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Fassina (Sinistra italiana): 'Giochi in attesa di posizione'

27 febbraio 2016 - 09:03

Secondo Stefano Fassina (Sinistra Italiana) sinora in Italia si è avuto un atteggiamento contraddittorio sul gioco, ma il pericolo maggiore è rappresentato dall’offerta illegale.

Scritto da Anna Maria Rengo

 

Nel corso degli anni non ha mancato di far sentire la sua voce critica anche all’interno del Pd, che ha definitivamente abbandonato decidendo di dare vita alla nuova formazione ‘Sinistra Italiana’. Ma la sua opposizione alle scelte governative, anche in materia di gioco, non è né ideologica né tantomeno personale: Stefano Fassina argomenta le sue posizioni e si tiene lontano da qualsiasi estremismo, cominciando da un giudizio sulle disposizioni sul gioco contenute nella legge di Stabilità 2016.
“Il governo in materia era partito male. La legge di Stabilità 2016, nella versione uscita da Palazzo Chigi, prevedeva infatti addirittura 22mila punti scommesse: con la scusa di voler legalizzare l’offerta si aveva di fatto un suo allargamento, a fronte di un limite che, a mio avviso, era già stato superato. Solo dopo si è scesi ai 15mila punti che poi sono stati confermati. Comunque bisogna fare delle valutazioni di carattere generale quando si parla di gioco e deciderci, una volta per tutte, se è da considerare una fonte di entrate per lo Stato, quindi da incentivare direttamente o indirettamente, oppure una patologia che va contrastata anche a costo di perdere risorse pubbliche, o di utilizzarle per incentivare diversi comportamenti. Mi spiego meglio: penso alle macchinette che si trovano nei bar. A Roma stiamo lavorando con un’associazione attiva sul territorio per consentire delle agevolazioni fiscali a quei locali che non installeranno delle slot. Insomma, per tornare alla riflessione originaria: il gioco è una fonte di entrate o una patologia? Ritengo che finora in governo si sia mosso in maniera contraddittoria, oscillando tra questi due poli opposti”.

Parliamo di tassazione, con le norme contenute nella legge di Stabilità. A suo modo di vedere, inasprire quella sul gioco legale non può anche favorire quel gioco che invece è illegale?
“Assolutamente sì. Alcune soluzioni fanno perdere gettito ed è indubbio che il gioco illegale è più pericoloso di quello legale e bisogna prestargli grande attenzione. Bisogna quindi insistere sul gioco legale, anche come fonte di entrate, e non scoraggiarlo, altrimenti chi è, e comunque sarà sempre, attratto o addirittura malato di esso, finirà per rivolgersi altrove, con conseguenze peggiori”.
Negli ultimi mesi si è parlato moltissimo di vietare o comunque limitare la pubblicità del gioco pubblico con vincita in denaro e questo è un altro tema su cui è intervenuta la legge di Stabilità 2016. Che cosa ne pensa in proposito?
“Il tema della pubblicità va considerato in riferimento alla visione che si ha del suo oggetto, quindi il gioco. Se questo presenta degli aspetti patologici trovo giusto che anche la sua pubblicità e la sua regolamentazione vada affrontata di conseguenza”.
Tra gli altri argomenti che riguardano direttamente il gioco c’è quello del cosiddetto conflitto tra lo Stato e i territori, su cui l’attuazione dell’articolo 14 della delega al governo in materia fiscale avrebbe dovuto dare risposta e che ora ne trova una, prima, con le disposizioni contenute nella legge di Stabilità 2016. A suo modo di vedere, quali poteri potrebbero o dovrebbero avere gli enti locali in materia di gioco?
“Si tratta di un problema davvero serio e che spesso è anche connesso a fenomeni di criminalità organizzata. In materia di gioco ritengo che il potere regolatorio più sia lontano dal territorio meglio sia. Penso a un piccolo comune, come può fronteggiare la richieste degli operatori del gioco? è difficile confrontarsi con interessi forti. È preferibile una normativa generale e di carattere nazionale”.
Parliamo di ippica, un settore in grande difficoltà e che chiede interventi di sostegno e di rilancio. A suo modo di vedere, è giusto intervenire, anche in considerazione del suo valore storico e sportivo, oppure bisognerebbe prendere atto della crisi e lasciare che sia il mercato a decidere?
“Penso che sia giusto sostenere l’ippica ma questo può essere fatto anche senza passare per lo strumento del gioco con vincita in denaro a esso collegata. Lo si è fatto per altri settori e sono esempi da seguire”.
Infine, uno sguardo agli scenari futuri. Intenzione del governo è di andare verso una regolamentazione/riduzione dell’offerta di gioco: cosa ne penserebbe, in questo contesto, dell’apertura di nuovi casinò?
“Il gioco è un fenomeno che esiste e che non va affrontato attraverso il proibizionismo. Tuttavia, ritengo anche che non ne vada incentivata la domanda. Stiamo infatti parlando di un’attività che ha rilevanti effetti sotto il profilo dello sviluppo di patologie a essa correlata, specie in questa fase difficile che il nostro paese sta vivendo. Può avere senso aprire casinò, intesi come location di gioco ristrette e controllate, ma questa non può e non deve essere un’opzione generale”.

 

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