un determinato percorso che era stato proposto e avanzato dall'industria, per provare a sensibilizzare la politica su certi temi, visto l'approccio ormai sistematicamente sbagliato, poiché approssimativo, adottato nei confronti del settore, compreso quello del cosiddetto “Amusement”. Proprio per questo, ormai qualche anno fa, gli operatori del settore attraverso le organizzazioni di categoria, e il coinvolgimento anche di organi internazionali come la fedeerazione Euromat, avevano commissionato uno studio all'Università Roma Tre, chiedendo i analizzare l'offerta di gioco di puro intrattenimento e le eventuali connessioni con il gioco d'azzardo o con qualunque atteggiamento deviante. E tale studio aveva rivelato chiaramente che non c'è correlazione fra l'uso di ticket redemption e lo sviluppo di una dipendenza dal gioco.  
Ma al di là degli studi (fondamentali, comunque) basterebbe anche una minima esplorazione del tema per rendersi conto di cosa si sta davvero parlando. Che il meccanismo premiale insito nelle cosiddette “operazioni a premi” che accompagnano le ticket redemption, prevedendo una ricompensa ai giocatori basata sulla loro partecipazione al gioco e strettamente legata alla loro abilità (più sei abile nel gioco, più ticket ottieni, più “grande” è il premo, pur rimanendo entro la sfera di oggeti di valore modesto), permetta di vincere, è un fatto. Ma proprio perchè questa vincita è legata all'abilità e non alla sorte, dovrebbe essere evidente che non si tratta di azzardo, per definizione. Se invece ci si vuole focalizzare unicamente sulla vincita e, dunque, sulla premialità, allosa si finirebbe col considerare azzardo anche il premio che un genitore regala ai propri figli quando ottengono un bel voto a scuola. Sei stato bravo, hai vinto un premio, quindi è azzardo. Ma davvero vogliamo ridurre a questo la nostra esistenza? Davvero vogliamo che lo Stato intervenga su qualunque istante della nostra vita imponendo regole, restrizioni, sanzioni, svolgendo il ruolo di supplente delle famiglie? Se anche questo vi sembra un “azzardo”, fate pure. Ma ciò che qui interessa è suscitare una riflessione. Anzi, due. Non solo dal punto di vista tecnico e amministrativo, parlando di macchine da gioco e di politica, ma anche da quello morale. Possibile che nessuno arrivi a considerare il fatto che quell'esperienza di gioco proposta attraverso le ticket redemption è rivolta alle famiglie e, quindi, ai minori, che la possono provare accompagnati dai propri genitori o parenti. Non è un caso, infatti (ma nessuno di preoccupa di approfondire tali aspetti), che questi apparecchi da gioco si trovano esclusivamente nei Fec: ovvero, “Family entertainment center”, cioè Centri di intrattenimento per famiglie. Non nei bar. Non nelle scuole, non nei luoghi di prossimità. Ma in ambienti specializzati e aperti le famiglie. Ecco quindi che quell'esperienza di gioco che contiente quella (minimia) premialità, è vissuta dai bambini insieme ai genitori e ai famigliari. Ed è qui che entra in gioco l'aspetto pedagogico, che sempre dimentichiamo. Spetta quindi alla famiglia (far) adottare un atteggiamento prucente, sano, prudente, non eccessivo e tutto ciò che si vuole, ai propri bambini di fronte a un gioco e rispetto a una vincita. Quale modo migliore - ci sarebbe da chiedere ai detrattori, ribaltanto il discorso proibizionista – per introdurre una persona a un atteggiamento sano proprio di fronte all'intrattenimento e alle vincite se non quello di abituarlo da bambino, facendogli vivere insieme ai genitori un'esperienza di gioco sana? Meglio invece tenerlo lontano da qualunque forma di gioco per la prima parte della sua esistenza, protetto da una sorta di campana di vetro e anti-azzardo, per poi fagli scoprire da sé il mondo del “gambling” quando si troverà bombardato da qualche offerta online, o da proposte illegali o border line di altro genere?
Sembra assurdo, ma tant'è. E a stupire di più chi, invece, certi temi li conosce bene e gli addetti ai lavori del comparto del gaming, è l'atteggiamento diametralmente opposto e completamente cieco, neppure miope, che si adotta rispetto ad altre offerte rivolta ai consumatori, quelle sì decisamente preoccupanti. Anche se nessuno sembra volersene occupare, chiedendo interventi o restrizioni. E' il caso, per esempio, del trading online. Una pratica sempre più diffusa, che rappresenta di fatto una sorta di azzardo, perché invita i consumatori a “puntare” i loro risparmi per provare a vincere dei ricavi. Spesso con meccanismi informatici non ben identificati e, purtrppo, con molti sistemi truffaldini. Ne è una prova il bilancio appena diffuso dalla Polizia postale e relativo al 2022, nel quale si evidenzia il raddoppio del valore dei raggiri e dei casi segnalati nel trading online. Secondo il bilancio della Polizia specializzata, ammontano a 93,3 milioni le somme sottratte con il falso trading online per complessivi 3.057 casi. Numeri raddoppiati rispetto al 2021 quando le somme furono pari a 46,6 milioni e i casi 1.652. Quando parliamo di casi si intendono fascicoli che hanno dato vita a un procedimento: derivano non solo dalle denunce ma anche da sviluppi di indagini che si muovono su semplici segnalazioni dei cittadini o da evidenze acquisite da operatori della Polizia. E ciò che è peggio è che i truffatori si muovono con strutture sempre più organizzate sfruttando spot ingannevoli. Dalle telefonate sospette alle pubblicità online in tv (e negli stadi, addirittura..), dice la Polizia postale, le truffe stanno diventando sempre più strutturate, con vere e proprie organizzazioni criminali e cifre in ballo sempre più elevate. A scapito di ignari cittadini, che abbagliati da facili guadagni, si ritrovano poi a vivere un vero incubo. 
Ma tutto questo avviene alla luce del sole. Senza che nessuno si indigni, si impegni o proponga restrizioni. Mentre la politica si preccupa di vietare ai minori i giochi per minori. E, peggio ancora, mentre è stata vietata ogni forma di pubblicità e comunicazione del gioco d'azzardo nel nostro paese, lasciando libera di proliferare quella del trading, delle criptovalute e di altre diavolerie, che ora hanno campo libero per farsi conoscere e dilagare. Per un autentico capolavoro italiano, altro che paradosso.

Altri articoli su

Articoli correlati