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Caso black slot, Corte d'appello civile di Roma conferma risarcimento per gestori

29 aprile 2020 - 15:56

Confermata dalla Corte d'appello civile di Roma la sentenza con cui si condannava l'Adm a risarcire alcuni gestori nell'ambito del caso Black slot.

Scritto da Amr
Caso black slot, Corte d'appello civile di Roma conferma risarcimento per gestori

 

Con una sentenza depositata oggi, 29 aprile, la Corte d'appello civile di Roma ha confermato la sentenza di primo grado del 2014 con cui si condannava l'Agenzia delle dogane e dei monopoli al risarcimento dei danni nei confronti di alcuni gestori, assistiti dagli avvocati Marco Ripamonti e Carlo Lepore, nell'ambito del caso Black slot, per il danno emergente dovuto all'anticipata dismissione degli apparecchi che fu disposta dall'Agenzia su indicazione del Gip del Tribunale di Venezia, che li riteneva apparecchi da gioco d'azzardo. Come noto, il processo penale del caso finì con l'assoluzione degli imputati ma gli apparecchi furono confiscati in quanto ritenuti da gioco d'azzardo.

Quanto al processo civile, il Tribunale di Roma in primo grado aveva condannato i Monopoli al risarcimento del danno, ravvisando una "grave responsabilità" da parte degli stessi. Era seguita l'impugnazione della sentenza da parte dell'Avvocatura di Stato, ma il tribunale di secondo grado ha respinto l'appello.

I giudici della Corte d'appello hanno ravvisato la responsabilità "grave" della pubblica amministrazione, ritenendo che non possa attribuirla gli enti di omologa in quanto, affermano, nei confronti degli omologatori non c'è una subconcessione o la delega di funzioni pubbbliche, ma si tratta semplicemente dell'affidamento in appalto di un servizio.
Nel procedimento civile gli avvocati difensori dei gestori hanno prodotto la sentenza penale del Tribunale di Venezia risalente al 12 dicembre del 2012 e altra documentazione, a dimostrazione della tesi che l'attività dei Monopoli sulle omologhe non si limita a una semplice certificazione, quindi a una presa d'atto, come sosteneva invece l'Avvocatura, ma che in realtà essi colloquiavano con gli omologatori e, anche tramite Sogei, impartivano disposizioni di carattere tecnico. La Corte d'appello di Roma, pur ritenendo che questi documenti non costituiscano prove ma indizi sulla responsabilità, li ha ritenuti opponibili ai danni dei Monopoli in quanto non contestati dall'Avvocatura e peraltro già noti ad Adm che si era costituita parte civile nel processo penale di Venezia.

 

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