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Amusement: solo la politica può salvare il settore (in Italia)

13 gennaio 2023 - 10:47

Mentre l'industria dell'intrattenimento celebra un inizio anno di successo con la fiera Eag di Londra, gli operatori italiani attendono soluzioni ai troppi problemi.

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È il rebus del regolatore. Di più: un rompicapo. Come poter ottenere la massima garanzia di sicurezza e la totale delega della responsabilità a soggetti terzi qualificati, mantenendo al tempo stesso le giuste condizioni di mercato alle imprese che operano nel comparto dell’Amusement? La soluzione, si capisce, non è affatto semplice. E di certo non può essere quella offerta fino ad oggi dal legislatore (e attuata dal regolatore) che prevede l’omologazione di tutto ciò che è gioco (o quasi, dopo le esclusioni scaturite dagli ultimi - sacrosanti - ritocchi) continuando ad assimilare l’offerta di puro intrattenimento a quella più ampia del gioco d’azzardo. Continuando quindi a immaginare (e a temere) che dietro a ogni apparecchio comma 7 del Tulps - come vengono definiti i giochi Arcade in termini di legge - o suoi derivati, possa nascondersi un temibile “videopoker”, come accadeva negli anni ‘90 o qualche altra diavoleria da utilizzare in modo illecito. Una giusta preoccupazione, per carità, e un nobile obiettivo, qual è quello di tutelare la legalità e, quindi la sicurezza dei consumatori, ma anche degli stessi operatori, visto che l’offerta illegale rappresenta anche una concorrenza sleale nei confronti delle aziende sane. Solo che, guardando nella realtà delle cose, diventa impensabile pensare che dietro ad attrazioni iper-tecnologiche che costano decine di migliaia di euro, si possa nascondere altro. Ecco quindi che applicare certe regole a determinati tipi di giochi, che oggi sono peraltro la stretta prevalenza, diventa qualcosa di anacronistico, improponibile, assurdo. Ma tant’è, stando alle regole oggi in vigore. Motivo per cui gli addetti ai lavori dell’industria, in Italia, si stanno sforzando da tempo di chiedere al regolatore un intervento chiamato a introdurre delle differenziazioni o delle eccezioni, nell’ambito di applicazione della norma. Esattamente come avvenuto nei mesi scorsi per i giochi meccanici o elettromeccanici, che sono stati esclusi dall'applicazione di tali stringenti norme.
Il problema, come ribadito più volte dai rappresentanti dell'industria, sta nelle regole tecniche e nelle disposizioni imposte agli organismi di certificazione (attraverso le già note Linee guida di AdM) per l'omologazione degli apparecchi che diventano inapplicabili, come detto, in alcune tipologie di giochi, che però sono la maggioranza. Come poter pensare di scartare una macchina di divertimento solo perché al suo interno c'è una ruota che gira (e non un rullo, si badi bene)? Eppure, questo accade oggi, col risultato che le omologazioni sono ancora al palo. Ma il problema risiede a monte, molto prima del processo di omologazione in sé, e riguarda proprio quel rompicapo di cui parlavamo in premessa. Sì, perché da un lato, c'è lo Stato che chiede massime garanzie e minimi rischi, delegando però la totale responsabilità di ciò che viene immesso sul mercato agli organismi di certificazione, i quali sono quindi demandati a valutare le legittimità di ogni singolo apparecchio che ricevono dai produttori o importatori. Questo, naturalmente, recependo  i dettami del regolatore e attuando quelle regole tecniche, provando a interpretare le indicazioni delle linee guida di cui sopra. Con tutto il peso – e il costo – della responsabilità. Dall'altro lato, però, c'è le industria e le imprese che producono o importano i giochi, che devono già fare i conti (letteralmente) con un mercato sempre più ristretto e in difficoltà, messo a dura prova negli ultimi due anni dalla pandemia e dai ripetuti lockdown, che chiede di ridurre al minimo nono i tempi, ma anche i costi delle omologhe, per evitare di uccidere completamente il settore, rendendolo insostenibile. Tenendo conto che il fattore prezzo, in un mercato già in crisi dove il costo di ogni macchina è tutt'altro che banale, gioca un ruolo fondamentale e anche superiore rispetto ad altre industrie. Come poter pensare, quindi, di chiedere ai laboratori di assumersi ogni responsabilità per conto dello Stato e ridurre al minimo i costi in nome dell'industria, immaginando anche di ottenere un riscontro di successo? Non è un caso, infatti, che su dieci enti di certificazione accreditati in Italia nel mercato del gaming, solo tre si stanno oggi occupando del mercato dell'Amusement, e non senza difficoltà, proprio a causa di quanto detto poc'anzi. Ma analizzando nei dettagli la situazione che abbiamo appena illustrato, si dovrebbe capire che il fatto di aver raccolto tre adesioni potrebbe già essere considerato una specie di miracolo. Tutto questo spiega infatti le diverse difficoltà che si sta incontrando nella certificazione dei nuovi giochi, che sono maggiori rispetto a quelle che si verificano inevitabilmente in seguito all'emanazione di nuove norme.
Ecco perché l'unica soluzione possibile per arginare e risolvere il problema - oggi centrale - nel mercato italiano dell'intrattenimento, è quella di optare per una soluzione politica. Attraverso una norma primaria che possa quindi intervenire a monte sul comparto del puro intrattenimento, disciplinando ex novo le procedure di immissione degli apparecchi sul mercato, semplificando le omologazioni o, magari, eliminandole del tutto. Semplicemente rifacendosi alle norme vigenti in tutti gli altri paesi d'Europa e del mondo, in cui l'intrattenimento non è sottoposto a regole così stringenti. Solo in questo modo si potrebbero sollevare dall'impasse non solo gli enti di certificazione, ma anche lo stesso regolatore, che deve cercare di interpretare le leggi nel modo più concreto possibile, dal punto di vista della sicurezza, ma anche del mantenimento dell'industria. Aggiungendo un'ulteriore considerazione, che spesso sembra sfuggire alla politica e alle istituzioni: ovvero che, nonostante i numeri esigui in termini di entrate erariali provenienti da questo segmento del gioco, il mantenimento di un'offerta di gioco senza vincita in denaro significa garantire un'alternativa al gioco d'azzardo, attraverso un prodotto senza controindicazioni. Per quella che si potrebbe considerare la prima forma di prevenzione nei confronti delle possibili dipendenze da gioco. Se, infatti, dovesse sparire completamente il gioco di puro intrattenimento, come rischiano di far accadere certe nome, allora non ci si potrà certo lamentare se gli italiani riverseranno ancora di più la loro voglia di divertirsi nei confronti del gioco (volgarmente) definito di azzardo.
 

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