“Deve ritenersi inficiato dal vizio di ultrapetizione il capo di sentenza con cui il giudice di primo grado ha annullato 'con effetti limitati al 10 e Lotto e al Gratta e Vinci, in relazione all’interesse fatto valere in giudizio, le norme del Regolamento che prevedono l’introduzione di fasce orarie (art. 5) e il divieto di installazione di apparecchi o distributori automatici all’esterno degli esercizi (art. 4 comma 4)'; conseguentemente, il ricorso in appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado deve essere respinto”.
Così il Consiglio di Stato accoglie l'appello proposto dall'Azienda speciale risorsa sociale Gera D'Adda e dal Comune di Spirano contro la sentenza con la quale il Tar Lombardia nel 2022 ha accolto in parte il ricorso di primo grado, proposto dalla Federazione italiana tabaccai e da un esercente, e conseguentemente ha annullato, con effetti limitati al “10 e lotto” e al “gratta e vinci”, le norme del regolamento approvato dal Comune in provincia di Brescia per il contrasto al fenomeno del gioco d’azzardo patologico derivante da forme di gioco lecito, che prevedono l’introduzione di fasce orarie (art. 5) e il divieto di installazione di apparecchi o distributori automatici all’esterno degli esercizi (art. 4, comma 4).
Secondo gli appellanti, il Tar Lombardia “sarebbe incorso nella violazione del principio della domanda e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, di cui all’art. 112 c.p.c., laddove ha esaminato un complesso di questioni riconducibili al corretto esercizio in concreto del potere, ancorché dette questioni non fossero state individuate dalle parti ricorrenti. Alcune delle questioni esaminate dal giudice di primo grado non potrebbero nemmeno essere considerate implicite, non essendo connesse con nessuna delle censure espressamente formulate, le quali concernerebbero la delimitazione del perimetro del potere regolamentare esercitato dal Comune (dal cui ambito esulerebbero, secondo la prospettazione dei ricorrenti in primo grado i giochi del 'gratta e vinci' e del '10 e lotto')”.
Inoltre, “le amministrazioni appellanti hanno censurato i capi di sentenza con i quali è stata parzialmente accolta la domanda di annullamento degli atti impugnati. Sostengono che non siano condivisibili, nel merito, le considerazioni espresse nel paragrafo 21, che hanno portato all’annullamento delle limitazioni agli orari per i giochi in questione ('gratta e vinci'; '10 e lotto'), in quanto produttive solo dell’effetto di far confluire i giocatori sul gioco del lotto (che non è oggetto di regolamentazione).
Le considerazioni espresse dal Tar si porrebbero in contrasto con l’art. 50, comma 7, del Tuel, che, nella sua interpretazione evolutiva, porterebbe invece a riconoscere in capo ai Comuni il potere di regolamentare gli orari delle attività di gioco lecito per esigenze legate alla tutela della salute.
Evidenziano che le limitazioni orarie all’uso dei giochi hanno una funzione preventiva rispetto allo sviluppo delle c.d. 'ludopatie'; conseguentemente, l’applicazione di tali limitazioni orarie al '10 e lotto' e al 'gratta e vinci' sarebbe strettamente connessa al riconoscimento in capo ai Comuni del potere regolamentare di cui all’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267/2000”.
In risposta all'appello, i giudici del Consiglio di Stato evidenziano che “dalla analisi della motivazione della sentenza impugnata emerge che il giudice di primo grado si è soffermato su argomentazioni e considerazioni che non trovano un riferimento, implicito o esplicito, nelle censure formulate dalle parti ricorrenti (in primo grado), il cui perimetro è quello sopra indicato; sulla base di tali argomentazioni e considerazioni, il Tar Brescia è pervenuto alla decisione di accogliere in parte la domanda di annullamento del regolamento impugnato (nei sensi sopra indicati).
La decisione di annullamento parziale del regolamento comunale è dunque affetta da vizio di ultrapetizione, in quanto il giudice di primo grado ha posto alla base della decisione di accoglimento parziale della domanda di annullamento censure non espressamente formulate dalle parti ricorrenti né desumibili in via deduttiva dai vizi denunciati”.