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Italia di nuovo verso il lockdown totale: lo scenario per i giochi e le alternative

10 novembre 2020 - 09:42

Dopo la corsa ai ripari che ha portato alle nuove “zone arancioni” torna lo spettro del lockdown totale e di un Natale senza giochi: si decide il 15 novembre.

Scritto da Ac
Italia di nuovo verso il lockdown totale: lo scenario per i giochi e le alternative

 

Lo spettro di un nuovo lockdown nazionale aleggia ancora nella Penisola. L’ipotesi della chiusura totale della nazione che l’ultimo Dpcm voleva scongiurare, torna di nuovo sul tavolo. E sull'agenda del governo, che ha fissato la data del 15 novembre entro la quale prendere una decisione definitiva. A riportare in auge la possibilità di un lockdown generalizzato, nonostante le promesse e le ripetute rassicurazioni del premier in senso opposto, non è soltanto il fatto che i medici italiani lo invocano da giorni. Nel governo, infatti, la preoccupazione è vieppiù crescente, tenendo d’occhio in tempo reale la curva epidemiologica dalla quale non può scaturire alcuno scenario positivo. Imponendo, anzi, ragionamenti inevitabili sulla necessità di misure ancora più severe, come la chiusura dei ristoranti il sabato e la domenica a pranzo e la sospensione di alcune attività commerciali, che hanno ottenuto deroghe nelle zone rosse. Al punto che alcuni ministri (come Roberto Speranza e Dario Franceschini, titolari di Salute e Cultura) spingono per una stretta ulteriore, mentre Giuseppe Conte vorrebbe procedere con maggiore cautela, aspettando di avere i risultati concreti sugli effetti di queste ultime misure, prima di archiviare il meccanismo scientifico delle zone rosse, arancioni e gialle.

L'ORA DELLA VERITA' – Per questa ragione l’obiettivo del governo diventa quello di arrivare almeno al 15 novembre, per poi prendere una decisione definitiva. Solo domenica prossima si potrà valutare l’efficacia del nuovo meccanismo nel contenimento dei contagi da Covid-19, che ha già diviso l’Italia in fasce di rischio imponendo le chiusure di attività e limitando gli spostamenti dei cittadini. Se nei prossimi cinque giorni la curva epidemiologica non avrà invertito la rotta, l'intero paese diventerà di fatto una “zona rossa”. Andando anche a rivedere la lista delle attività che potranno rimanere aperte durante la giornata, attraverso un nuovo e ulteriore Dpcm che potrebbe essere discusso con Regioni e Cts già il prossimo fine settimana.

IL PARERE DEGLI ESPERTI - Il governo riceve ogni giorno una serie di report scientifici che delineano l’andamento dell’epidemia sulla base del rapporto tra tamponi effettuati e positivi, ma tengono conto anche della situazione degli ospedali e soprattutto delle terapie intensive. Ed è proprio questo l'elemento chiave nelle decisioni da assumere a Palazzo Chigi, poiché l’aspetto che più preoccupa è proprio la situazione degli ospedali. Quindi, anche se la corsa del virus dovesse rallentare da qui al 15 del mese, la saturazione degli ospedali rischia di arrivare prima dell’inversione di tendenza dei contagi. Il report dell’ultima settimana, infatti, individua proprio la metà di novembre come ultima scadenza per l’inizio della decrescita.
Già il 3 novembre era stato evidenziato che “i nuovi positivi continueranno a crescere fino al 6-8 novembre fino a valori compresi tra 37.000 e 44.100, con un valore mediano di circa 41.000, prima di iniziare una lenta discesa”. Il suggerimento è netto: “Per poter ottenere un più efficace appiattimento della curva globale dei contagi è assolutamente opportuno implementare nuove misure che possano sovrapporsi ai primi effetti positivi dei recenti provvedimenti”.
 
L'IMPATTO SULL'ECONOMIA – Tutto questo, però, non può tenere conto anche della situazione economica del paese che si fa – anche questa – ogni giorno più drammatica. Al punto che questo nuovo mese di lockdown presenta un conto di ben 32 miliardi tutto compreso: 19 diretti e altri 13 circa legati all’effetto domino lungo le filiere produttive, ai redditi ridotti, alle minori spese. Con il Pil dell’Italia che andrà rivisto ulteriormente al ribasso rispetto al -9 percento citato nella recente Nadef (la nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza), per una perdita ulteriore stimata attorno ai due punti percentuali che si andrebbe a verificare nei prossimi dodici mesi. Le ricadute di questa stretta autunnale decisa dal governo con il Dpcm del 3 novembre scorso – entrato in vigore il 6 – per tentare di contenere la pandemia di coronavirus sono state calcolate per ilSole24ore da Giuseppe Russo, economista e membro del Centro studi Einaudi di Torino
In particolare, Russo parla di un effetto del lockdown sull’economia paragonandolo a quello di una palla da biliardo lanciata contro i birilli; colpito il primo prosegue la sua corsa e abbatte anche gli altri, più lontani. Per esempio, nel caso di bar e ristoranti, si può salvare solo una quota minima di fatturato, legata all’attività da asporto, mentre la parte principale è da considerarsi perduta.
 
COSA CAMBIA PER I GIOCHI – In questo scenario fortemente critico per l'intero paese e per qualunque settore dell'economia, la situazione delle attività di gioco pubblico rappresenta ormai un caso a parte. In primis, perché già esclusa da qualunque possibilità di business in qualunque territorio, visto che al di là del colore delle singole regioni, la raccolta dei giochi è stata inibita, in tutte le forme “terrestri”, sull'intera Penisola. Nulla cambia, quindi, con gli ultimi Dpcm – che hanno soltanto ribadito il divieto – né con le nuove zone gialle o arancioni. Quello che cambia, invece, è molto, è la data di una possibile riapertura. Con una ripartenza a dicembre che potrebbe avere un impatto più che significativo sull'economia (e la sopravvivenza) di alcune attività, tenendo conto che il mese di Natale è da sempre più redditizio per il gioco pubblico, come per ogni altra attività. Senza contare, poi, che le chiusure causate dal Covid-19 hanno già dimezzato i volumi di raccolta provocando un conseguente calo di gettito erariale”, che nel 2020 vedrà scendere le entrate per lo Stato provenienti dal mondo del gioco da 10 miliardi a circa 5 miliardi di euro. Anche se il tema sembra ormai destinato ad essere presto archiviato, visto che, anche nel caso in cui dovesse essere scongiurato il lockdown generale e fino alla fine dell'anno, il timore generale è che le attività di gioco non vorrebbero comunque riabilitate, essendo ormai state relegate nell'alveo di quelle a carattere non essenziale. Facendo ipotizzare un 2020 praticamente già concluso per i locali di gioco.
 
LA REAZIONE A CATENA SU REDDITI E CONSUMI – Ma non è tutto. Sì, perché a preoccupare ancor più gli addetti ai lavori sono anche – e soprattutto - gli effetti diffusi, dovuti al coinvolgimento della filiera. Nel calcolare l’impatto delle restrizioni sull’economia del Paese – come fatto nello studio de IlSole24ore – bisogna tenere conto della perdita subita dai fornitori, dalla logistica per il trasporto della merce, dalla pubblicità ridotta o cancellata, pensando a livello generale. Quello che Russo chiama “effetto diffuso” è una specie di reazione a catena, dove i mancati redditi dei primi anelli della catena si riflettono in un calo di spesa generale. “Non è solo il ristoratore che non ha fatto la spesa al mercato o dal contadino e non ha comprato nuove tovaglie, ma sono anche i dipendenti che si ritrovano ad avere meno redditi, e quindi non possono spendere, rimanderanno gli acquisti programmati impattando a loro volta su altri settori, e, infine, decideranno di risparmiare a causa del clima di estrema incertezza”. Tornando al caso dei giochi, quindi, è evidente che, oltre alla chiusure, quando si potrà finalmente ripartire con le attività sul territorio, ci sarà da attendersi una forte riduzione della raccolta per via della minore propensione o possibilità di spesa dei cittadini.
 
IMPATTO DI 224 MILIARDI DAL PRIMO LOCKDOWN - Prima di questo secondo lockdown Russo e Terna si erano occupati dell’impatto della precedente chiusura, arrivando a conteggiare in 53 miliardi di euro la perdita diretta subita dall’economia nazionale e in 224 miliardi la perdita complessiva. Tenendo conto dell’insieme di ricadute causate dal blocco delle attività e gli effetti trascinati sui prossimi mesi porta a un moltiplicatore di 4,2 rispetto alla cifra iniziale. Con l’indice di contagio economico che risulta praticamente il doppio rispetto a quello del virus.
Ma la notizia peggiore che arriva dallo studio degli esperti è che le risorse destinate ai ristori per sostenere le attività colpite non risultano sufficienti. Secondo l’economista torinese il danno creato dalla pandemia non è più collaterale ma è sistemico. Per sapere se, quanto e in quanto tempo l’economia sarà in grado di recuperare dipenderà dagli effetti del Recovery Plan e della domanda aggiuntiva generata dalla prossima manovra. Ma allo stato attuale non è ancora possibile quantificare un possibile effetto da parte di queste variabili.
 
MISURE ALTERNATIVE AL LOCKDOWN – Ma non è tutto. Si, perché, tra la variabili (negative) da tenere in considerazione c'è anche quella dei possibili posti di lavoro che si andranno a perdere, non appena terminerà il blocco dei licenziamenti, quando molte imprese dovranno arrendersi e capitolare di fronte alla crisi. Come fa notare Russo, la strategia del governo sembra essere quella di assicurare la salute dei cittadini per poi ricavare la ripartenza dell’economia”. Invece preoccuparsi di assicurare la salute dei cittadini con una economia ancora in vita. “L’unica cosa che è stata valutata è stato il lockdown, mentre sarebbe stato opportuno prendere in esame un insieme coordinato di misure volto a mitigare gli effetti della pandemia senza mutilare l’economia”, sostiene Russo. Citando come esempi possibili l’opportunità di “dotare tutte le persone ultra 50enni di un congruo numero di mascherine ffp2, potenziare i trasporti, erogare incentivi per la modernizzazione degli impianti di areazione dei locali aperti al pubblico, prevedere l’apertura degli esercizi con fasce di orario riservate all’utenza fragile, come avviene in alcuni Paesi del Nord Europa”. “Non sappiamo che numeri avremmo oggi se fin dallo scorso giugno avessimo investito per mitigare gli effetti del contagio, anziché aspettare il dilagare dell’epidemia per poi chiudere tutto. Di certo, come minimo avremmo una curva più bassa, e ragioneremmo di misure straordinarie senza essere condizionati, come sempre, dall’emergenza”. “Too little, too late”, coem dicono gli americani, ovvero: “troppo poco, troppo tardi”. Soprattutto per i giochi.
 

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