Il gioco pubblico tra parità di genere e una duplice discriminazione
Mentre il gioco rimane chiuso e le donne aspettano di incontrare il premier, il settore si scontra con altre (gravi) discriminazioni: celate o evidenti che siano.
Diciamo la verità: se c'è un settore di fronte al quale la politica applica una perfetta parità di genere è senz'altro quello dei giochi. Continuando cioè a ignorare allo stesso modo sia gli uomini che le donne che appartengono al settore. Questo, almeno, consentendoci la provocazione, è quanto è avvenuto - più o meno sistematicamente - fino ad oggi, attraverso un atteggiamento ostile perpetrato nel tempo, di governo in governo, nei confronti del comparto.
Ora però il premier Giuseppe Conte ha l'opportunità di smentirci. Dando seguito a quella “mezza promessa” di incontro rivolta ieri alla promotrice del movimento di protesta, tutto femminile, che ha pacificamente (e con tanto di omaggi floreali) occupato la piazza di Montecitorio. In un'iniziativa che è riuscita a trasmettere la grave difficoltà in cui si trova l'intero comparto e, al tempo stesso, la difficile situazione che - al di là delle nostre provocazioni - si trovano a vivere realmente le donne che lavorano in questo settore. Quali vittime di una duplice discriminazione: subendo le varie difficoltà che affrontare oggi tutte le donne lavoratrici, a cui si aggiungono gli ulteriori ostacoli a cui vanno incontro gli operatori del gioco. Per un mix che diventa a dir poco letale, in tempi di pandemia.
Al punto che la tematica è stata portata sotto i riflettori (sia pure timidamente) anche da qualche deputato che ha pensato bene di citare il caso delle donne del gioco anche sugli schermi televisivi, dove la materia non trova normalmente grandi spazi di conversazione.
Eppure il gioco pubblico, nella sua globalità e unione di genere, si trova a vivere e a subire un'ulteriore discriminazione. Anzi, altre due. La prima è quella che abbiamo tutti sotto gli occhi da qualche mese, da quando cioè il governo ha iniziato a dettare la linea delle chiusure durante la gestione emergenziale della pandemia, mettendo le attività di gioco in secondo piano (e in ultima posizione) rispetto a ogni altro settore economico del nostro paese. L'unico comparto che non sembra neppure meritare neppure un dibattito o una discussione aperta sull'ipotesi di adottare altri tipi di restrizioni, come le fasce orarie, o geografiche od ogni altro tipo di limitazione che non sia la chiusura totale e senza condizioni.
La seconda discriminazione, però, è se possibile ancora più grave anche se ad oggi appare ancora meno evidente. Si tratta cioè della disparità di “trattazione” (e non ancora di “trattamento”, almeno per ora) tra la materia gioco pubblico e quella del gioco “diversamente pubblico”, come potrebbe essere considerata quella che passa attraverso le case da gioco italiane. Ovvero, i tre casinò del Nord della Penisola (Saint-Vincent, Sanremo e Venezia) per i quali, a differenza degli altri giochi (direttamente) di Stato, si susseguono le prese di posizione da parte di politica (sia di maggioranza che di opposizione) e istituzioni. Regioni comprese. Ovvero, anche quelle stesse componenti del sistema che si trovano a contestare il gioco pubblico, esercitando un potere non pienamente riconosciuto, che ha portato all'annosa Questione territoriale e all'espulsione del gioco legale da tanti territori, si trovano in qualche caso d'accordo con la concessione di eventuali condizioni particolari per la riapertura dei casinò.
Ciò vale, almeno, per le Regioni che sono direttamente coinvolte nella gestione di queste strutture (Liguria, Veneto e Valle d'Aosta), ed appare pure comprensibile, vista la partecipazione diretta o indiretta (cioè attraverso i comuni, come avviene per Sanremo e Venezia) nelle stesse società. Al punto che nessuno sembra ritenere inverosimile pensare a una riapertura delle case da gioco proprio nel momento in cui tutto il resto del gioco viene tenuto con le saracinesche abbassate. Anzi, a dirla tutta, nelle scorse ore è stato addirittura approvato un Ordine del giorno alla Camera - nell'ambito della discussione in Aula alla Camera del disegno di conversione in legge del Dl Natale - che impegna il Governo "ad adottare tutte le iniziative necessarie, al fine di prevedere in tempi rapidi la riapertura dell'attività del Casinò di Sanremo”.