Venticinque anni, molti dei quali trascorsi tra le corsie degli ospedali, dove ha subito un totale di 24 operazioni alla colonna vertebrale. Ma i numeri che contano, per Ilaria Parlanti, sono altri, a partire da quei 300 concorsi di poesia vinti che, riguardando la sua carta d’identità, risaltano ancora di più.
Nata a Chiesina Uzzanese, in provincia di Pistoia, Ilaria Parlanti si racconta mettendo all’angolo la sua malattia, la rara sindrome di Jarcho Levin: perché la vera protagonista della sua vita è la letteratura.
“La letteratura è sempre stata una mia grande passione, ho sempre letto molto, anche nei periodi di ricovero in ospedale”, spiega, “ma il mio primo amore, in assoluto è stata la poesia, che mi ha portata a vincere anche diversi premi”.
E poi arriva il suo primo romanzo, “La verità delle cose negate” (Arsenio Edizioni), come nasce questo libro?
“È nato tutto nel 2020, durante il lockdown. Io nella vita sono una sceneggiatrice di cinema, quando è arrivato il Covid e tutti i set hanno chiuso sono rimasta ferma per un po’, così ho pensato di scrivere questo romanzo, una storia che in realtà avevo in mente già da un po’. Avevo in mente una frase, che poi è diventata il titolo del libro, nel quale andavo a raccontare quella verità che io stessa, in primis, mi volevo negare.”
Possiamo definirla una storia autobiografica?
“Sì e no, è un libro del genere autofiction, nel quale racconto la storia di Isabella, un giovane chirurgo affetto dalla mia stessa patologia. La trama è profondamente radicata nel mio vissuto e si è sviluppata quando ho deciso di parlare della mia disabilità. Non volevo, e non voglio, dimenticare il mio passato, e tutto quello che ho vissuto. E sentivo che c’era, anche in fase embrionale, questo desiderio di farlo leggere agli altri, creando una comunità.”
Un obiettivo che ha raggiunto?
“Il libro ha avuto un discreto successo. Ha colpito, con mio stupore, moltissime fasce d’età. Ho avuto lettori e lettrici di ogni tipo, dai 15 anni alla tarda età, anche questo è un bel traguardo che ritengo di aver raggiunto: essere riuscita a parlare del tema della disabilità creando una storia che molti trovano interessante.”
Così interessante che ora potrebbe anche diventare un film?
“Ancora è presto per dirlo, ma ci stiamo lavorando. Ho accanto due personaggi importanti, ma dipende da tanti fattori. Nel frattempo, legata al progetto de ‘La verità delle cose negate’, è nata anche la silloge di poesie ‘Parigi è stata uccisa’, che richiama uno dei luoghi dove sono stata per curarmi, divenuto una delle città più importanti della mia vita.”
Ha parlato di comunità, l’ha aiutata molto l’uso dei social network?
“In realtà non sono molto esperta di social, e poi sono stata sempre molto reticente a parlare di me, della mia disabilità… Diciamo che ho cominciato piano piano, forse anche perché sono un po’ all’antica. Oggi uso molto Facebook e Instagram, dove ho un bel seguito. E da un po’ mi sono affacciata su TikTok, che però è un mondo completamente nuovo.”
Com’è invece il suo rapporto con il mondo del gioco?
“La parola gioco mi fa sempre venire mente Italo Calvino. Per me anche un libro può essere un gioco, perché il gioco in realtà è intrattenimento, è quella parte della vita che serve a ricaricarti, ma anche quella che ti permette di esplorare nuovi mondi. Insomma, il gioco è importante, a tutti i livelli. Per il resto io amo molto i puzzle, i giochi di società, il Cluedo.”
Oggi lei, scrittrice, è identificata anche come attivista per i diritti della disabilità, come si sente in questo ruolo?
“Mi capita di partecipare a tanti eventi per la promozione di strumenti per la disabilità, anche strumenti per fare sport, dei quali parliamo anche nelle scuole. Sono progetti importanti, percorsi di condivisione che diventa consapevolezza. Questo per me è un momento molto fervido, oltre a due cortometraggi a tema sociale, sto preparando un nuovo romanzo che spero di poter pubblicare presto”.