Diciamo la verità: quando si tratta di gioco con vincita in denaro e di regolamentazione, al peggio non sembra mai esserci fine. E il concetto - anche se in Italia trova forse la sua massima espressione – potrebbe essere esteso praticamente a livello globale. Tra i casi relativi ai vari paesi europei e del mondo, chi più e chi meno, ci si trova spesso davanti a interventi drastici o levate di scudi, quasi sempre dettate da logiche populiste o puramente ideologiche, e solo poche volte frutto di approcci completi, scientifici, guidati da dati e studi concreti che possano indirizzate i legislatori – e, di conseguenza, l'opinione pubblica e i media – verso scelte e punti di osservazioni informati, opportuni, consapevoli. Eppure – e per fortuna – ci sono delle eccezioni, con e delle case history di interesse che vale la pena approfondire e osservare.
Una prova concreta è arrivata nei giorni scorsi da Amsterdam, in occasione dell'evento iGBLive di Clarion, il quale ha fornito un'utile piattaforma di discussione internazionale su questi temi, mettendo in luce proprio gli aspetti sopra indicati. Partendo per esempio dal recente divieto di pubblicità appena introdotto dai governi di Belgio e Olanda, il quale dimostrebbe che, purtroppo, anche nel gioco tutto il mondo è paese. Ma non è proprio così. In effetti, nonostante il primo dei due stati nordeuropei abbia fornito un pessimo esempio di gestione del gioco pubblico (reso ancora più grave, a dirla tutta, dal fatto che proprio il Belgio era stato un paese avanguardista introducendo un modello di regolamentazione unico nel suo genere) adottando un divieto totale di pubblicità e comunicazione nei confronti del settore che richiama alla lettera l'assurda legge italiana, con tutte le sue criticità e storture, per quanto riguarda i Paesi Bassi, invece, l'adozione di nuove restrizioni sulla promozione dei giochi di azzardo evidenzia ancora una volta il pragmatico del legislatore locale e, soprattutto, la completa attenzione alle varie dinamiche economiche, sociali e di mercato, senza lasciarsi guidare unicamente dagli istinti e dalla “pancia”, come si suol dire in questi casi. In Olanda non c'è dunque un divieto totale e indiscriminato, bensì una restizione netta e radicale, ma decisamente mirata al cuore della materia: circoscrivendo dunque il perimetro delle restrizioni alle pubblicità “non mirate”, cioè quelle che non permettono di individuare un target ben definito al quale, invece, si potrà continuare a parlare di gioco. Confermando così l'approccio fortemente attento alle libertà individuali tipico di quel paese, al di là del gioco. Eppure, è proprio questo il punto e la vera virtù dell'Olanda, guardandola dall'esterno, essendo uno dei pochissimi casi in cui il gioco non fa eccezione, con il legislatore che adotta nei confronti di tale settore lo stesso approccio adottato per gli altri comparti economici e produttivi. Senza però dimenticare l'attenzione al consumatori, anzi. E neppure il ruolo del regolatore, che viene anzi messo sempre più al centro del processo di regolazione e controllo.
Ma non si tratta però dell'unico caso (positivo) degno di nota. Un altro arriva dalla vera patria del gioco, ovvero il Regno Unito, dove non si può senz'altro fare a meno di osservare il lungo dibattito che si è scatenato negli ultimi anni “contro” l'eccessiva diffusione e penetrazione del settore che ha coinvolto da vicino l'opinione pubblica oltre ai media e alla politica, causando qualche disagio all'industria: ma anche in questo caso, va detto, la situazione sembra essere gestita in modo piuttosto pragmatico e, soprattutto, attraverso un approccio scientifico. Che non dimentica – anche qui – il ruolo del regolatore, esaltandone anzi le peculiarità e funzionalità. Per affrontare in maniera idonea la complessità di una materia così ampia e delicata qual è quella del gioco a vincita, occorre approfondire il settore, ricercre e studiare i dati che ne caratterizzano la distribuzione e l'impatto sulla società. Utilizzando anche i nuovi strumenti e le nuove tecnologie. Ma senza mai prescindere dal confronto e dal ruolo della stessa industria che per poter adottare soluzioni idonee deve essere responsabilizzata e non discriminata.
Proprio per questo il governo britannico, annunciando la prossima riforma del gioco, ha avviato un lungo percorso di analisi, studio e concertazione che dovrà portare a una nuova regolamentazione del comparto che possa rivelarsi equa e sostenibilie. Per tutti. Pur essendo intervenuto comunque, in precedenza, con qualche correttivo allo scopo di “sminare” i territori e calmierare le polemiche, per esempio intervenendo sulla puntata delle Fobt, l'equivalente delle nostre Vlt. Ma nel processo di riforma, l'intenzione è quella di non trascurare alcun dettaglio nella trattazione del tema: come ci ha spiegato in maniera completa Ewa Bakun nel suo ultimo articolo pubblicato su questo giornale, in cui si parla di regolamentazione (anche) del Gaming Design.
Ma l'aspetto forse più interessante del processo di regolamentazione del Regno Unito, come si può ricavare leggendo le varie notizie che provengono dall'isola e le diverse proposte dei diversi stackeholder è proprio la responsabilizzazione dell'industria che sebra scaturire da questo iter legislativo. Con una serie di misure anche restrittive che vengono avanzate dalla filiera (non è un caso neppure la creazione della Customer Protection Zone all'interno degli eventi della stessa Clarion), la quale dimostra senz'altro maturità, ma anche l'esigenza di una piena sostenibilità. Che è proprio quello che viene spesso invocato e auspicato anche in Italia. Con la differenza che da noi, la concertazione, appare ancora difficile e, prima ancora, la completa unione e collaborazione da parte dell'intera filiera. Ma anche su questo fronte qualcosa sembra iniziato a cambiare: soprattutto dopo la disponibilità offerta dall'attuale esecutivo nel mettere mano alla riforma generale del comparto, con il sottosegretario all'Economica con delega alla materia, Sandra Savino, che non a caso ha invitato l'intera filiera a confrontarsi, invitandola a una sintesi generale.
L'auspicio, dunque, è che i venti di saggezza che soffiano dal Nord Europa (Belgio escluso, d'ora in poi) possano riuscire a rinfrascare il clima interno al nostro settore, fino ad oggi infuocato dalle incursioni populiste di una determinata politica, ma anche dai rancori e dagli interessi di bottega interni alla filiera, che ora più che mai devono essere messi in secondo piano. Altrimenti, continuando come prima, prima o poi non ci sarà più un comparto da regolamentare.