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Isi ed entrate tributarie, focus su casinò e loro proprietà

23 settembre 2024 - 10:38

L'analista di gaming Mauro Natta esamina le ricadute sulle proprietà dei casinò dell'imposta sugli intrattenimenti alla luce dei vari interventi normativi.

Scritto da Mauro Natta
Foto di Paul Skorupskas su Unsplash

Foto di Paul Skorupskas su Unsplash

Mi sono dedicato alla ricerca di documentazione che potesse chiarirmi meglio l’argomento: imposta sugli intrattenimenti. Vi posso garantire che è stato molto impegnativo e complesso, mi veniva in mente un mezzo per complicare ciò che potrebbe essere più semplice. Forse non c’era altro modo.  Ho letto molte pagine e di queste ne riporto una piccolissima  parte.

- In attuazione della legge delega 3 agosto 1998, n. 288, il governo ha emanato il dlgs 26 febbraio 1999, n. 60, in vigore dal 1° gennaio 2000 operando una revisione organica del trattamento tributario della attività di spettacolo, degli intrattenimenti, dei giochi e delle altre attività assimilate.
- Il legislatore delegato ha pertanto rielaborato le fondamenta del Dpr 26 ottobre 1972, n. 640, attuando una vera e propria separazione tra attività di intrattenimento e attività di spettacolo.
- L’ambito applicativo dell’imposta sugli intrattenimenti è definito dal novellato art. 1, Dpr, secondo cui sono soggetti all’imposta i giochi e le altre attività.
- Il quarto e ultimo punto prevede la soggezione a imposta dell’esercizio dell’attività di gioco... casinò o in altri luoghi a ciò destinati (|ad es. navi da crociera).

Finalmente ho trovato quello che mi interessava, certamente ho letto molto altro, “Per le case da gioco, l’imponibile è costituito giornalmente dalla differenza tra le somme incassate per il gioco e quelle corrisposte ai giocatori per le vincite, includendo nel calcolo anche gli accantonamenti di parte delle giocate ai fini della costituzione o dell’incremento del jackpot, poiché esse non costituiscono ancora vincite pagate ai giocato, ed escludendo quanto dovuto dalle case da gioco agli enti pubblici concedenti, ai quali la legge riserva in via esclusiva l’esercizio di tale attività”.

Da quanto sopra mi pare si possa ragionevolmente comprendere che:
introito 100, al concedente 10, Isi 9, rimangono 81 ed è su questo conteggio rapido che il concessionario eventuale dovrà fare i propri conti sulla scorta di investimenti, costi di produzione ed altro afferente al passivo per conto economico, sempre che a pagare sia lo stesso gestore.
Dalla circolare 7/9/2000 n. 165 la base imponibile era nota dal comma 4 dell’art. 3 del Dpr n. 640 del 1972. Sempre dalla medesima circolare troviamo l’aliquota per le case da gioco, 10 percento.

Nel mio precedente articolo mi sono permesso di scrivere: “Concludendo non ritengo si possano nutrire dubbi sul fatto che, dopo aver constatato che la mancia è una parte della vincita, che quest’ultima non è tassabile ai fini dell’imposta personale sul reddito delle persone fisiche, che così operando si decrementano i costi di produzione dei concedenti ai quali la legge riserva in via esclusiva l’esercizio di tale attività e, allo stesso tempo, invece, si incrementano le entrate tributarie a beneficio degli stessi enti nello spirito istitutivo che possiamo trovare nei decreti che, a datare dal 1927, sono stati emanati e convertiti in leggi”.

E allora, vista l’introduzione da parte del Governo della pensione integrativa non dovrebbe presentare motivo ostativo il non applicare la tassazione delle mance percepite dal personale delle case da gioco (croupier) allo scopo di incrementare le entrate tributarie a favore del concedente sia si tratti di una gestione affidata in concessione ad una società a capitale pubblico (nella attuale situazione i Comuni di Sanremo, Campione d’Italia e Venezia e la Regione Valle d’Aosta) o a capitale privato.
Nel caso di gestione pubblica il maggior beneficio si trova nell’utile più alto a seguito di minori costi di produzione; se la gestione è privata, nella più importante percentuale sui proventi che il gestore può versare, quale canone di concessione, all’ente pubblico concedente. 
Relativamente ai costi di produzione non può omettersi che la contribuzione pensionistica di cui alla lett. i, art. 3 decreto n. 314/97, è del 33 percento circa dell’importo attualmente assoggettabile ad imposta sul reddito delle persone fisiche.

Il dipendente dovrà provvedere nella modalità che verrà indicata e scelta  la forma di integrazione del trattamento pensionistico derivante dalla retribuzione ordinaria.
Quanto precede è nell’ottica di proporre un intervento che da un lato, tendendo nella dovuta considerazione le entrate tributarie, migliora la disponibilità finanziaria del concedente e, dall’altro, consente alla fiscalità generale di introitare il dovuto quale imposta sugli intrattenimenti.

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