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Gestione casinò, anche se privata alla proprietà il potere di controllo

23 maggio 2024 - 13:07

Mentre si riaccende il dibattito sulla futura gestione del Casinò di Saint Vincent, focus sui controlli che restano comunque prerogativa dell'ente concedente.

Scritto da Mauro Natta
Foto di Tobias Tullius su Unsplash

Foto di Tobias Tullius su Unsplash

Stante il considerevole impegno finanziario preventivato dall'amministratore unico del Casinò di Saint Vincent Rodolfo Buat per il rilancio dello stesso, la cui copertura potrebbe inficiare altri investimenti altrettanto se non più necessari, mi pare che la soluzione da me individuata, l'affidamento a un privato, sia la meno illogica.  

Non posso, al tempo stesso, omettere che il mio trascorso lavorativo mi ha permesso di essere dipendente nelle due tipologie di gestione, privata e  pubblica, al prima dal 1959 al 30 giugno 1994, la secondo dal 1° luglio al 31 dicembre del 2000; la mia conclusione è frutto, quindi, di esperienza effettiva e del tutto personale.
Chiaramente se la gestione impegna finanziariamente il privato non può, la parte concedente, non considerare la durata della concessione o altre forme compensative; qui, però, si entra in un discorso quasi esclusivamente politico nel quale non desidero entrare nel modo più assoluto, nemmeno per errore. Se dovesse accadere, e cercherò che non succeda, mi scuso anticipatamente.

Ci sono due aspetti sui quali desidero soffermarmi anche perché ne conosco la rilevanza, più che altro per una tranquillità gestionale senza soprassalti, che potrebbero compromettere l’attività produttiva: il controllo sulla regolarità del gioco e sull’ufficio cambio assegni o, se volete, concessione credito. In ogni caso ritengo di essere stato chiaro il necessario.
Relativamente al cambio assegni non si può negare il fine di incrementare la produttività delle Casa da gioco nel rispetto delle leggi vigenti in materia, con particolare riferimento alla normativa antiriciclaggio. Ebbene affermare che dette operazioni, che il gestore dovrà accollarsi, nascondono un rischio di impresa che, a prescindere da ogni altra considerazione, non si può negare apporti una maggiore utilità esclusiva al concedente anche in caso di mancata riscossione del titolo di credito. Infatti, a mente l’art.1933 codice civile, si deve ammettere che il comprenderli tra i debiti di gioco li accomuna alle obbligazioni naturali. In quanto tali prive di azioni per il recupero come pare essersi dichiarato, ultimamente, il Tribunale di Venezia. 
Ciò premesso si può ragionevolmente ammettere una forma di contributo da parte dell’ente pubblico con la concreta possibilità di quest’ultimo di un controllo sulle operazioni di cui immediatamente sopra. Non mi pare eccessivo accostare al ragionamento complessivo le norme antiriciclaggio vigenti.
Che, forse, necessitano di specifico interessamento relativamente ad altre operazioni in aggiunta a quella conseguente il cambio assegni.
Il controllo sulle regolarità del gioco e, logicamente, degli incassi che interessa per la propria parte di competenza l’ente concedente è quello che intendo narrare, in seguito ma con una attenzione esclusiva e particolare nel senso che il concedente ha una sola incombenza dovuta, a mio parere, alla natura giuridica della tipologia di entrate derivanti dalla casa da gioco.

È risaputo che l’ente concedente procede al controllo in parola in due forme, con la prima che potremmo definire concomitante, verifica de visu col proprio personale direttamente e tramite la visione di episodi riscontrabili nel sistema di video sorveglianza che si trovano su tutti i tavoli. La seconda, a posteriori, permette un controllo molto più approfondito basato sulle complete risultanze dei giochi. 
La differenza tra quanto messo in atto dall’ente pubblico e dal gestore consiste nella differente e più complessa utilità che una oculata gestione cerca, inserendo ulteriori riferimenti quali, ad esempio, le ore di lavoro, il rendimento effettivo di ogni singolo gioco allo scopo di agire consapevolmente sulla politica produttiva e sui servizi alla clientela e sull’adeguamento dell’offerta alla domanda.

Non va sottostimato il rischio di impresa derivante dalla gestione operativa che, in qualunque caso, salvo il precedente in ordine al cambio assegni eventualmente in parte mitigato, rimane a carico del gestore.
Quanto di seguito lo narro ma non lo considero essenziale ma possibile, cioè il fatto che in ogni caso la colpa, mi permetto di aggiungere che non la vuole mai nessuno, non sarà mai del pubblico ma, esclusivamente, del gestore.

Tra queste, ma appare impossibile a realizzarsi, la scelta del management è compito del gestore che, così operando, solleva da qualunque motivo di sommesso mugugno certamente non giustificato ma ipotizzabile a priori.
Le due ultime narrazioni appaiono, oso credere, impossibili anche se mi permetto un accenno, in quanto il gestore privato tende a scegliere per il suo management il meglio che offre il mercato, senza alcun condizionamento ipotizzabile, dal punto di vista dell’esperienza e della professionalità per la motivazione agevolmente comprensibile per chi o coloro che ricercano un ritorno certo dal loro investimento.

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