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Squid Game: un pericolo sociale oppure no?

27 ottobre 2021 - 09:17

La fenomenale serie Netflix 'Squid Game' scatena il dibattito, soprattutto dopo alcuni casi di emulazione tra giovanissimi.

Scritto da Daniele Duso

Squid Game è diventata in poche settimane la serie di Netflix più vista di sempre, in Italia e nel resto mondo, capace di superare anche fenomeni come La Casa di Carta e Bridgerton. La storia mescola satira sociale e lotta per la sopravvivenza, condita da un sadismo che dà origine a vere e proprie scene splatter. Ed è proprio su questi contenuti che, nei giorni scorsi, sono iniziate a insorgere alcune voci, tra le quali anche una interrogazione alla Camera rivolta al ministro dell'Interno. Squid Games, dunque, come le forme d'arte più riuscite, fa sorgere dibattiti dei quali è curioso seguire l'evoluzione.

È capitato, infatti, che Squid Game, come è stato riportato anche da numerosi organi di infomazione, sia stato replicato da alcuni ragazzini a scuola o per strada, preso a pretesto per compiere episodi di bullismo anche piuttosto pesante nei confronti di alcuni coetanei. Leggendo le cronache si registrano, come riporta anche Laura Cavandoli nella sua interrogazione al ministro Luciana Lamorgese, "episodi di bullismo ispirati a « Squid Game » nelle scuole di Torino, Milano e Firenze, nonché una rissa tra ragazzi presso l'istituto Santa Dorotea di Roma". Episodi che, come avvenuto in passato ad esempio con alcuni videogiochi, hanno subito portato alcuni a puntare il dito contro la serie tv.

Netflix, a onor del vero, indica il contenuto come fruibile solo a ragazzi con un età superiore ai 14 anni, cosa che la tutela anche dal punto di vista legale. Tanto che, come riporta la deputata leghista Laura Cavandoli nella sua interrogazione rivolta al ministro Luciana Lamorgese, "ai genitori che, in forma associativa o privata, si sono rivolti alla Polizia postale, è stato risposto che, avendo la piattaforma Netflix inserito il divieto di visione ai minori di 14 anni, questa può trasmettere legalmente le puntate ai propri abbonati".

La stessa Polizia Postale, tuttavia, ha postato nei giorni scorsi sulla sua pagina Facebook un vademecum dal titolo "Squid Game, un fenomeno molto pericoloso che va di moda tra i bambini", invitanto sostanzialmente i genitori ad essere vigili, e soprattutto a parlare con i ragazzi in modo da fornire loro gli strumenti culturali per comprendere che si tratta di finzione la cui emulazione, nella realtà, potrebbe essere molto pericolosa.

Di fatto, la Polizia Postale, rivolge la stessa raccomandazione che viene fatta anche quando si tirano in ballo i già citati videogiochi. La classificazione (Pegi, per i videogame), o l'indicazione di un contenuto non adatto ai minori di una certa età, evidentemente non sono sufficienti, ma come sottolinea in un lungo e dettagliato articolo pubblicato da Agendadigitale.it la filosofa Lorenza Saettone, specializzata in spistemologia e congitivismo, in casi come questo una censura potrebbe avere risultati peggiori, "che rischia di provocare solo effetti contrari e quindi curiosità nei confronti del proibito e conseguente sfida delle regole".

Gli episodi riportati da giornali e tv non hanno mancato di suscitare reazioni, "appelli e polemiche da parte della società civile e del mondo delle istituzioni", riporta ancora Cavandoli, "tra i quali si segnalano, in particolare, l'appello dell'Istituto comprensivo di Rignano-Incisa, il quale, nel rilevare come gli alunni volendo emulare la serie tv prendessero a calci e pugni i compagni, ha invitato i genitori a 'prevenire gesti pericolosi per la sicurezza della popolazione scolastica', ovvero la petizione per fermare la serie lanciata dalla Fondazione Carolina (che prende il nome da una giovane novarese toltasi la vita nel 2013 e considerata la prima vittima italiana del cyberbullismo)", ricorda la deputata leghista, che chiede al ministro Lamorgese "quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda porre in essere", per limitare questi fenomeni, sensibilizzare i genitori e, nel caso, anche "rendere effettivo e concreto il divieto di visione delle serie televisiva ai soggetti minori di 14 anni". Come se fosse semplice, al tempo del web e dei social, imporre censure, che magari andrebbero anzi a creare ulteriori curiosità.

Un appello al quale sembra rispondere l'intevento della filosofa, che sottolinea quanto sia importante "dare ai ragazzi la giusta chiave critica con cui interfacciarsi alla serie tv e per farlo dobbiamo in prima istanza noi conoscere la sovrastruttura coreana, così da collocare Squid Game in modo appropriato nella tessitura sociale di significati, senza farsi prendere da terrori ingiustificati e censure apparentemente facili". Di fatto rimettendo al centro il ruolo dei genitori (o educatori) senza posporlo a quello dei censori.

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