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Privatizzazione, la possibile soluzione per il rilancio dei casinò

30 aprile 2024 - 09:00

Per l'esperto di casinò Mauro Natta la politica produttiva di una casa da gioco dovrebbe fondarsi sulla ricerca della qualità senza disdegnare la quantità che, al momento, presenta il maggiore impedimento nell’online.

Scritto da Mauro Natta
© Markus Spiske / Unsplash

© Markus Spiske / Unsplash

Privatizzazione della gestione della casa da gioco, se ne è parlato e se ne parla ma il seguito quale potrebbe essere? Forse se ne parlerà ancora ma con quali risultati?

Sicuramente non è possibile prevederlo, la mia idea anche per aver lavorato con una gestione privata dal 1959 al 30 giugno 1994 e sino al 2000 con una pubblica, e non credo per le differenti durate in qualità di dipendente, prevale per il privato.

Mi sono appassionato ancora alle case da gioco dal 2001 e ancora oggi ne scrivo su Gioconews.it interessandomi, come nella maggior parte del tempo, all’organizzazione del lavoro, della produzione e del controllo.

Ho letto nell’articolo pubblicato il 26 aprile a firma Anna Maria Rengo alcune notizie che conoscevo solo per sentito dire: anche a Campione è stata presa in considerazione l’idea della privatizzazione.

 

Ebbene io parto dalle cifre che ho a disposizione, sino al 2022:

 

2017

2018

2019

2022

2023

roulette

6.186.329

3.173.936

 

909.342

 

30/40

1.241.783

413.946

 

124.033

 

Chemin de fer

1.095.190

755.545

 

 

 

Black jack

3.753.767

1.944.551

 

2.529.510

 

Fair roulette

3.171,452

1.213.718

 

3.971.073

 

Punto banco

4.985.613

2.687.783

 

4.620.649

 

Slot machines

64.145.136

32.048.059

 

27.566.090

 

poker

3.850.922

1.8276.482

 

782.984

 

hold’em poker

 

 

 

 

 

hold’em cash

 

 

 

 

 

 

Tornei poker

2.235.567

770.437

 

 

 

craps

483.516

625.521

 

 

 

totale

91.150.277

45.460.977

 

40.503.682

 

presenze

672.351

321.587

 

208.334

 

Quota mercato

32,11%

18,65%

 

16,15%

 

 

È noto a tutti che il Casinò di Campione d’Italia è rimasto chiuso dalla fine del luglio del 2018 a quella di gennaio del 2022.

Chiaramente è impossibile una valutazione per un rilancio di una attività come quella in discorso senza una rigorosa e attenta considerazione del bacino di utenza fisso e variabile in rapporto con particolari eventi e/o manifestazioni.

Non è questo il mio intento stante le limitate conoscenze ma visto l’argomento privatizzazione desidero allargare l’orizzonte ed, eventualmente, fare alcune considerazioni che l’età e l’esperienza penso mi consentono.

Ecco un piano, l’unico a mia conoscenza, relativo al rientro dai debiti e che pare ben riuscito alla data odierna.

Campione

2017

2022

2023

2024

2025

2026

slot

64

28

40

48

55

59

tavoli

27

13

15

17

19

21

totale

91

41

55

65

74

80

Diff,unit.

 

 

14

10

9

6

Diff,progr

 

 

 

24

33

39

 

Campione

2017

2022

2023

2024

2025

2026

Diff,unit,tav,

 

 

2

2

2

2

Diff,progr,

 

 

 

4

6

8

Diff,unit slot

 

 

12

8

7

4

Diff,progr,

 

 

 

24

27

31

 

Gli incrementi attesi sono per i giochi da tavolo 8 dei quali 2 all’anno. Ciò riporta a 0,166 milioni per mese. Quelli per le slot sono complessivamente 31 per i quali possiamo ipotizzare una media di circa 500.000 mensili per cinque anni o poco più.

Nessuno, penso, sia in grado di considerare le performance sicure ma, certamente, attendibili in quanto evidenziate in un documento pubblico.

Una sola domanda mi viene da fare: con quale criterio sono state realizzate le proporzioni di incremento?

Prima della risposta che posso esclusivamente immaginare e che tengo solo per me, desidero esprimere la mia personale convinzione su quali basi dovrebbe fondarsi la politica produttiva di una casa da gioco: ricerca della qualità senza disdegnare la quantità che, al momento, presenta il maggiore impedimento nell’online. Questa abitudine che, molto probabilmente il periodo pandemico ha incrementato non poco, fortunatamente trova il maggiore contributo nei giochi da casinò.

Se nel 2017 le slot hanno prodotto il 70 percento circa dei ricavi e, quindi, il 30 percento è ascrivibile ai giochi da tavolo, si potrebbe constatare la pressoché continuità dal 27,27 al 26,25 percento nell’ultimo esercizio per quanto ai giochi da tavolo.

Il futuro della casa da gioco è fondato maggiormente sui ricavi slot e non sull’introduzione di giochi nuovi che, con l’apporto di proventi accessori, potrebbero, anzi possono, incentivare l’occupazione.

2022

Saint Vincent

Sanremo

Campione

Venezia

Totale

Giochi tavolo

28.971.944

9.166.333

12.9375.92

44.558.142

95.633.011

slot

33.428.110

34.357.677

27.566.090

59.877.082

155.228.959

totale

62.400.054

43.523.010

40.503.682

104.435.224

25.086.1970

presenze

295.599

174.973

208.334

625.735

1.304.641

Mi chiedo se, considerando ed analizzando la composizione del bacino di utenza in ogni possibile forma, sia ragionevolmente pensabile prevedere un incremento nei giochi da tavolo. Dalla prima tabella si può notare che lo chemin de fer non è più praticato, forse, a quanto mi risulta pensano di immetterlo sempre a Lugano. A proposito ho letto la notizia dell’inaugurazione, sempre a Lugano, della Oriental Room.

È comprensibile la preoccupazione per i costi del personale e dei servizi. I primi è probabile che abbiano influenzato la scelta per il punto banco piuttosto che per lo chemin de fer anche per la portata del rischio di impresa. Lo stesso o quasi potrebbe riscontrarsi per la roulette francese tra la fair e la tradizionale. Anche l’incremento dell’offerta sia nei giochi sia nei servizi potrebbe risentirne per il numero differente degli occupati nelle due tipologie di roulette considerate e per la inesistente garanzia del loro ritorno.

Concludo con una convinzione che mi ha accompagnato per moltissimi anni: anche le slot hanno un costo in quanto devono rimanere in esercizio se utilizzate mentre quelle “vecchie” non producono reddito come un tempo. Sia che si proceda all’acquisto ed allora avremo un posta di rettifica nel conto economico (l’ammortamento), sia che si ricorra al noleggio e, quindi, il relativo costo vi inciderà direttamente.

Chiaramente non posso che fermarmi a questo punto dopo aver espresso, come anticipato, alcune considerazioni del tutto personali.

Mi permetto di affermare che la gestione affidata ad una società a capitale privato o misto, ma a maggioranza privato, è la migliore soluzione per tanti motivi. Tra questi la non ingerenza della politica a beneficio di una completa e maggiore professionalità, provata esperienza e garanzia effettiva in tema di competenza specifica.

Una siffatta gestione non può che essere affidata ad un management tecnicamente valido a supporto del capitale privato, teso al raggiungimento dell’utile proprio e dei proventi derivanti al concedente.

Per privatizzare si può intendere, e lo condivido, quel procedimento mediante il quale una azienda, dapprima gestita da un soggetto pubblico, viene restituita alla iniziativa imprenditoriale privata. L’obiettivo consiste nell’aumentare l’efficienza dell’apparato produttivo sostituendo alla gestione pubblica, caratterizzata spesso da altre priorità, una gestione privatistica maggiormente tesa al conseguimento del profitto.

L’articolo a firma Marco Fiore del 27 aprile mi trova d’accordo perché non posso che condividere “autorizzare nuovi casinò in Italia avrebbe creato nuova occupazione, contribuito al rilancio di alcune destinazioni turistiche, tutelato maggiormente i giocatori e generato risorse economiche importanti”.

Un tentativo ci fu nel lontano 1992, furono depositati in Parlamento molti disegni e progetti di legge in argomento nuovi casinò e, se ben ricordo, si accennava, non in tutti, a casinò stagionali e sulle navi da crociera battenti bandiera italiana oltre lo Stretto di Gibilterra e il Canale di Suez.

Ma il legislatore proponente, a mio parere, aveva dimenticato il più importante del discorso: la Corte costituzionale aveva, nel 1985 con la sentenza n° 152 raccomandato il Parlamento a metter mano ad una legislazione organica in tema di case da gioco: “Si impone dunque la necessità di una legislazione organica che razionalizzi l’intero settore, precisando tra l’altro i possibili modi di intervento delle regioni e degli altri enti locali nonché i tipi e criteri di gestione delle case da gioco autorizzate, realizzando altresì, in tema di distribuzione dei proventi, quella perequazione di cui alla legge 31 ottobre 1973, n. 637, sulla destinazione degli utili della casa da gioco di Campione, può essere considerata solo un primo passo”.

Nell’attesa che il Parlamento, dopo il gioco pubblico si occupi del gioco fisico intendendo con ciò le case da gioco.

Sicuramente si può condividere l’idea che la gestione di una impresa comporta l’assunzione di rischi e, pensare al solo bilancio purché in attivo, anche minimo, non dovrebbe rappresentare la preoccupazione dell’ente pubblico gestore anche se non diretto come un tempo che fu.

Ergo, anche per me, esistono altre tipologie di gestione come ho ricordato. Mi permetto un invito per tutti, compreso lo scrivente: meditiamo il più possibile!

 

 

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