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Olanda conferma restrizioni su pubblicità gioco: un esempio per l'Italia, non una prova

21 aprile 2023 - 10:31

Il governo olandese conferma la linea approvando definitivamente il divieto sulla pubblicità “non mirata del gioco” d'azzardo a partire dal 1° luglio 2023. Ma la differenza con l'Italia è evidente.

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Il governo ha deciso: a partire dal prossimo luglio sarà vietato ospitare promozioni sul gioco d'azzardo alle stazioni radiofoniche e televisive, così come per i cartelloni pubblicitari che si trovano nelle strade. Stiamo parlando dell'Olanda, però, non dell'Italia: dove il diveto di pubblicità del gioco a vincita, da noi, è in vigore già dal 2018, con l'introduzione del famigerato Decreto Dignità, emanato dal governo Conte 1 e fortemente voluto dalla maggioranza di allora, a matrice 5 Stelle. E se qualcuno potrà leggere la notizia come una conferma della “bontà” di quelle misure “anti-gioco” introdotte in Italia, che vengono ora imitate anche in altri paesi, dovrà subito ricredersi e cambiare drasticamente opinione. Sì, perché la linea introdotta dagli olandesi, oltre a mostrarsi piuttosto pragmatica, sembra essere anche molto più sostenibile e – diciamolo pure – molto più sensata, rispetto a quella tricolore. Anzitutto perché, in Olanda, dopo un periodo transitorio, anche la sponsorizzazione di altri giochi con vincita in denaro, ad esempio da parte di programmi televisivi o società sportive, rientrerà nell'ambito di competenza e, quindi, nelle restrizioni governative. Superando così l'insostenibile (e insopportabile) disparità di trattamento creata dal legislatore italiano, che vede (ancora) oggi l'impossibilità di promuovere ogni tipo di gioco “d'azzardo” su qualunque mezzo, mentre continuano a spopolare in Tv giochi a premi o concorsi o quiz che promettono vincite, anche milionarie. Oltre alla Lotteria Italia, che è l'unico gioco tra quelli gestiti dal Monopolio, che può essere promosso ovunque, come se non fosse a vincita. In Olanda, invece, tutto questo non accade e non può accadere. Anzi. Il ministro olandese per la protezione legale, Franc Weerwind, ha spiegato che mentre alcune pubblicità sul gioco d'azzardo sono "necessarie", in particolare per trasmettere percorsi sicuri e legali, il governo mira a proteggere i "gruppi vulnerabili" con il divieto. "Con questo divieto, i gruppi vulnerabili, in particolare i giovani, entrano meno in contatto con queste pubblicità e limitiamo la tentazione di partecipare a giochi d'azzardo ad alto rischio", ha aggiunto Weerwind.
Sarà quindi consentita - in Olanda - la pubblicità tramite Internet, social media, e-mail e televisione su richiesta, ma i fornitori dovranno impedire attivamente che le promozioni raggiungano le persone di età inferiore ai 24 anni o i gruppi vulnerabili. Il governo olandese richiede anche la prova che almeno il 95 percento della pubblicità raggiunga persone di età pari o superiore a 24 anni. E laddove la pubblicità del gioco d'azzardo dovesse essere mostrata su queste piattaforme, i consumatori devono avere la possibilità di scegliere di rinunciare a vedere tali pubblicità in futuro.
Il governo olandese ha anche annunciato che l'efficacia dei nuovi regolamenti sarà comunque rivista nel 2024. Anche per valutare gli effetti di tale impostazione, sul mercato e sui consumatori, provando a modificare il tiro nel caso in cui dovessero rivelarsi delle distorsioni o delle anomalie.
Insomma, una linea dura, senz'altro, ma un approccio che si rivela concreto, di buon senso, tecnicamente sostenibile. Decisamente diverso da quello adottato  - ahinoi – dal governo italiano dell'epoca, che nessun governo successivo è riuscito però a modificare. Anche se l'attuale esecutivo, guidato da Giorgia Meloni, ci ha provato, attraverso il Ministro per lo sport Andrea Abodi, il quale (lui sì, con grande concretezza) ha sempre dichiarato l'inefficacia di tali misure eccessivamente restrittive e la loro insostenibilità, per il mondo dello sport, più che per l'industria del gaming. Anche se, da questa parte, gli effetti dannosi sono comunque altri. Come la distorsione – enorme – in termini di concorrenza e libero mercato introdotta dal divieto di pubblicità, visto che un nuovo operatore non potrebbe mai proporsi sul mercato e pensare di competere con i brand già affermati, non potendo fare alcuna attività di comunicazione. Senza contare, peraltro, il danno a livello di sicurezza, ordine pubblico e contrasto all'illegalità provocato dal divieto di pubblicità italiano, visto che l'assenza di comunicazione dei brand di gioco legale – i quali, ricordiamo, offrono servizi di intrattenimento in nome e per conto dello Stato, essendo concessionari – li rende indistinguibili da quelli illegali, ancora molto presenti, e soprattutto in Italia, online e non solo. 
Ecco quindi che, il caso dell'Olanda, non è affatto una conferma della linea dura italiana, bensì una smentita, che dovrebbe fungere da esempio per il nostro legislatore, dimostrando quanto sia sbagliato, pericoloso e assurdo il nostro “totally adv ban”: per un chiaro invito a intervenire, con delle modifiche. Provando, anche noi, a usare del buon senso e non mettendo avanti le ideologie o chissà cos'altro. Se questo fosse l'approccio utilizzato dal legislatore nazionale per trattare la materia del gioco, allora forse si potrebbe arrivare a una soluzione davvero sostenibile, per tutti: che non passa quindi per la cancellazione totale del divieto e al ritorno al passato, dando una sorta di “liberi tutti” sul tema della pubblicità, ma introducendo, semmai, delle restrizioni, anche rigide, ma con le dovute distinzioni. Con limiti ben chiari e definiti, ma consentendo ciò che è giusto, utile e necessario. Esattamente come stanno facendo in altri paesi. Olanda in testa. Mentre da noi, a luglio prossimo, si celebreranno i 5 anni di diveto di pubblicità. Ma a festeggiare non sarà nessuno, stavolta. Perchè se il Decreto Dignità non ha cancellato la povertà, com'era evidente fin dal primo momento, non ha cancellato né il gioco, né l'illegalità: ma solo diverse entrate per lo Stato, oltre che per lo sport, la cultura e per il sociale, attraverso le mancate sponsorizzazioni, visto che dopo l'introduzione del divieto sono saltate delle concessioni, con operatori che hanno dovuto rinunciare ad entrare nel nostro mercato e si sono persi investimenti notevoli da parte di gruppi internazionali. Ma anche questo era piuttosto evidente, fin da principio. Come lo era, forse, anche il destino di quel governo, tenendo conto delle scelte di allora: anche se il decreto Dignità, almeno nella parte relativa ai giochi, è una delle pochissime misure emanate da quell'esecutivo che continua ad essere vigente. E anche questo è un fatto. 

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