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Casinò, il valore del marchio tra sottovalutazioni e realtà

13 maggio 2024 - 10:32

Il valore del marchio Casinò Campione era stato stimato pari a zero, ma 'curiosamente' sempre più società di gioco online cercano di appropriarsi di analoghi, anche in maniera illecita.

Scritto da Anna Maria Rengo
Foto di Slidebean su Unsplash

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Il tema dell’utilizzo non concordato e quindi illegale del marchio di casinò nazionali terrestri da parte di società online è di nuovo sotto i riflettori. Dopo l'episodio verificato al Casinò di Campione d'Italia, dove la società ha affermato di dover agire giudizialmente per “riappropiarsi” del  marchio, un intento simile è stato annunciato anche dal Casinò di Saint Vincent per voce del presidente della Regione Valle d’Aosta Renzo Testolin.

E infatti, il promotore dell’interrogazione Stefano Aggravi, al quale Testolin ha risposto, ha affermato in Consiglio Valle:  “Che i casinò terrestri, perlomeno quelli italiani, siano spesso vittime di 'furti' di marchio, è cosa risaputa”.
Ma perchè questi episodi? I casinò online spesso non vantano un'elevata notorietà e preferenza del proprio  marchio, dato l’ingresso relativamente recente nel mercato, e pertanto ricorrono all’utilizzo (sicuramente anche in modo legale) di marchi di casinò terrestri tradizionali, il cui valore è dato proprio da una notorietà e preferenza costruita in decine e decine di anni e dalla possibilità, appunto, di sfruttamento commerciale in partnership con il settore del gioco online.

Il tema del valore del marchio è oggi sugli scudi perchè su questo si sono mosse delle accuse verso gli ex amministratori del Casinò di Campione d'Italia. In particolare i curatori fallimentari (poi cessati con il venir meno del fallimento e coinvolti nella procedura di licenziamento collettivo errata che ha generato danni per svariati milioni di euro alla società) hanno affermato la totale assenza di valore del marchio del casinò , diversamente dal valore positivo esposto a bilancio.
I curatori fondano la loro accusa su di un parere rilasciato dal professor Valerio Tavormina che, testualmente, scrive: “Tali marchi (del Casinò di Campione d’Italia Ndr) non hanno alcun valore, perché – essendo riferiti all’attività del gioco d’azzardo, che per legge può essere esercitata solo dal Comune – nessuno potrebbe comprarli e neppure usarli se non la Società”.

A chi da tanti anni scrive di gioco questa valutazione sembra abbastanza lontana dalla realtà, dato che si considera, incredibilmente, il settore del gioco come articolato nel solo settore del gioco d’azzardo dei casinò terrestri nazionali, tralasciando totalmente il gioco pubblico, che è invece, il principale terreno di sfruttamento del valore del marchio, che è, appunto, quello dei casinò online.
Il valore del marchio di un casinò terrestre è ormai un fatto così accettato dagli analisti economoci che Brand Value, leader globale di settore, inserisce proprio i casinò terrestri come i detentori del maggior valore del marchio nel settore del gambling.
Nella vicenda di Campione di Italia si è ormai compreso come, in questi anni, siano presenti interessi diversi e che magari c'è stato anche chi ha aspirato arrivare alla privatizzazione della società. 

In ogni caso, il valore del marchio è un tema centrale e da dibattere nelle prossime tappe del lunghissimo, ormai quasi decennale percorso giudiziario (primo atto il blitz del gennaio 2015), che coinvolge la Casa da gioco, ma anche il Comune e i campionesi.

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