Confusione e non chiarezza, forse sono io che sbaglio però un pochino di precisione in più non guasterebbe.
Tassa: tributo pagato allo Stato o ad un altro ente pubblico per usufruire di particolari servizi.
Imposta: contributo, in base al reddito, mirato al finanziamento dei sevizi generali carico dello Stato.
Non mi pare che farne un argomento unico sia utile e non credo che la base imponibile possa essere diversa a seconda della categoria che si intende contemplare quale soggetto passivo.
Se, parlando di tassazione ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, la categoria dei dipendenti alla quale appartenevo e aveva reclamato, la motivazione era una sola: se pago l’Irpef vanto la pretesa di vedere lo stesso imponibile assoggettato a contribuzione ai fini pensionistici.
Non si trattava di una richiesta campata per aria tanto più che tramite lo “stipendio convenzionale” era stata ricevuta e presa nella giusta considerazione moltissimo tempo addietro.
Infatti la disposizione di cui all’art. 3, Lett. i) del Dm n. 314/1987 ha recepito in pieno ed adeguatamente le aspettative della categoria di lavoratori delle case da gioco.
Ora il mercato, vista la concorrenza interna ed estera, con l’online ed altre iniziative commerciali e il divieto di pubblicità che non si può che condividere, non permette la redditività di un tempo assai lontano.
Ne consegue la necessità, come fu fatto in occasione della tassabilità delle vincite realizzate nelle case da gioco autorizzate alcuni anni or sono, di trovare un decremento dei costi di produzione.
In contemporanea, la possibilità del lavoratore di non rinunciare ai contributi acquisiti da soddisfare con il risparmio ottenuto dalla classificazione della mancia uguale alla vincita.
In altra occasione ho cercato di evidenziare tecnicamente la situazione e una possibile soluzione che ora vorrei integrare passando a riflettere sulle particolari esigenze del bilancio nazionale.
Sicuramente il Comune o la Regione che sono autorizzati ad avere una casa da gioco sul proprio territorio dal casinò ricevono, attraverso le relative gestioni, contributi classificati per legge, entrate tributarie.
Prevedere un calo, stante il trend del mercato attuale di dette entrate non è difficile e non comprensibile; quindi l’idea consiste nel mantenere uguali entrate diminuendo i costi di gestione che, in qualunque tipologia si versi, producono un effetto finale di identico segno.
Riepilogando i minori costi della gestione permetteranno un più importante versamento al concedente.
In sostanza si tratta di considerare che la mancia è una parte, la più piccola, della vincita. Quest’ultima è esente se conseguita in un casinò dell'Unione europea; la mancia è soggetta a Irpef, a norma dell’art.3, lett. i), del Decreto n. 314/97 sul 75 percento dell’importo ma, allo stesso tempo, il datore di lavoro deve assolvere, sul medesimo imponibile, alla contribuzione Inps ai fini pensionistici. Mi pare che un simile intervento possa interpretarsi anche come attenuazione della spesa per pensioni a carico dello Stato e, ancor più, nell’ottica dell’orientamento verso la pensione integrativa in generale.
Se la mancia diviene esente, come lo è la vincita, il gestore risparmia il 35 percento quali contributi dovuti sulle mance, il dipendente, con il risparmio che dall’esenzione Irpef deriva, potrà pagare una assicurazione privata ad integrazione di quella sulle retribuzione ordinaria.
Mi permetto la citazione di riferimenti atti a inquadrare la distanza della nascita della problematica in discorso:
- Corte di cassazione, sezione Lavoro, sentenza n. 672 del 9 marzo 1954;
- Decreto del ministero del Lavoro 14 aprile 1973 ai sensi dell’art. 2, secondo comma dell’art. 4 del Dpr n. 1420 del 1971 emanato ai sensi della riforma pensionistica, L. 30 aprile 1969, n. 345, lett.e;
- Corte di cassazione, sezione Lavoro n. 1775 e 1776 del 18 maggio 1976 “la mancia è una parte della vincita”;
- Il citato Decreto n. 314 del 1997.
Inizialmente, tramite il cosiddetto “stipendio convenzionale” le mance erano tassate per la parte assoggettata a contribuzione; i tempi erano diversi e il costo era sopportabile per le aziende. Ora non più e, quindi, occorrerebbe trovare rimedio alla situazione.
Non è la prima volta che lo Stato interviene per non permettere il calo delle entrate tributarie degli enti locali periferici. Quando si volevano tassare le vincite al casinò, l’art. 30 del Dpr 29 settembre 1973, n. 600, dopo il sesto comma è aggiunto il seguente comma 1: “la ritenute sulle vincite corrisposte dalle case da gioco autorizzate è compresa nell’imposta sugli spettacoli di cui all’art.3 del Dpr 26 ottobre 1972, n. 640”.