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Gestione casinò, 'valore aggiunto' discriminante per cedente e acquirente

01 dicembre 2023 - 11:23

Una riflessione sulla gestione possibile e auspicabile dei casinò deve considerare anche l'importanza del valore aggiunto.

Scritto da Mauro Natta
Foto di Isaac Smith su Unsplash

Foto di Isaac Smith su Unsplash

Un tempo, quando studiavo ragioneria,  ero fortemente interessato alla definizione dell’avviamento commerciale, come la ricordo, in quanto costituito dal maggiore valore attribuibile al complesso aziendale in aggiunta alla somma dei valori di mercato che lo compongono. Certamente ora mi è di più facile comprensione anche perché collegata all’argomento gestione casa da gioco che potrebbe vedere il ritorno ad una società a capitale privato come quando ho iniziato a lavorare. Mi colpiva il fatto che tra i beni immateriali di una impresa trovavo l’avviamento commerciale in quanto all’azienda e alla relativa attività produttiva  erano attribuibili qualità di produrre profitto, oltre i soli fattori che ne compongono il valore dato dalla somma dei fattori in bilancio.

In sintesi se un'impresa realizza consistenti ricavi ha diritto a vedersi riconoscere un valore di avviamento che, indubbiamente costituisce e rappresenta un aggravio di costi per chi si accinge a rilevare l’azienda  di cui trattasi e di cui ho letto quanto non mi ha soddisfatto.
Chiaramente la qualità dei ricavi netti, ovvero senza le mance parte gestione, si può prevedere tramite il conteggio relativo all’incidenza dei ricavi slot sul totale e ancor meglio dai bilanci e relativi allegati. Non vorrei sembrare noioso dopo le tante tabelle evidenziate alla attenzione di coloro che hanno letto i miei precedenti articoli sull’argomento, quindi non ne espongo in questa occasione se non l’indispensabile.

Andando alla qualità del gioco, che l’incidenza dei ricavi slot sul totale aiuta a definire, senza voler nascondere che non si può mirare a quelli che sono maggiormente redditizi  perché, a ben vedere, è l’offerta che deve adeguarsi alla domanda,  la si può sempre ricavare. Tutti infatti, conoscendo la vera redditività dei giochi da tavolo per ciascuna tipologia e dai singoli risultati che sono reperibili, possono trarre le conclusioni.

Quali potrebbero essere altri fattori da considerare opportunamente allo scopo di individuare se esiste e in quali termini, il valore dell’avviamento?
La posizione geografica e le prospettive dal punto di vista turistico, la consuetudine di ospitare manifestazioni sportive e non di sicuro interesse ed una forza attrattiva sperimentata, il personale altamente preparato  sul fronte della multifunzionalità e professionalità; non può mancare la reale possibilità di incrementare l’offerta.

Non possiamo sottacere la mancanza al Casinò di St. Vincent, forse temporanea,  di un contratto collettivo di lavoro unico che permette, come si diceva un tempo, di stare più tranquilli, ma c’è, anche se non molto, il tempo.
Nemmeno esiste, al momento, un contratto nazionale al quale fare riferimento, forse non voluto o non comodo per potesi meglio adeguare alle esigenze che si prospettavano e si presentano differenti da casinò a casinò o ancora per altre ragioni anche di poco momento in questa circostanza. Sta di fatto che può rappresentare un ostacolo di grandezze diverse ma, pur sempre, un impedimento eventualmente da mettere in conto.
Si è letto di gestioni di case da gioco in concessione a soggetti privati, personalmente ho detto la mia in altra occasione in merito alla società mista, poco rileva, la scelta spetta alla politica. Il mio intento vorrebbe indirizzare a una serie di considerazioni dove il valore aggiunto assume importanza sia per chi cede sia per chi subentra. Non va dimenticato, in ogni caso, la motivazione per la quale dal 1927 in poi (1946) sono state autorizzate, in deroga agli articoli del codice penale dal 718 al 722, le attuali case  gioco nel Paese.

Questa lunghissima premessa mi è servita per introdurre le molte perplessità che sono nate dopo aver letto, e non per una sola volta, l’articolo de La Stampa “Casinò al bivio”, oggetto anche di dibattito in Consiglio Valle. Non desidero ritornare su quanto già espresso e che si può ora riassumere in una unica considerazione: l’impressione che l’oggetto da proporre in vendita non sia stato presentato nel modo più consono alla soluzione che si prospettava.

Tot. ricavi

2018

2019

2020

2021

2022

St. Vincent

57.838.986

60.630886

29.677.628

30.351.627

62.400.054

Venezia

97.595.986

92.800.744

41.564.560

54.385.332

104.435.224

Campione

45.460.976

 

 

 

40.503.682

Sanremo

42.878.177

44431.09

23.569.891

22.096.606

43.523.009

g. tavolo

2018

2019

2020

2021

2022

St. Vincent

23.075.757

23.461.188

11.940.366

13.221.374

28.971.944

Venezia

43.528.388

40.354.233

16.482.773

12.943.909

44.558.142

Campione

13.412.917

 

 

 

12.943.593

Sanremo

8.373.112

8.893.923

4.338.451

3.549.826

9.165.333

g. tavolo

2018

2019

2020

2021

2022

St. Vincent

23.075.757

23.461.188

11.940.366

13.221.374

28.971.944

Venezia

43.528.388

40.354.233

16.482.773

12.943.909

44.558.142

Campione

13.412.917

 

 

 

12.943.593

Sanremo

8.373.112

8.893.923

4.338.451

3.549.826

9.165.333

Ancora una volta desidero esprimere il mio particolare interesse per la vicenda che riguarda il casinò di Saint Vincent dove dal 1959 al 2000 ho lavorato. Certamente la gestione della società a capitale provato mi ha visto impegnato in diverse mansioni e, a datare dal luglio 1994 sono stato alle dipendenze della società a capitale pubblico che ancora gestisce la casa da gioco.
 

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