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Casinò, le ragioni del localismo normativo e del mancato ascolto della Consulta

07 novembre 2022 - 09:34

Una disamina dei motivi che hanno portato le case da gioco tricolori a restare quattro e a basarsi solo su norme locali.

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Non mi trovo troppo d’accordo quando si scrive che il nostro Paese ha deciso che le case da gioco sono quattro e tali devono rimanere; posso contestare se si afferma che le case da gioco in Italia si reggono su provvedimenti locali o quasi perché si tratta di decreti convertiti in leggi o riconosciuti allo stesso livello probabilmente per le specifiche motivazioni che contenevano.
Dal 1927 al 1946, il primo per  Sanremo (1927) e l’ultimo per Saint Vincent, Campione d’Italia (1933), Venezia (1937) e Saremo sono stati istituiti con  decreti poi convertiti in legge. 

Per Saint Vincent  mi pare significativo rammentare uno stralcio della sentenza n. 90/22 della Corte Costituzionale: “La possibilità, prevista per la Regione automa Valle d’Aosta, di istituire e gestire una casa da gioco (…) hanno contribuito  alle entrate regionali al fine di sovvenire alle finanze di comuni o regioni ritenute dal legislatore qualificate dal punto di vista turistico e della situazione di dissesto finanziario”. Il virgolettato si riferisce a una sentenza della stessa Corte richiamata, la n.152 del 1985.
Da quanto precede è possibile trarre la natura giuridica delle entrate che derivano agli enti pubblici dalla casa da gioco insistente sul loro territorio. Così come le definisce il decreto n. 319/86 convertito con legge n.488/86: pubblicistiche o tributarie.
Non desidero, in questa occasione, approfondire quali siano le entrate in parola ma invito il lettore interessato a visionare il capitolato tra i Comuni di Sanremo e Venezia e le rispettive società di gestione delle case da gioco.

Pongo però l’accento sul fatto che le entrate in discorso si trovano, nei bilanci degli enti pubblici proprietari della casa da gioco nei bilanci al titolo primo sotto la denominazione entrate tributarie. Con quanto ne consegue, a mio avviso, per ciò che si riferisce al controllo. Lo accenno perché in tutti i progetti e disegni di legge presentati in Parlamento era prevista l’istituzione di un corpo speciale di polizia formato da  appartenenti all’arma dei Carabinieri, della Polizia e della Guardia di finanza.

Ma la richiamata Corte non si è limitata ad una sola volta nel richiamare il Parlamento a legiferare e produrre una legge organica in tema di case da gioco!  A dire il vero nel 1992, se la memoria non mi fa danno, alla Camera e al Senato furono presentati progetti e disegni di legge che nello articolato, trattavano la problematica sotto molti aspetti, sino a prevedere l’albo dei gestori e dei croupier. Era anche prevista la possibilità che uno dei gestori in attività potesse gestirne un secondo, i casinò sulle navi da crociera e, anche, la deroga all’articolo 1933 del codice in tema di debiti di gioco e obbligazioni naturali. 
Molto probabilmente nel 1992 c’erano altre questioni che hanno molto impegnato la classe politica. 

Nel 2008, esattamente l’8 luglio è stato comunicato alla presidenza del Senato della Repubblica, era la XVI Legislatura, l’ultimo per me nel senso che non ne ho trovato altri, disegno di legge dal titolo Disposizioni per la regolamentazione dell’esercizio delle case da gioco. Il primo firmatario è il senatore De Angelis.
Anche nel citato documento si fa riferimento alla disorganicità normativa relativa all’esercizio delle case da gioco sulla quale si è espressa per ben due volte la Corte Costituzionale tanto da affermare, nella sentenza n. 291 del 25 luglio 2001 come sia ormai divenuto improrogabile riformare un sistema normativo “ormai superato e sotto diversi profili incoerente rispetto all’attuale quadro costituzionale”.
Il disegno di legge prosegue: “Con la finanziaria del 2007, inoltre, non c’è più alcun ostacolo al business dell’azzardo. Sulla nuova frontiera dei giochi online gli italiani possono scommettere come vogliono dove vogliono e con chi vogliono”.
E prosegue: “Questi sono i risultati di norme lacunose e cieche, approvate con lo sopo dichiarato di combattere la raccolta abusiva e di tutelare il consumatore mentre, per contro, persiste un ingiustificato diniego all’apertura di nuove case da gioco”.
Non posso che essere d’accordo, invece, che casinò e sviluppo turistico devono essere coniugati congiuntamente anche, se non soprattutto, per la rilevanza in campo occupazionale e tenuto debito conto dell’importanza del turismo in tema di prodotto interno lordo. 
Tanto è vero che in alcuni degli elaborati presentati in Parlamento era prevista l’apertura di case da gioco stagionali.

Ma non è tutto! Prima di chiudere desidero riportare ciò che si può leggere nel disegno di legge citato: “Diniego (persiste un ingiustificato diniego all’apertura di nuove case da gioco) attraverso il quale si ignorano le importanti ricadute sul piano occupazionale dello sviluppo, dell’indotto turistico e della valorizzazione del territorio che le stesse case da gioco possono assicurare”.
Termina così: “È per questo, onorevoli senatori, che il presente disegno di legge intende indicare una volta per tutte nome per la realizzazione del settore delle case da gioco, provvedendo in via generale a delineare il quadro normativo per la situazione e per la gestione delle case da gioco in Italia”.
Concludendo  mi sento di ritornare su ciò che inizialmente mi vedeva poco d’accordo; aggiungo che i contrari a nuove case da gioco si possono trovare, forse, in una parte credo poco individuabile tra coloro che,  probabilmente, hanno una scaletta delle priorità divergente.

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