Eccomi, ritorno a scrivere di mance nei casinò ma non quale argomento esclusivo. Trattasi soltanto dell’introduzione ad una problematica che, dal 1998, mi trascino e mi pare rilevante proprio in occasione dell’appena trascorsa ricorrenza del 1° maggio.
Per l’occasione provo ad esporre un problema che potrebbe diventare di attualità stante la non difficile situazione da potersi immaginare prossimamente con la crescente e varia concorrenza fatta di comodità, semplicità e facilità di accesso, senza contare l’impatto dei costi connessi al gioco fisico.
La sentenza n.1775 del 18 maggio 1976 della Sezione lavoro della Suprema corte di cassazione, a proposito della mancia ai croupier recita: “Il sistema mancia è retto da un uso normativo che si ricava dall’indirizzo consolidato della giurisprudenza dal 1954, tanto consolidato quanto idoneo ad assumere un ruolo di fonte secondaria del regime giuridico proprio del particolare rapporto che obbliga il giocatore vincente ad elargire una parte della vincita al croupier e questi a ripartirla con gli altri addetti ed il gestore...”.
Con sentenza 9 marzo 1954, n. 672, la Cassazione, prendendo in esame il caso specifico dei dipendenti delle case da gioco, in una causa instaurata da alcuni dipendenti del casinò di Sanremo contro il Comune perché fosse dichiarato nullo il patto di devoluzione di una quota del monte mance all’ente gestore del Casinò si pronuncia concludendo, tra l’altro, che il patto che attribuisce all’azienda una parte delle mance non è nullo per mancanza di causa dato che il datore di lavoro offre al lavoratore l’organizzazione e l’occasione per ricevere le mance.
La ripartizione avviene anche con percentuali differenti dal 50 percento, come, ad esempio mi risulta, a Venezia dove troviamo 54 all’azienda e 46 agli impiegati, percentuale che convive con 40 all’azienda e 60 percento agli impiegati.
Ora ritorno sul patto di devoluzione che ritengo estraneo al contratto di lavoro.
Ed è su questa conclusione, potrebbe essere dato di credere, che il citato decreto legislativo qualifica le mance stabilendone la tassazione e la contribuzione ai fini pensionistici.
Ecco il vero argomento: l’art. 46 della Costituzione che rappresenta, quale norma fondamentale, un tramite per realizzare una concreta ed effettiva elevazione economica e sociale del lavoro in una forma collaborativa con le esigenze della produzione.
Non si può omettere che, con questo articolo, viene riconosciuto il diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende nei limiti e nei modi stabiliti dalle norme di legge in vigore.
Non si potrebbe non considerare che la norma è mirata a migliorare le condizioni dei lavoratori e la produttività dell’azienda; nella attività in discorso, non è di poco momento.
Come potrebbe realizzarsi la partecipazione dei lavoratori all’azienda?
Con la presenza di una rappresentanza all’interno degli organi di controllo e decisionali, così abbiamo una partecipazione che potremmo definire organizzativo e gestionale, oppure di tipo informativo e consultivo volto alla conoscenza dei piani aziendali.
Che esito conclusivo ha avuto il documento approvato in prima lettura “Disposizioni per la partecipazione dei lavoratori alla gestione, al capitale e agli utili delle imprese” mi pare all’inizio del corrente anno?
Rammento un articolato discretamente lungo e completo, mi pare fosse composto da 14 articoli, esaminava molte possibilità di partecipazione e, nel limite del possibile, quindi mi riservo di approfondire relativamente al seguito parlamentare.
Una parte della vincita al croupier e questi a ripartirla con gli altri addetti ed il gestore... ecco come viene definita la mancia.
È agevole comprendere che l’eventualità della mancia è conseguente alla possibilità di vincita e che questa dipende dal vantaggio del banco, per fare un esempio: il 2,77 nella roulette francese e il 5,54 percento in quella americana.
È altrettanto facile, quindi, ammettere che non tutti i giochi producono identici proventi aleatori e/o accessori (mance) ed è comprensibile che i percettori di una parte possano desiderare di rivedere - e non è la prima volta che succede - l’entità del patto di devoluzione a favore del gestore.
Sia chiaro, che per le ragioni che si possono trovare nella sentenza della Cassazione del 1954 e nel Dm n. 314 citati, si ammette che la mancia non ha carattere retributivo in quanto non compresa nel trattamento economico dei dipendenti. Il patto di devoluzione non è nullo per mancanza di causa, ma, allo stesso tempo, c’è da essere convinti, anche per i precedenti riportati, che il quantum di cui alla parte del gestore, è perfettamente negoziabile.
Questo, conto tenuto dell’interesse economico dei dipendenti tecnici collegabile alla tipologia dell’offerta impiegata nella politica produttiva dell’azienda, non può che ritenersi accettabile e, al tempo stesso, coerentemente evidenziato a mente le parti aventi causa.
Non è mia intenzione annoiare chi legge ma non posso rinunciare a un breve riepilogo di quanto ha interessato la questione “mance” ai croupier delle case da gioco.
Desidero dimostrare, se possibile con le mie limitate conoscenze, che il punto di partenza per il fisco era identico: quanto contribuisce alla pensione deve essere tassato.
E, brevemente, rammento tre provvedimenti legislativi.
Legge n. 153 del 30 aprile 1969, art, 35, lettera e), Dpr n. 1420 del 1971, art. 4, secondo comma e dlgs n. 314 del 1997, art.3, lett.i), con i quali si provvedeva a tassare, ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, esclusivamente la parte delle mance soggetta a contribuzione pensionistica a carico dell’azienda. Il decreto n. 1420/71 si riferisce alla istituzione del cosiddetto “stipendio convenzionale”, mentre il decreto n. 314/97, detto anche della armonizzazione è volto alla tassazione seguendo un identico criterio.
Per ben due volte il fisco è intervenuto ad eliminare la tassazione ai fini Irpef delle vincite al casinò e, in alternativa, con ritenuta alla fonte, in difesa dell’occupazione e delle entrate tributarie a favore dell’ente pubblico, istituendo una imposta sostitutiva.
Termino citando la Legge europea, mi pare del 2015 se la memoria non mi fa danno, con la quale le vincite nei casinò della Ue sono state dichiarate esenti da imposta sul reddito.
Non si può nascondere che la situazione attuale potrebbe aver necessità di interventi mirati nell’attività in discorso.
Per questo motivo, essendo prevedibili in calo le entrate e l’occupazione, mi permetto di suggerire l’esenzione delle mance da Irpef e la necessità di una pensione integrativa a carico del dipendente tanto da non pesare sui costi per contributi a carico del datore di lavoro che, in qualunque tipologia di gestione ci si trovi a ragionare, si traduce sempre a favore delle entrate che possiamo constatare nei bilanci degli Enti pubblici autorizzati alla casa da gioco sul proprio territorio.