Cardia: 'A Corte Costituzionale ultima parola su legittimità distanziometri'
Il parere del legale esperto di gaming Geronimo Cardia su leggi regionali sul gioco e compatibilità col Decreto Balduzzi.
È ormai assodato che le limitazioni territoriali alla distribuzione del gioco legale – siano esse in termini di riduzioni incontrollate di orari siano esse in termini di applicazioni di distanziometri – costituiscano, per come strutturate (senza proporzione e con effetti interdittivi totali), una minaccia illegittima all’intero settore, minaccia che anche l’ordinamento giuridico ed i suoi massimi interpreti dimostrano di cominciare a riconoscere. La consapevolezza dell’ordinamento giuridico e la volontà di questo di rimuovere, arginare o comunque reindirizzare la deriva proibizionistica, populista e non tecnica delle politiche territoriali le si rinviene nelle norme nazionali che si occupano di tutela dei minori di contingentamento, nel cosiddetto Decreto Balduzzi, nell’approvanda riforma del titolo V della Costituzione ma anche nelle attività parlamentari / di governo poi confluite nel noto disegno di legge di riforma dei giochi.
Oggi prendiamo in considerazione il fatto che il Tar Puglia abbia rimesso alla Corte Costituzionale la Legge della Regione numero 43/2013, limitativa del gioco legale, per le rilevate non manifestamente infondate questioni di illegittimità costituzionale, per incompatibilità della norma locale col richiamato Decreto Balduzzi.
In primo luogo, il legislatore nazionale che ha messo mano al Decreto Balduzzi è orientato a perseguire l’obiettivo che venga operata una regolamentazione delle ‘distanze’ che sia: meditata per l’intero territorio nazionale - dunque non su una porzione comunale, provinciale o regionale; e concepita a livello centrale attraverso articolazioni del Governo – dunque non a livello locale. La ratio della disposizione va ricercata nell’esigenza di rendere omogenea ed efficace l’azione regolatoria su tutto il territorio dello Stato evitando di coniare aree disomogenee. In secondo luogo, il legislatore nazionale che ha messo mano al Decreto Balduzzi prevede espressamente che la partecipazione degli enti locali e territoriali a tale processo di regolamentazione delle 'distanze' avvenga attraverso il meccanismo della Conferenza unificata, di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Dunque, non attraverso l’attribuzione di competenze legislative/regolatorie autonome e indipendenti. La ratio della disposizione va ricercata, in questo caso, nel fatto che le pure rilevanti esigenze del ‘territorio’, che solo sindaci e governatori locali possono interpretare al meglio, vanno si tenute in considerazione ma a livello di consultazione, per le sempre emerse esigenze di unitarietà di trattamento.
In terzo luogo, il legislatore nazionale che ha messo mano al Decreto Balduzzi è espressamente orientato a prevedere le regolamentazioni di 'distanze' solo con riferimento alle concessioni di giochi ancora da bandire alla data di entrata in vigore del Decreto medesimo. Dunque, non anche alle concessioni già bandite, non anche alle realtà già esistenti. La ratio ha origini plurime: le realtà esistenti assicurano una copertura del territorio con offerta di gioco legale che consente di mantenere alta la guardia alla lotta alla criminalità organizzata; le realtà esistenti sono già state selezionate e contrattualizzate dallo Stato per assicurare la distribuzione del gioco legale, prevedendo specifiche regole di ingaggio, prelievi erariali più o meno anticipati: cambiare le regole del gioco in corsa potrebbe determinare più problemi di quanti se ne possano risolvere. Colpire un intero comparto – quello dell’industria del gioco legale - nel pieno delle attività per il recupero degli investimenti fatti potrebbe creare ripercussioni non solo a livello industriale ma anche occupazionale e sociale. In quarto luogo, la volontà del legislatore nazionale è quella di ‘regolamentare’. Dunque, non di 'vietare' la distribuzione del gioco legale sull’intero territorio. Questo, che potrà anche apparire banale, rappresenta, in realtà, un aspetto macroscopico che andiamo ora ad esplorare.
Alle questioni sopra citate necessariamente va aggiunto il profilo secondo cui i distanziometri imposti tra l’altro impongono raggi di interdizione talmente estesi e luoghi (discutibilmente) sensibili talmente numerosi che l’effetto applicativo comporta un proibizionismo radicale sul territorio diverso dall’obiettivo di regolamentazione pure presupposto dalla norma. Ora il tema sarà affrontato dalla Corte Costituzionale, ed il verdetto giungerà sempre che nelle more non si pervenga ad un intervento legislativo organico che assicuri al sistema un regime di funzionamento serio, oltre che finalmente legittimo.