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Luca Pagano: 'Giu' le mani dal poker'

20 giugno 2013 - 08:47

“I poker players italiani stanno migliorando anno dopo anno, torneo dopo torneo. Quello che mi spaventa è la comunicazione dei media generalisti: sembra quasi che in sei anni non siamo riusciti a fare nulla e se teniamo al giochino diamoci una mossa tutti quanti insieme”. Luca Pagano, team pro PokerStars e business man nel poker con la sua PaganoEvents, dipinge questo ritratto dell'hold'em di casa nostra.

Scritto da Cesare Antonini
Luca Pagano: 'Giu' le mani dal poker'

Un'istantanea d'eccellenza scattata per Gioconewspoker.it da uno dei migliori punti d'osservazione di un settore complesso e variegato come quello del poker italiano.

 

Viene quindi da pensare che in sei anni, poco prima della regolamentazione del poker online 'dot it', questa disciplina non è stata ancora sdoganata? “Partendo dal concetto iniziale devo dire che sia a livello organizzativo che di professionalità e ovviamente a livello tecnico, siamo cresciuti moltissimo. L'Italia del poker giocato sta diventando sempre più matura. Ma, come detto, sono un po' spaventato dalla comunicazione dei giornali nazionali, dei quotidiani, di alcune trasmissioni tv. Mi sembra di essere tornato a sei anni fa. Ma se prima qualche attacco era comprensibile ora è assurdo”.

O forse qualcuno ha deciso di gettare addosso alla croce all'unico gioco in cui l'abilità conta davvero? “Forse tutto questo viene strumentalizzato, forse fa comodo dare addosso al poker. Di sicuro è il gioco più in vista, quello che fa più notizia e ogni attacco ha un effetto maggiore. Ma così lo stanno rovinando. Leggo cose non vere, nessuno si informa, nessuno si documenta, si apre la bocca e si da fiato con attacchi strumentali. Se un deputato si alza in Parlamento e dice 'no a 1.000 sale da videopoker' (argomentazione ripresa anche dal TG1, ndr) abbiamo capito già come stanno le cose. E poi, col poker ci si rovina? Spiegatemi bene i contesti e le situazioni senza sparare a zero”.

Da questa parte della barricata il 'fuoco amico' al poker non è mai mancato. Eppure siamo ancora a questo punto, conveniamo. Quindi come riprendere in mano la situazione? “Serve una comunicazione congiunta tra i media del settore e non, dobbiamo essere uniti sui social network, tra i players. Siamo nel 2013, ci sono partiti politici che hanno conquistato il 25% del Parlamento partendo da un blog. Possibile che noi non riusciamo a far capire che il poker non è quello che vogliono dipingere per forza? Lo devono dire tutti e in ogni occasione buona”.

Un altro esempio del caos politico e mediatico è la situazione del poker live. Come siamo messi? “In questo caso vedo una forte mancanza da parte della politica. Non parlo dei ritardi nella regolamentazione. Mi piacerebbe che i politici si informassero bene per capire come funziona il settore. Ovviamente siamo disponibilissimi ad aiutare gli amministratori sotto questo punto di vista. A parer mio stiamo rivivendo quello che successe con le scommesse sportive ma non si capisce che si scatenerebbe un bell'indotto e si incasserebbero soldi utili per il Paese. Il poker live non risolverebbe di certo le questioni centrali dello Stato, Imu o giù di lì, ma si porterebbe a termine un'operazione corretta e necessaria. Per farlo, però, ci vuole una politica coraggiosa”.

Intanto Alberto Giorgetti è stato delegato ai giochi dal Ministro all'Economia: “E' sicuramente una buona notizia perché è una figura molto preparata e che già conosce il settore. Sa cosa bisognerebbe fare per aggiustare molte situazioni e quali regole introdurre. Ripeto: siamo qua pronti a sostenere qualsiasi progetto di regolamentazione del settore e a offrire tutte le nostre conoscenze e la nostra esperienza”.

Il poker deve lottare, è vero: ma perché è così difficile avere una rappresentatività nel settore? “Ci sono sempre stati molti interessi contrapposti e questo ha sempre paralizzato l'efficacia di qualsiasi azione. Potrebbe essere una soluzione una spinta dal centro, un tavolo di lavoro che parta dai Monopoli di Stato o a livello politico. Forse solo in questo modo si potrebbero unire tutti gli sforzi sotto una bandiera unica”.  

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