Tassa 500 milioni, Corte costituzionale: 'Tar valuti legittimità'
La Corte costituzionale rimette al Tar Lazio valutazioni su legittimità costituzionale della tassa dei 500 milioni introdotta con legge di Stabilità 2015.
"In questa situazione così profondamente modificata in melius − sia per i concessionari, inizialmente obbligati (dalla disposizione censurata) essi soli per l’intero ed ora (in forza della disposizione sopravvenuta) obbligati unitamente a tutti gli altri operatori della filiera, tenuti anch’essi in misura proporzionale ai compensi contrattuali del 2015; sia per gestori ed esercenti, inizialmente tenuti a riversare l’intero ricavato delle giocate, senza possibilità di trattenere il compenso loro spettante, ed ora obbligati anch’essi, ma solo in misura proporzionale ai compensi contrattuali del 2015 − è mutato, di conseguenza, anche il presupposto della non manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalità, sicché si impone la restituzione degli atti al giudice rimettente per valutare, in tutti i giudizi a quibus, se permangano, o no, ed eventualmente in quali termini, i dubbi di legittimità costituzionale originariamente espressi nell’ordinanza di rimessione".
Il Tar rimettente ritiene che la disposizione censurata si ponga in contrasto con l’art. 3 Cost., sotto il profilo della violazione del principio di ragionevolezza per contraddittorietà intrinseca della disposizione, in quanto l’intervento legislativo ‒ avvenuto in dichiarata anticipazione del più organico riordino della misura degli aggi e dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera, nell’ambito della rete di raccolta del gioco per conto dello Stato, ed in attuazione dell’art. 14, comma 2, lettera g), della legge 11 marzo 2014, n. 23 (Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita), che prevede la 'revisione degli aggi e compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori secondo un criterio di progressività legata ai volumi di raccolta delle giocateì − ha stabilito la riduzione delle risorse statali a titolo di compenso, in 'quota proporzionale al numero di apparecchi riferibili [ai concessionari] alla data del 31 dicembre 2014'; in tal modo ha ancorato il criterio di ripartizione dei compensi ad un dato fisso, qual è il numero degli apparecchi riferibili a ciascun concessionario al 31 dicembre 2014, o in sede di ricognizione successiva, e non piuttosto ad un dato di flusso, quale i volumi di raccolta delle giocate".
DISPOSIZIONI IN CONTRASTO CON LA COSTITUZIONE - Inoltre "la disposizione censurata violerebbe l’art. 3 Cost., ed in particolare il principio di uguaglianza e di ragionevolezza, in quanto, posto che il riferimento al numero degli apparecchi non è indicativo del reddito conseguito da ciascun concessionario, l’intervento del legislatore presume, irragionevolmente, che ciascun apparecchio abbia la stessa potenzialità di reddito, là dove quest’ultima dipende, invece, da una molteplicità di fattori. La irragionevole ripartizione del versamento imposto ai concessionari può – secondo il Tar − produrre un’alterazione del libero gioco della concorrenza tra gli stessi, favorendo quelli che in presenza di una redditività superiore per singolo apparecchio, si trovano a versare, in proporzione al volume di giocate raccolte, un importo minore, per cui possono destinare maggiori risorse agli investimenti, nonché gli operatori del settore dei giochi pubblici diversi da quelli contemplati dalle lettere a) e b) dell’art. 110 del Tulps.
Altresì la disposizione censurata contrasterebbe con l’art. 41 Cost., sotto il profilo della violazione del principio di libertà dell’iniziativa economica privata. I soggetti privati che, nell’intraprendere l’attività di impresa, sostengono consistenti investimenti, devono vedere tutelata la legittima aspettativa ad una certa stabilità nel tempo del rapporto concessorio.
Quanto all’ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale deve considerarsi che il Tar rimettente è chiamato a decidere della legittimità del menzionato decreto direttoriale dell’Adm sul presupposto della sussistenza di una situazione giuridica tutelata non solo dei concessionari, ma anche dei gestori. La valutazione di rilevanza operata dal Tar è plausibile perché, anche se il decreto impugnato riguarda direttamente solo la posizione dei concessionari, i gestori sono anch’essi interessati atteso che l’onere, come ripartito tra i concessionari, non può non riflettersi sui gestori in sede di rinegoziazione.
La disposizione censurata è costituisce il parametro di legittimità dell’atto impugnato e quindi certamente il Tar ne deve fare applicazione.
Inoltre il mancato esame di altri motivi di illegittimità del provvedimento impugnato, indicati nei distinti ricorsi introduttivi dei giudizi innanzi al Tar, non è preclusivo dell’ammissibilità della questione. Nel giudizio di costituzionalità non è sindacabile l’ordine logico secondo il quale il rimettente reputa, con motivazione non implausibile, di affrontare le varie questioni o i motivi di ricorso portati al suo esame (sentenza n. 132 del 2015).
Sussiste quindi la rilevanza delle sollevate questioni di legittimità costituzionale".