"Il provvedimento impugnato costituisce atto dovuto e vincolato, adottato a seguito dell'accertata violazione della normativa regionale in tema di c.d. 'distanziometro', di cui la Questura ha quindi fatto puntuale e corretta applicazione, rispetto alla quale la ricorrente non solleva alcun dubbio di legittimità costituzionale."
Anche sulla base di questa constatazione il Tribunale amministrativo regionale della Campania respnge il ricorso di una società che gestiva un esercizio di raccolta scommesse e si è vista annullare la licenza in quanto l'attività era situata troppo vicino a un luogo sensibile, in tal caso un luogo di culto.
"L'Amministrazione dell'interno ha un potere ampiamente discrezionale per valutare, con il massimo rigore, qualsiasi circostanza che consigli l'adozione del provvedimento di rilascio, revoca o rinnovo di un'autorizzazione di polizia, potendo esercitare il suo potere nel rispetto dei canoni tipici della discrezionalità amministrativa, sia sotto il profilo motivazionale che sotto quello della coerenza logica e della ragionevolezza, dandosi conto in motivazione dell'adeguata istruttoria espletata; invero, i provvedimenti di polizia costituiscono esercizio di una particolare discrezionalità valutativa da parte dell'Autorità competente", riporta il Tar campano riportando una precedente sentenza del Tar Sicilia.
Ricordano ancora i gudici che "il cd. 'distanziometro' è istituto presente nel nostro ordinamento, attraverso le varie leggi regionali che lo prevedono, da ormai più di un decennio", e che "si tratta di norme 'dichiaratamente finalizzate a tutelare soggetti ritenuti maggiormente vulnerabili, o per la giovane età o perché bisognosi di cure di tipo sanitario o socio assistenziale, e a prevenire forme di gioco cosiddetto compulsivo, nonché ad evitare effetti pregiudizievoli per il contesto urbano, la viabilità e la quiete pubblica", specificando che "la disciplina delle misure finalizzate alla prevenzione ed al contrasto di forme di dipendenza dal gioco d'azzardo, quali l'imposizione di una distanza minima delle sale giochi e scommesse dai luoghi c.d. sensibili, ovvero quei luoghi nei quali si presume la presenza di soggetti appartenenti alle categorie più vulnerabili, rientra, quindi, nella materia della tutela della salute", aggiunge citando una sentenza del Consiglio di Stato del 2018.
Specifica ancora che "il 'percorso pedonale più breve' è dunque quello 'ordinariamente' seguito da un normale pedone, evitando risultati irragionevoli, come nei casi in cui si riscontra che esercizi posti a breve distanza, attraverso un 'giro vizioso' determinato da una applicazione formalistica (e poco riscontrabile in concreto) delle regole del Codice della Strada, risultano essere ubicati ben oltre il limite previsto dalla normativa di settore".
Fermo restando, secondo il Tar, che "alcun dubbio può, poi, sussistere sulla destinazione a sede di culto del luogo sensibile rilevato dall’amministrazione comunale, essendo stati depositati in giudizio: l’attestazione che la Chiesta Cristiana Evangelica è una Missione della Chiesa Evangelica Pentecostale" i giudici cnfermano dunque il ritiro della licenza, ricordando, in risposta a una delle censure proposte dalla società ricorrente, che anche la Corte Costituzionale "ha in generale negato che possano derivare lesioni della libertà d'iniziativa economica allorché l'apposizione di limiti di ordine generale al suo esercizio corrisponda all'utilità sociale - quale è innegabilmente l'interesse pubblico alla salute - purché, per un verso, l'individuazione dell'utilità sociale non appaia arbitraria e, per altro verso, gli interventi del legislatore non la perseguano mediante misure palesemente incongrue".