Accertamenti fiscali ai gestori, occhio alle motivazioni
Tra le migliaia di avvisi di accertamento inviati dall’Agenzia delle Entrate ai gestori di apparecchi, molti sono da ritenersi illegittimi.
Sono sempre più frequenti gli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate e indirizzati ai gestori di apparecchi da intrattenimento, con i quali gli Uffici rettificano i ricavi dichiarati e conseguentemente il reddito imponibile del contribuente. In molti casi le motivazioni addotte negli avvisi, risultano carenti od inesistenti, limitandosi ad una generica informativa raccolta presso l’Anagrafe Tributaria in merito ai compensi comunicati dai concessionari di rete di riferimento per gli anni oggetto dell’accertamento.
Purtroppo, come già ampiamente trattato in questa rubrica, quantomeno fino all’anno 2014 (anno di uscita della Circolare delle Entrate sulle “Nuove metodologie di controllo” da applicarsi al settore delle Sale Giochi e Biliardi), i dati dei compensi dei “terzi incaricati”, certificati da numerosi concessionari, risultavano aggregati per gestori ed esercenti, senza ripartizione delle rispettive quote, nonché gravati dei cosiddetti imponibili forfettari (importi prefissati dall’Amministrazione ai fini dell’assolvimento del Preu, in caso di mancata lettura degli apparecchi e non dei compensi della filiera), “scaricando” pertanto nei rendiconti valori ben superiori a quanto effettivamente percepito dagli operatori. Tali avvisi, privi di motivazioni, devono ritenersi illegittimi. Si ricorda infatti che, per l’ordinamento tributario, tra i vari requisiti che un avviso di accertamento deve avere per affermare la propria legittimità vi è la corretta motivazione. Come previsto dall’art. 7 della Legge 212/2000 (“Statuto del Contribuente”), gli avvisi di accertamento devono, a pena di nullità essere motivati in relazione ai presupposti di fatto e di diritto che hanno condotto alla maggiore pretesa. La funzione della motivazione è quella di rendere immediatamente chiari i ragionamenti (di diritto e di fatto) che stanno alla base della pretesa. È sicuramente da rigettare la tesi che vede l’avviso di accertamento come provocatio ad opponendum, ossia come atto la cui funzione è stimolare il contribuente ad agire in giudizio, avendo compreso solo per sommi capi quale potrebbe essere l’oggetto della pretesa (Cassazione, 17.10.2014 n.22003). Al contempo, poi, è di vitale importanza il principio fondamentale sancito dall’art. 2697 c.c. il quale prevede che “chi vuole far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento” (vedi Cassazione 4.4.2012 n.5374). E’ quindi l’Ufficio che deve attentamente e dettagliatamente provare la propria pretesa; in mancanza gli avvisi non soddisfano i principi fondamentali sopra individuati e quindi devono essere considerati nulli per difetto di motivazione e di prova.
Per esemplificare, si riporta il caso di alcuni avvisi di accertamento in cui l’Agenzia ha motivato la propria pretesa facendo, come detto, un semplice richiamo a informazioni pervenute dalla Direzione Centrale e limitandosi a riportare un sintetico prospetto di (presunti) compensi percepiti dai gestori, senza nulla dire in relazione al procedimento di calcolo analitico che ha portato a detti valori di sintesi e senza alcun esplicito e dettagliato riferimento agli apparecchi da intrattenimento presi in considerazione al fine della ricostruzione dei ricavi. In particolare non è stato indicato se gli apparecchi considerati figuravano collegati oppure no alla rete del concessionario (e dunque se e per quanto gravati da imponibili forfettari) né tantomeno è stata riportata la quota di spettanza del gestore (al netto della quota riservata agli esercenti). A parere di chi scrive, tale fattispecie configura una evidente carenza di motivazione e prova e quindi una probabile dichiarazione di nullità dell’avviso di accertamento in sede contenziosa.