Dopo mesi di indagini al Casinò di Sanremo è stata scoperta la cosiddetta “mela marcia”. Il tutto in una casa da gioco e non è il caso di scendere in particolari. Il fatto, le continue perdite di un tavolo, che non erano credibili. Per quale motivo non lo erano?
Uno dei casi che mi pare si possano citare è l’insorgere di un sospetto, forse per risultati esorbitanti dalla logica, in quanto l’entità della partita agevolmente non permetteva di giustificarli (la speranza matematica del banco ha un fondamento solido ma non esclusivo; l’utilizzo come termine di paragone dei contanti cambiati al tavolo se ciò può avvenire anche alla cassa non è tutto), perché le mance avevano raggiunto un percentuale, paragonandole ai risultati del tavolo, troppo difforme dalla norma o perché l’incidenza dei proventi slot sul totale aveva subito un deciso incremento. Forse c’era chi vinceva irregolarmente.
Quanto precede è ciò che può esprimere chi è al di fuori e legge le notizie apparse sulla stampa locale particolarmente attenta al settore in discorso.
È presumibile che i tavoli del gioco di cui trattasi fossero più di uno, altrimenti sarebbe difficile comprendere il tempo necessario per trovare il colpevole.
Ma, allargando l’ipotetica indagine che qui tento di riprodurre, il rapporto difforme tra mance ed introiti lo troviamo anche allo stesso tavolo.
Non va sottaciuta la possibilità del confezionamento di quello che ai miei tempi si definiva il “salame” consistente in una sequenza favorevole di carte garanzia di una vincita certa dopo l’uscita della carta spia.
Ecco un elemento aggiuntivo che permette di individuare il colpevole se i riscontri di cui si è detto corrispondono al servizio prestato al tavolo incriminato.
Quanto mi sono permesso di scrivere è la conclusione di ciò che sostengo da molto, forse troppo, tempo su queste pagine: le mance devono essere conteggiate sempre, e lo sottolineo, tavolo per tavolo.
Le esigenze della contabilità che necessita di importi raggruppati gioco per gioco di ricavi netti e mance per la parte di competenza della gestione sono perfettamente ottenibili da un sistema computerizzato utile al controllo prima di tutto e ad altri risultati utili e facilmente ottenibili.
Posso tranquillamente capire chi pensa che il controllo rappresenti il mio chiodo fisso o che, per mio conto, quello esposto sia, per me, il solo ed unico modo per farlo adeguatamente. Non è così. È il metodo che ho avuto il piacere di utilizzare ed apprezzare per i risultati ottenibili.
Molto probabilmente, anzi senza alcun dubbio, ne ho scritto magari a rate ma invito il lettore ad immaginare un programma che partendo dal tipo di giornata (feriale, prefestiva, festiva e con manifestazione), proseguendo con le presenze (a pagamento e a invito, forse solo le seconde perché non credo si paghi, al momento, per l’ingresso), con i risultati (netti e mance) tavolo per tavolo e la possibilità di avere le rispettive sommatorie ad uso contabilità ma sempre accompagnate dai relativi giustificativi, con le ore lavorate per ogni tavolo e complessive per ogni gioco, con tutti i dati, tavolo per tavolo, riguardanti gli elementi riguardanti la chiusura (dotazione iniziale, contanti cambiati al tavolo, aggiunte, esistenza finale) ed altri che si possono aggiungere lo giudichi insoddisfacente magari in parte. Ulteriori informazioni si possono ottenere. Non è pretendere l’impossibile ma, indubbiamente, quello che ho sempre denominato effetti collaterali, altro non sono che benefici utilissimi ad una attenta gestione.
Giornalmente e periodicamente si potrebbero consultare i risultati che interessano e poter usufruire, quasi immediatamente, di quanto in quella occasione, è necessario dover controllare e/o produrre. Non c’è da nutrire dubbio alcuno, mi pare che l’utilità del mio, forse eccessivo e personale convincimento, sia fondato e adeguatamente supportato.
Ma a tale conclusione è abbastanza agevole arrivare; è sufficiente porre mente alle necessità di una gestione orientata a un'organizzazione orizzontale e improntata alla snellezza funzionale. Chiaramente non può non tener conto che il tempo in una attività come quella in discorso è denaro.
Lo è allorché sorge la necessità di adeguare l’offerta alla domanda e si hanno a disposizione le presenze, l’introito relativo al gioco in esame, le ore lavorate i ricavi netti e le mance e, forse altro ancora di utile.
Non si può negare che a detta operazione corrisponde o può corrispondere un miglioramento qualitativo e quantitativo dei proventi.
Non si può nasconderne, forse volendo fare i farmacisti come si diceva, l’utilità per predisporre corsi di formazione e/o di perfezionamento in previsione di eventuali tendenze stagionali. I nominati corsi sono attuali e utili tutto l’anno perché è la professionalità dei marinai che fa il porto.
Per essere ripetitivo e, forse, noioso sino in fondo desidero precisare la motivazione principale per la quale sono un tenace sostenitore della metodologia appena esemplificata.
Il fatto che la natura giuridica delle entrate derivanti dalla casa da gioco all’ente pubblico proprietario in ogni tipologia di gestione sia tributaria è la prima; la seconda riguarda le componenti di dette entrate: i ricavi netti dei tavoli da gioco e le mance.
Dei ricavi netti, sulla base degli accordi contrattuali tra concedente e concessionario, l’ente pubblico ne lascia una parte alla gestione e allo stesso modo, ma in questo caso solo per la parte che le compete, le mance. Ciò avviene logicamente perché il concedente deve garantire l’economicità della gestione.
Non è il caso di esaminare le motivazioni per le quali, a datare dal 1927 sono state autorizzate, in deroga alle disposizioni del codice penale in tema di gioco d’azzardo, le case da gioco. Ricordo la legge n. 488 del 1986 e, più recentemente, la sentenza n. 90 del 2022 della Corte costituzionale.