skin

Cassazione: 'Gioco illegale su pc, dimostrare esercizio'

27 agosto 2018 - 11:09

Per la Cassazione la possibilità di giocare d'azzardo sui pc di una sala giochi non è dimostrativa dell'esercizio di tale gioco.

Scritto da Fm
Cassazione: 'Gioco illegale su pc, dimostrare esercizio'

 


"In assenza di altri elementi, il denaro sequestrato non può ritenersi provento dell'esercizio del gioco d'azzardo, e che la possibilità di ottenere sui personal computer giochi d'azzardo, in assenza della cronologia e di altri dati o elementi di fatto, non è dimostrativa dell'esercizio di tale gioco".

Queste alcune delle motivazioni per cui la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio ad altra sezione la sentenza della Corte d'Appello di Palermo che ha condannato alla pena di sei mesi e a un'ammenda di 800 euro il gestore di una sala giochi, ritenuto responsabile del reato di esercizio di gioco d'azzardo.


Secondo gli accertamenti, si legge nella sentenza, "dal proprio personal computer l'imputato, dopo aver inserito nel lettore ottico una banconota, poteva avviare l'accensione delle quattro postazioni riservate ai clienti, sui monitor delle quali comparivano giochi d'azzardo; ciò, unitamente all'atteggiamento sospetto tenuto dall'imputato in occasione dell'accesso della polizia giudiziaria nella sala giochi, al sequestro della somma di 175 euro nella medesima occasione e agli esiti degli accertamenti svolti dal consulente tecnico del pubblico ministero (che aveva verificato che i computer presenti nella sala giochi non erano collegati in via telematica ai Monopoli di Stato e che la conclusione di ogni sessione di utilizzo comportava la rimozione automatica della cronologia della navigazione in rete), è stato ritenuto univocamente dimostrativo del fatto che presso il circolo gestito dall'imputato venisse esercitato il gioco d'azzardo, con la conseguente affermazione della sua responsabilità in ordine al reato contestatogli".
 
 
Per i giudici della Cassazione però, "posto che dalla predisposizione della cancellazione automatica della cronologia della navigazione in rete (idonea a evitare la ricostruzione immediata dei siti visitati o, più in generale, dell'utilizzo compiuto del personal computer), non può trarsi la conclusione che la stessa sia strumentale all'occultamento degli indizi di attività illecite, potendone trarsene solamente elementi di sospetto in tal senso, ma non anche la prova o indizi dello svolgimento di giochi d'azzardo.
La considerazione degli altri elementi indiziari valutati dalla Corte d'appello, al fine della affermazione di responsabilità dell'imputato, risulta anch'essa illogica, in quanto gli indizi considerati, pur corrispondendo a dati di fatto certi, non sono anche gravi, e cioè in grado di esprimere elevata probabilità di derivazione dal fatto noto di quello ignoto (posto che, in assenza di altri elementi, il denaro sequestrato non può ritenersi provento dell'esercizio del gioco d'azzardo, e che la possibilità di ottenere sui personal computer giochi d'azzardo, in assenza della cronologia e di altri dati o elementi di fatto, non è dimostrativa dell'esercizio di tale gioco); né precisi, cioè non equivoci, potendo gli elementi indiziari considerati, tra cui la disponibilità del denaro e la condotta dell'imputato, essere spiegati anche diversamente".
 
 
"I giudici di merito, inoltre, non hanno, completato il procedimento di valutazione degli elementi indiziari, esaminandoli in modo globale, allo scopo di dissolverne le ambiguità, applicando la regola di giudizio stabilita dall'art. 192, comma 2, cod. proc. pen. (cfr. Sez. 1, n. 20461 del 12/04/2016, Graziadei, Rv. 266941), in quanto hanno omesso di esaminare detti elementi nel loro complesso e soprattutto di considerarne le ambiguità, e cioè le possibili letture alternative, con la conseguente sussistenza del vizio di motivazione denunciato dal ricorrente, posto che il percorso argomentativo seguito dai giudici di merito risulta incompleto nella valutazione degli elementi indiziari e viziato da illogicità. Ne consegue la necessità di un nuovo esame sul punto", conclude la sentenza.
 
 

Articoli correlati