Mallegni: 'Banche e contratti con operatori gioco, Mef intervenga'
Il senatore di Fi Massimo Mallegni chiede al Mef di intervenire sulla vicenda relativa al recesso di alcuni istituti di credito dei contratti di Cc con imprese del gioco legale.
Il "fenomeno" del recesso, da parte di alcune banche dei contratti di conto corrente sottoscritti con gli operatori di gioco legale, finisce sotto la lente del Senato. Grazie al senatore di Forza Italia Massimo Mallegni, che ha rivolto al ministro dell'Economia e delle Finanze, Roberto Gualtieri, una interrogazione nella quale chiede di sapere se "non ritenga di fornire chiarimenti in merito alle decisioni di recesso dai conti correnti assunte dagli Istituti di credito e riguardo alla funzione degli stessi alla luce della normativa vigente sulle limitazioni dell'utilizzo del contante, di cui alla legge 19 dicembre 2019, n. 157 e della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio per il 2018), che impone ai cittadini l'esclusivo utilizzo di un conto corrente sul quale depositare emolumenti derivanti da rapporti di lavoro, e altre transazioni oltre una somma determinata. Questioni che da tempo sono rimaste in sospeso per il corretto funzionamento dell'intero comparto e che in questo momento di crisi si stanno accentuando".
Il senatore evidenzia infatti che "nonostante l'emergenza Covid-19 e le difficoltà di molte imprese italiane nel portare avanti la loro attività, gli Istituti bancari non sembrano intenzionati a sospendere le procedure di recessione dai contratti di conto corrente con le imprese che operano nel settore del gioco legale".
E segnala, a tale proposito, che "nei giorni scorsi la Banca di Credito Cooperativo Abruzzese avrebbe assunto la decisione di recedere da ben due contratti di conto attraverso i quali un imprenditore svolge la sua attività". Tale decisione, secondo Mallegni, "crea un danno incalcolabile alle imprese del settore e desta perplessità da un lato, per il modus operandi a parere dell'interrogante assolutamente ingiustificato, esercitato in maniera irrituale nei confronti di aziende, che presentano saldi attivi e che risultano in regola con i pagamenti di fornitori, imposte e contributi previdenziali; dall'altro, perché tale recesso immotivato obbliga le società o aziende a chiudere, in quanto le sempre più stringenti norme sulla tracciabilità dei flussi finanziari non ne consentirebbero l'operatività".