Sì, perché al di là dei numeri (618 milioni di euro entro il 15 novembre 2013 per sanare una sanzione di 2,5 miliardi ridimensionata del 25 percento), ci sono i fatti. E non serve ricorrere ad alcun retroscena per capire che la misura adottata dal governo non sta affatto in piedi. Sia dal punto di vista economico che da quello istituzionale. E, probabilmente, anche da quello giuridico. Del resto, lo ha affermato anche il presidente di Sistema Gioco Italia, Massimo Passamonti, in una intervista a 'Il Fatto quotidiano', nella quale annuncia l'impraticabilità della transazione, specificando che "A queste condizioni le aziende non aderiranno alla transazione". Sottolineando, con l'occasione, che per essere un regalo, come urlato da diversi pulpiti, magari sarebbe dovuto essere anche sostenibile. Diciamola tutta: i concessionari, se fosse stato conveniente, avrebbero fatto a corse per aderire alla sanatoria. Invece, così non è. Ma continuiamo a parlare di inciuci e regalie. Sarebbe stato molto più semplice, nel fare i conti, andare a guardare i bilanci delle società delle slot, per scoprire come, nella maggior parte dei casi, l'esposizione finanziaria (o l'indebitamento) è talmente forte anche soltanto per ipotizzare quel tipo di esborso (che varia da 25 a oltre 200 milioni di euro tra le dieci società) richiesto dalla sanatoria.
Il capitolo più amaro della vicenda, tuttavia, è il risvolto sotto il profilo istituzionale per il settore, oltre all'ennesimo danno di “immagine”. Dopo la stesura della Delega Fiscale in seno al Parlamento, era emerso, per la prima volta, un atteggiamento costruttivo nei confronti del gioco pubblico, che presupponeva una volontà di risolvere le anomalie che contraddistinguono tale comparto e scegliendo, evidentemente, di considerarlo (finalmente) alla parti degli agli segmenti produttivi del Paese. E, con l'occasione, sui tavoli del governo era giunto un testo che racchiudeva tutte le peculiarità, nel bene e nel male, di questa industria, offrendo quindi la possibilità di uno studio approfondito della materia. E in effetti, uno studio c'è stato, visto che, nella ricerca di risorse per tagliare l'Imu, l'unico punto certo era quello dell'impossibilità di ricorrere al lancio di nuovi giochi come pure a un aumento della tassazione. Ma la soluzione a cui è giunto il governo, tuttavia, non risulta all'altezza della situazione, rivelandosi, questa sì, un vero azzardo. Chissà, forse, studiando il settore, anche i ministri ci hanno preso gusto. Purché il banco (in questo caso, il Paese) continui a vincere.