Siamo a un passo dalla fine dell’anno e mi pare quanto mai appropriato tracciare un bilancio del settore di cui mi occupo.
Parto da una constatazione che sembrerà scontata, ma così non è considerata la situazione economica generale e, in particolare, la crisi che caratterizza il nostro Paese: i casinò italiani sono tutti in attività e quindi aperti e pronti ad accogliere la propria clientela.
Una prima buona notizia di cui fare tesoro, alla quale dovrebbe seguire un’analisi degli andamenti aziendali basata su dati relativi ai proventi di gioco registrati nell’anno in corso, possibilmente confrontati con gli stessi dati relativi all’anno precedente.
Purtroppo non sarà possibile finalizzare quanto sopra, perché i dati a cui ho fatto riferimento non vengono comunicati da tutti casinò con il risultato che ogni eventuale analisi risulterebbe parziale e di conseguenza irrimediabilmente viziata.
Trovo incomprensibile questo modus operandi da parte di un settore che credo dovrebbe operare all’insegna della massima trasparenza - come accadeva in passato) e quindi non comprendo quale sia il problema nel diffondere numeri che sono comunque di interesse non solo degli addetti ai lavori.
Non certo la difesa del proprio mercato e nemmeno il tentativo di non agevolare la concorrenza diretta giustificano questo comportamento. Ho più volte scritto, non solo io, come si compone il mercato di una casa da gioco, soprattutto per quanto riguarda l’Italia dove non esiste una regolamentazione nazionale che disciplina l’assegnazione delle licenze per la gestione dei casinò.
Siamo in presenza di un cosiddetto oligopolio che da anni ha ormai raggiunto un suo specifico equilibrio sul quale può incidere solo l’enormemente più grande business del gioco pubblico nel momento in cui dovesse cambiare la legislazione attuale che lo riguarda.
Comunque, tra notizie certe e indiscrezioni sussurrate, il business gioco d’azzardo pare essere in buona salute. I casinò mettono a segno una crescita del volume di affari rispetto al 2023 a fronte di un andamento dei costi di gestione che sicuramente non sono cresciuti.
Si tratta di una situazione che non può che essere valutata positivamente, anzi molto positivamente, perché non dobbiamo dimenticare le difficoltà che in particolare due aziende, i casinò di Campione d’Italia e di Saint-Vincent hanno dovuto fronteggiare in passato seppure con opportuni distinguo, il primo dei due è rimasto chiuso per un lungo periodo.
Prima di concludere, una considerazione sui proventi me la concedo: i risultati positivi regolarmente pubblicati dal Casino de la Vallée di Saint-Vincent e dal Casinò di Sanremo raccontano che il rapporto/peso tra i proventi dei giochi tradizionali e quelli delle slot machine si attesta al 45 percento per il primo, al 25 percento per il secondo.
Una differenza non da poco, ma sono numeri che in modo alquanto semplice certificano, ancora una volta, che un casinò cresce sul proprio mercato, secondo precise scelte manageriali, ma soprattutto nel rispetto della tipologia e della dimensione del bacino primario di utenza.