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Bomba sala giochi Altamura, Cassazione conferma custodia cautelare mandante

28 aprile 2016 - 10:23

Corte di Cassazione conferma custodia cautelare per Mario Dambrosio, mandante della tentata strage in una sala giochi di Altamura nel marzo 2015.

Scritto da Fm
Bomba sala giochi Altamura, Cassazione conferma custodia cautelare mandante

Torna d'attualità la vicenda dell'esplosione della sala giochi di Altamura, che nel marzo del 2015 aveva portato al ferimento di otto avventori del locale. Dopo le indagini dei Carabinieri e le interpellanze alla Camera dei Deputati ad esprimersi sul caso è la Corte di Cassazione, che ha respinto il ricorso del mandante dell'episodio criminoso, Mario Dambrosio, contro l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Bari su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia.


L'ESPLOSIONE - Come ricordano i giudici della Cassazione, poco dopo la mezzanotte del 5 marzo nella sala giochi "esplodeva un ordigno dal forte potenziale offensivo, collocato presso la vetrina della sala giochi sita a piano terra di un condominio, provocando un foro nella parete di m. 1,20 di larghezza e m. 1,30 di altezza e la proiezione di schegge ad una distanza di m. 15 con conseguente ferimento, anche con postumi permanenti, di numerosi giovani uno dei quali ricoverato in stato comatoso grave. Veniva ipotizzata la riconducibilità del fatto al Dambrosio, titolare di un circolo ricreativo che era stato chiuso a seguito del ferimento del quale il Dambrosio era stato vittima nella estate precedente e che era frequentato da persone poi divenute clienti dell'esercizio danneggiato".


IL RICORSO - L'indagato, a mezzo del difensore di fiducia, aveva fatto ricorso "deducendo la violazione di legge ed il vizio di motivazione avuto riguardo alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell'indagato con riferimento ai reati di strage e di tentato omicidio con l'aggravante del metodo e della finalità mafiosa, nonché, delle correlate violazioni in materia di esplosivi".
 
LA SENTENZA - Secondo i giudici della Cassazione "la motivazione dell'ordinanza impugnata, compiutamente argomentata in ordine alla sussistenza dei gravi indizi relativamente ai fatti contestati a carico del ricorrente, è ancorata agli elementi acquisiti nel procedimento e supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte che non può non arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all'apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza, prescritti dall'art. 273 cod. proc. pen. per l'emissione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza poter attingere l'intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di merito". La Corte sottolinea che "il Dambrosio, che risponde del reato contestato come mandante, era certamente consapevole della portata e delle conseguenze della piano criminale, posto che l'elemento psicologico della fattispecie consiste nella coscienza e volontà dei mezzi usati, delle modalità esecutive del reato e delle circostanze ambientali, con la finalità di cagionare la morte di un numero indeterminato di persone che da detti elementi va desunto" e "la valutazione della sussistenza attuale delle esigenze cautelarì è stata fondata su elementi di fatto concreti e non solo sulla presunzione di cui all'art. 275 comma 3 cod. proc. pen.. Oltre alla gravità del fatto, avvenuto in epoca recente, sono state valorizzate le conseguenze del reato e la personalità dell'indagato, ancorchè incensurato, tratta dalle circostanze di fatto accertate come quelle già sopra indicate. Si deve, quindi, concludere per il rigetto del ricorso cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali".
 
 

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